Come combattere i regimi dittatoriali Commento di Anne Applebaum
Testata: Il Foglio Data: 06 dicembre 2022 Pagina: 5 Autore: Anne Applebaum Titolo: «Smontare i regimi»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/12/2022, a pag. 5, con il titolo "Smontare i regimi", il commento di Anne Applebaum.
Anne Applebaum
In Ucraina è in corso una guerra brutale, e la brutalità non è evidente soltanto sul campo di battaglia. I soldati russi hanno radunato i civili, li hanno picchiati, mandati in campi di concentramento e deportati in Russia. Quando gli ucraini liberano i loro territori, trovano fosse comuni, prigioni e camere di tortura. Una violenza che sottolinea un elemento centrale di questa guerra: il regime di Vladimir Putin la sta combattendo non solo per occupare parti dell’Ucraina e non solo per distruggere l’Ucraina, ma anche per dimostrare al mondo esterno che non gli importa nulla dei diritti umani, delle leggi della guerra, del rispetto dei confini o di settant’anni di diplomazia europea e delle Nazioni Unite – e non farà più finta che gliene importi qualcosa. Allo stesso tempo, dall’altra parte del mondo, anche la polizia e i servizi di sicurezza iraniani compiono atti di brutalità. Giovani donne e studentesse marciano e manifestano per il diritto di non essere velate, per il diritto di viaggiare e lavorare liberamente, per il diritto di prendere decisioni sulle proprie vite. Le loro richieste, e quelle dei lavoratori delle fabbriche e di altri che scioperano in segno di solidarietà, sono state accolte con repressione, arresti e violenze. Una giovane iraniana è stata uccisa per aver cantato una canzone della resistenza. Anche i russi hanno vietato agli ucraini di cantare canzoni ucraine. Diversi regimi, stesse tattiche. Nel frattempo, soltanto poche settimane fa, il Partito comunista cinese ha tenuto un Congresso che ha consolidato il dominio di Xi Jinping, che ora è il dittatore de facto del più grande paese del mondo. Ha raggiunto questa posizione inscenando una “guerra alla corruzione” che si è trasformata in un’epurazione di massa, inventando nuove tattiche di sorveglianza che controllano e monitorano i movimenti, l’attività su internet e gli acquisti della gente comune, distruggendo un potente movimento democratico a Hong Kong e schiacciando la società civile in Cina. La scorsa settimana la sua polizia ha sistematicamente rintracciato e arrestato le persone che hanno osato parlare non soltanto contro le restrizioni draconiane anti Covid, ma anche contro l’evoluzione della Cina in un regime non solo monopartitico ma anche monopersonale. Di solito pensiamo a queste storie – Russia, Iran, Cina – come appartenenti ad aree geografiche diverse. Pensiamo che abbiano poca relazione l’una con l’altra. Ma il fatto che tutto ciò stia accadendo contemporaneamente non è una coincidenza. Sono strettamente collegate. Tutti noi abbiamo in mente un’immagine da cartone animato di come appare uno stato autocratico. C’è un uomo cattivo al vertice che controlla la polizia. La polizia minaccia il popolo con la violenza. Ci sono collaboratori malvagi e forse qualche coraggioso dissidente. Ma nel Ventunesimo secolo, questo cartone animato ha poca somiglianza con la realtà. Oggi le autocrazie non sono gestite da un solo cattivo, ma da reti sofisticate composte da strutture finanziarie cleptocratiche, servizi di sicurezza (militari, polizia, gruppi paramilitari, sorveglianza) e propagandisti professionisti. I membri di queste reti sono collegati all’interno di un determinato paese e tra molti paesi. Le aziende corrotte e controllate dallo stato in una dittatura fanno affari con le aziende corrotte e controllate dallo stato in un’altra dittatura. La polizia di un paese può armare, equipaggiare e addestrare la polizia di un altro. I propagandisti condividono le risorse – le troll farm – e i temi, diffondendo gli stessi messaggi sulla debolezza della democrazia e dell’America. Questo non significa