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La Repubblica Rassegna Stampa
04.12.2022 La sfida che ci aspetta in Europa
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 04 dicembre 2022
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La sfida che ci aspetta in Europa»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/12/2022, a pag. 1, con il titolo "La sfida che ci aspetta in Europa" l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Cooperazione internazionale per lo sviluppo: il sistema europeo -  Osservatorio Germania Italia Europa

Qualcosa si muove in Europa. Sullo sfondo della reazionecompatta contro l’invasione russa dell’Ucraina, Francia e Germania sono portatrici di due progetti di allargamento dell’Europa che offrono orizzonti diversi ma innescano nell’Ue una dinamica convergente, destinata ad accelerare il confronto sulla riforma che più conta: il voto a maggioranza. Ponendo l’Italia nell’urgenza di assumere una posizione di rilievo, per non perdere terreno politico dentro l’Unione. Il progetto di Parigi è la “Comunità politica europea”, il presidente Macron lo ha illustrato in maggio e in ottobre si è svolto il primo incontro a Praga con la partecipazione di 44 Paesi europei ovvero l’intera Ue più i Balcani Occidentali, il Caucaso (Georgia, Azerbaijan, Armenia), