In Etiopia nei luoghi della grande Alyà Commento di Claudia De Benedetti
Testata: Shalom Data: 05 dicembre 2022 Pagina: 1 Autore: Claudia De Benedetti Titolo: «Amira Ahronovitz Ceo di Agenzia ebraica in Etiopia nei luoghi della grande Alyà»
Riprendiamo da SHALOM online l'analisi di Claudia De Benedetti dal titolo "Amira Ahronovitz Ceo di Agenzia ebraica in Etiopia nei luoghi della grande Alyà".
Claudia De Benedetti
Amira Ahronovitz
“È un grande onore e uno straordinario privilegio ritornare qui in Etiopia per ripercorrere passo dopo passo il viaggio degli ebrei etiopi che hanno lasciato il loro paese rischiando la vita per raggiungere il Sudan prima e lo Stato d’Israele poi. Dedico questo viaggio a chi oggi vive in Israele e ai chi non è riuscito a raggiungere la nostra Terra.” Così ha esordito Amira Ahronoviz, CEO di Sochnut - Agenzia Ebraica per Israele - nel portare giovedì il suo saluto a un foltissimo gruppo di sponsor americani del Jewish Funders Network e della Fondazione Morris e Rosalind Goodman che hanno compiuto una missione in Etiopia denominata ‘Walk in their shoes’.Si è trattato di un vero e proprio calarsi nei panni di una alyà dai numeri notevolissimi, fiore all’occhiello della carriera di Amira, prima donna a ricoprire l’incarico di CEO in Agenzia Ebraica e posizionata al 32° posto nella speciale classifica del Jerusalem Post dei 50 ebrei più influenti nel mondo nel 2021. 50 anni appena compiuti, Amira è mamma di tre figli, vive a Mazkeret Batya e ricopre l’incarico di CEO da dicembre 2018, ha conseguito un MA in Business Management, è laureata al Mandel Educational Leadership Institute di Gerusalemme, nei 26 anni di lavoro in Sochnut, ha vissuto in Israele e qua e là nella diaspora, fino a giungere al ruolo apicale.
Tra le sue prime iniziative ha sostenuto il maggiore coinvolgimento delle donne nella gestione di Agenzia Ebraica nominando emissario a Washington D.C. Gadeer Kamal-Mreeh, la prima drusa ad essere stata eletta membro della Knesset, il parlamento israeliano. Durante la pandemia ha lavorato indefessamente, senza concedersi soste per poi scoprire che all’emergenza Covid-19 è seguita quella ancora più pressante della guerra in Ucraina e l’arrivo inatteso di migliaia e migliaia di profughi ucraini. Con i suoi più stretti collaboratori Amira ha lanciato richieste di aiuto sempre più urgenti partendo dal Keren Hayesod per rivolgersi poi alle Fondazioni della diaspora alle cui porte sapeva di dover bussare. Malgrado tutte le difficoltà i risultati sono tangibili, moltissime famiglie ucraine hanno cominciato l’anno ebraico con una nuova vita, trovando un tetto sicuro, potendo mandare i bambini e i ragazzi nelle scuole israeliane, frequentando gli ulpan. “Aver lavorato nella diaspora mi ha permesso di capire quanto sia importante per noi dialogare e confrontarci sempre con la realtà ebraica locale, capirne le specificità, le necessità e programmare il nostro impegno pensando al futuro delle giovani generazioni. L’Agenzia Ebraica è stata, è e sarà sempre un ponte a due corsie, in cui non ci sono una corsia di entrata e una di uscita ma in cui entrambe le corsie conducono al popolo ebraico.”
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