che ci sia una stanza supersegreta dove si incontrano i cattivi, come in un film di James Bond. Né che la nuova alleanza autocratica abbia un’ideologia unificante. Tra gli autocrati moderni ci sono persone che si definiscono comunisti, nazionalisti e teocrati. Il putinismo, il chavismo, il Juche nordcoreano, la Repubblica islamica e il comunismo cinese hanno tutti radici storiche diverse, estetiche diverse. Non c’è nemmeno un unico paese a guidare questo gruppo: a differenza delle alleanze militari o politiche di altri tempi e luoghi, i membri di questo gruppo non operano come un blocco, ma piuttosto come un agglomerato di aziende – chiamiamolo Autocracy Incorporated, o Autocracy Inc. I loro legami non sono cementati da ideali, ma da accordi – accordi pensati per attenuare i boicottaggi economici occidentali o per arricchirsi personalmente. Ecco perché possono operare così facilmente al di là delle linee ideologiche, geografiche e storiche. Ecco un esempio: la Bielorussia. In teoria, la Bielorussia è un paria internazionale: molte merci bielorusse non possono essere vendute negli Stati Uniti o nell’Unione europea e la brutalità del regime è stata condannata da molte istituzioni internazionali. Quando la Bielorussia ha rapito uno dei suoi cittadini costringendo una compagnia aerea commerciale ad atterrare nel paese, la compagnia aerea nazionale bielorussa è stata bandita in tutta Europa. Eppure, nella pratica, la Bielorussia non è così isolata: rimane la sede di uno dei più grandi progetti di sviluppo all’estero della Cina. L’Iran ha ampliato le sue relazioni con la Bielorussia nell’ultimo anno. I funzionari cubani hanno espresso la loro solidarietà al presidente Lukashenka alle Nazioni Unite. E naturalmente la Russia offre alla Bielorussia mercati, investimenti transfrontalieri e sostegno. In cambio, la Bielorussia ha permesso alla Russia di ospitare truppe e armi sul suo territorio. In teoria, anche il Venezuela è un paria internazionale. Dal 2008, gli Stati Uniti, il Canada, l’Ue e molti dei paesi sudamericani vicini al Venezuela hanno aumentato le sanzioni nei suoi confronti. Eppure il regime di Nicolás Maduro riceve prestiti e investimenti petroliferi dalla Russia. La Turchia facilita il commercio illecito di oro venezuelano. Cuba fornisce da tempo consulenti e tecnologie di sicurezza. I venezuelani utilizzano app e tecnologie di sorveglianza online provenienti anche dalla Cina. Nel frattempo, il traffico internazionale di stupefacenti mantiene i singoli membri del regime ben forniti di scarpe e borse firmate. Milioni e milioni di dollari arrivano ogni anno in Venezuela dal mondo autocratico. Come l’opposizione bielorussa, anche quella venezuelana ha leader carismatici e attivisti che hanno convinto milioni di persone a scendere in piazza e protestare. Se l’unico nemico fosse il proprio regime, potrebbero vincere. Ma stanno in realtà combattendo contro più autocrati, in più paesi. Come tante altre persone comuni spinte in politica dall’esperienza dell’ingiustizia – come Sviatlana Tsikhanouskaya in Bielorussia, come i leader dello straordinario movimento di protesta di Hong Kong, come i cubani, gli zimbabwesi, gli iraniani e i birmani che spingono per la democrazia nei loro paesi – stanno lottando contro persone che controllano aziende statali e possono prendere decisioni di investimento del valore di miliardi di dollari per motivi puramente politici. Combattono contro persone che possono acquistare sofisticate tecnologie di sorveglianza dalla Cina o bot da San Pietroburgo. Soprattutto, combattono contro persone che si sono assuefatte ai sentimenti e alle opinioni dei loro connazionali, così come ai sentimenti e alle opinioni di tutti gli altri. Perché Autocracy Inc. non garantisce soltanto denaro e sicurezza ai suoi membri, ma anche qualcosa di meno tangibile, ma altrettanto importante: l’impunità. E’ importante ricordare quanto tutto questo sia recente. Una volta i leader dell’Unione sovietica, la più potente autocrazia della seconda metà del Ventesimo secolo, si preoccupavano profondamente di come venivano percepiti nel mondo. Promuovevano vigorosamente la superiorità del loro sistema politico e si opponevano quando veniva criticato, arrivando a battere le scarpe sul tavolo delle Nazioni Unite. Oggi, i membri più brutali dell’Autocracy Inc. non si preoccupano se i loro paesi vengono criticati, o da chi. I leader della Birmania o dello Zimbabwe non si battono per nulla che vada oltre l’arricchimento personale e il desiderio di rimanere al potere, per cui non possono sentirsi in imbarazzo. I leader dell’Iran ignorano fieri le opinioni degli infedeli occidentali. I leader di Cuba e Venezuela respingono le dichiarazioni degli stranieri con la motivazione che sono “imperialisti”. I leader di Cina e Russia hanno trascorso un decennio a contestare il linguaggio dei diritti umani usato a lungo dalle istituzioni internazionali, convincendo con successo molte persone in tutto il mondo che questi concetti “occidentali” non si applichino a loro, o che rappresentino un’altra forma di “democrazia”, diversamente definita. Impermeabili alle critiche internazionali, gli autocrati moderni non provano alcuna vergogna a essere violenti. Le truppe russe non si preoccupano di nascondere le camere di tortura che hanno costruito o le fosse comuni che hanno riempito. La giunta birmana non si vergogna di uccidere centinaia di manifestanti, compresi giovani adolescenti, nelle strade di Rangoon. Il governo cinese si vanta di aver distrutto il movimento democratico popolare di Hong Kong. Questo tipo di disprezzo può degenerare in quello che l’attivista internazionale Srdja Popovic ha definito il “modello Maduro” di governo, dal nome del leader del Venezuela. Gli autocrati che lo adottano sono “disposti a vedere il loro paese entrare nella categoria degli stati canaglia”, accettando il collasso economico, l’isolamento e la povertà di massa, proprio come ha fatto il Venezuela, se questo è ciò che serve per rimanere al potere. Assad ha applicato il modello Maduro in Siria. E’ quello che fa Lukashenka in Bielorussia. Sembra essere ciò che la leadership talebana aveva in mente quando ha occupato Kabul, ciò che Putin vuole per la Russia. Il loro obiettivo non è creare prosperità o benessere. Il loro obiettivo è arricchire sé stessi e le loro famiglie, e mantenere il controllo. Ecco che la storia si avvicina un po’ di più a noi. Come mai questi despoti hanno raggiunto una tale impunità? In parte la risposta è che hanno convinto tante persone nel resto del mondo ad assecondarli. L’elenco delle società e degli uomini d’affari americani ed europei invischiati in intricate reti di legami personali, finanziari e commerciali con la Cina, la Russia e altre autocrazie è molto lungo. Sappiamo tutti che il denaro russo può comprare i servizi di ex cancellieri tedeschi, cene con il primo ministro britannico e altro ancora. Sappiamo che le banche e gli studi legali americani, britannici, olandesi e irlandesi aiutano gli autocrati stranieri e i magnati a rubare, riciclare e nascondere il loro denaro anche all’interno del sistema finanziario internazionale. Una volta compresa la portata e il raggio d’azione di questo mondo di operazioni finanziarie segrete, diventa più facile capire perché i vecchi strumenti che usavamo per respingere i sistemi politici autocratici sono diventati così deboli. Le sanzioni, per esempio. Se è vero che le sanzioni personali ai funzionari russi corrotti potrebbero rendere difficile per alcuni di loro andare nelle loro case nel sud della Francia, non hanno però convinto Putin a smettere di invadere altri paesi o di avvelenare i suoi dissidenti. Né decenni di sanzioni statunitensi hanno cambiato il comportamento del regime iraniano o di quello venezuelano, nonostante il loro indiscutibile impatto economico. In parte ciò è dovuto al fatto che le autocrazie si aiutano a vicenda ad aggirarle. La recente scoperta che i droni iraniani venduti a Mosca – un altro esempio di Autocracy Inc. – contenevano componenti prodotti in occidente ne è un esempio. Ma le norme sulle sanzioni presentano scappatoie che possono essere facilmente aggirate con passaporti falsi o con il trasferimento di denaro a figli o cugini. E, immancabilmente, si possono trovare contabili, avvocati e commercianti del mondo democratico disposti ad aiutarli a farlo. In altre parole: la fanno franca perché noi li aiutiamo a farla franca. Eppure, non c’è nulla di naturale o organico in questi sistemi, in questi accordi. Né c’è nulla di inevitabile nel declino del mondo democratico o nella vittoria dell’autocrazia. Ciò che accadrà domani non è determinato da leggi mistiche della storia, ma dalle azioni che compiamo oggi. Allo stesso modo, una volta compreso che abbiamo contribuito a costruire le strutture cleptocratiche in cui prospera Autocracy Inc., potremmo anche renderci conto che possiamo smontarle. Ecco quindi alcune idee. La prima e più ovvia è che non esiste un ordine mondiale liberale naturale, e non esistono regole senza qualcuno che le faccia rispettare. A meno che le democrazie non si difendano insieme, le forze dell’autocrazia cercheranno sempre, sempre di minarle. Uso deliberatamente la parola forze, al plurale. Capisco che molti politici americani preferiscano comprensibilmente concentrarsi sulla competizione a lungo termine con la Cina. Ma finché la Russia è governata da Putin, anche la Russia è in guerra con noi. Così come la Bielorussia, la Corea del nord, il Venezuela, l’Iran, il Nicaragua, lo Zimbabwe e potenzialmente molti altri. Anche l’Ungheria e la Turchia, membri della Nato, a volte sostengono i despoti. Potremmo non voler competere con nessuno di loro, e nemmeno preoccuparci molto di loro. Ma a loro importa di noi, e faranno tutto il possibile per indebolirci. Il secondo principio da ricordare è questo: se non disponiamo di mezzi per trasmettere i nostri messaggi al mondo autocratico, nessuno li ascolterà. Così come dopo l’11 settembre abbiamo riunito nel dipartimento di Sicurezza nazionale agenzie diverse, ora dobbiamo riunire le diverse parti del governo statunitense che pensano alla comunicazione: non per fare propaganda, ma per raggiungere più persone nel mondo con informazioni migliori e impedire alle autocrazie di distorcerle. I media indipendenti stanno fallendo in tutto il mondo. I social media che li hanno sostituiti sono facilmente attaccabili. Abbiamo bisogno di modi più coraggiosi per competere. Perché non abbiamo costruito un canale tv in lingua russa per competere con la propaganda di Putin? Perché non possiamo produrre più programmi in mandarino o in uiguro? Le nostre emittenti in lingua straniera – Radio Free Europe/Radio Liberty, Radio Free Asia, Radio Martí a Cuba – hanno bisogno non solo di fondi per la programmazione, ma anche di un grande investimento nella ricerca. Anche i finanziamenti per l’istruzione e la cultura devono essere ripensati. Non dovrebbe esserci un’università in lingua russa, a Vilnius o a Varsavia, per ospitare tutti gli intellettuali e i pensatori che hanno appena lasciato Mosca e Minsk? Non dovremmo spendere di più per l’istruzione in arabo, hindi, farsi? Gran parte di ciò che chiamiamo “diplomazia culturale” funziona con il pilota automatico. I programmi dovrebbero essere riformulati per un’epoca diversa, in cui, sebbene il mondo sia più conoscibile che mai, le dittature cercano di nascondere questa conoscenza ai loro cittadini. In terzo luogo, è ora di riconoscere che il commercio con gli autocrati promuove l’autocrazia, non la democrazia. Questo non significa che le reti commerciali globali debbano essere chiuse, ma solo che non dovremmo farci illusioni su come funzionano realmente e su chi arricchiscono – e monitorare di conseguenza. Le uniche persone che hanno bisogno di tenere segrete le loro case, le loro attività e i loro redditi sono i truffatori e gli evasori fiscali. Dobbiamo far rispettare le leggi sul riciclaggio di denaro, smettere di vendere tecnologie di sicurezza e sorveglianza alle autocrazie e disinvestire completamente dai regimi più crudeli. Il “noi” in questo caso dovrà includere gli Stati Uniti e l’Europa, così come i partner in Asia, America latina e in tutto il mondo, e questo richiederà una diplomazia molto vigorosa. Poi, abbiamo bisogno di un cambiamento drastico e profondo nel nostro consumo di energia, e non solo a causa del cambiamento climatico. I miliardi di dollari che abbiamo inviato a Russia, Iran, Venezuela e Arabia Saudita hanno favorito alcuni dei dittatori più aggressivi e corrotti del mondo. Poiché ogni dollaro speso per il petrolio russo contribuisce a finanziare l’artiglieria che spara sui civili ucraini, la transizione dal petrolio e dal gas ad altre fonti energetiche deve avvenire con molta più rapidità e decisione. Esiste l’opportunità di costruire una coalizione. In realtà abbiamo bisogno di più coalizioni, coalizioni diverse, anche in molti altri ambiti. Se i leader del mondo autocratico sono in grado di lavorare insieme, di cooperare tra loro; se possono aiutarsi a vicenda a reprimere l’opposizione interna, a insegnarsi l’un l’altro come usare la tecnologia di sorveglianza, allora perché il mondo democratico non può lavorare insieme per respingerli? Per “mondo democratico” intendo qualcosa di molto specifico. Non solo i governi democratici, ma anche l’opposizione democratica in Russia, a Hong Kong, in Iran, in Arabia Saudita, a Cuba, in Zimbabwe e in tanti altri stati, troppo numerosi per essere elencati. Per troppo tempo abbiamo visto ognuna di queste lotte come unica, e ovviamente per certi versi lo sono. Ma sono anche collegate, forse più profondamente che mai, dal fatto che devono affrontare un nemico comune. Non Putin, non Xi, non Maduro, ma l’Autocracy Inc. Cogliendo lo spirito di Seymour Martin Lipset, possiamo prendere sul serio la democrazia. Insegnarla, discuterla, migliorarla, difenderla. Forse non esiste un ordine mondiale liberale naturale, ma esistono società liberali, paesi aperti e liberi che offrono alle persone maggiori possibilità rispetto alle dittature chiuse. Se il Ventesimo secolo è stato la storia di una lotta lenta e irregolare, conclusasi con la vittoria della democrazia liberale su altre ideologie – comunismo, fascismo, nazionalismo virulento – è vero che il Ventunesimo secolo è, per ora, una storia inversa. Ma c’è anche un altro modo di vedere la cosa. Forse le autocrazie stanno collaborando perché non hanno più fiducia nella loro capacità di combattere da sole i propri movimenti democratici. Forse le autocrazie stanno diventando meno tolleranti perché si rendono conto che i loro avversari hanno argomenti migliori, che la gente li ascolta e che il desiderio di libertà politica non scomparirà mai. Forse i confronti tra gli autocrati e le loro popolazioni stanno diventando più duri proprio perché i movimenti democratici stanno diventando più articolati e meglio organizzati. Ho iniziato con l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, ora vorrei concludere sostenendo che tutti noi possiamo imparare qualcosa dagli ucraini. Da decenni stiamo combattendo una guerra culturale tra valori liberali da un lato e forme di nazionalismo muscolare dall’altro. Gli ucraini ci stanno mostrando un modo per avere entrambi. Hanno dimostrato che è possibile essere patrioti e credere in una società aperta, che una democrazia può essere più forte e più feroce dei suoi avversari. Proprio perché non c’è un ordine mondiale liberale naturale, né norme né regole, potremmo dover lottare per far sì che le nostre società aperte continuino a esistere.
Questo è un estratto della Seymour Martin Lipset Lecture che Anne Applebaum, saggista Premio Pulitzer, ha tenuto il primo dicembre al National Endowement for Democracy.
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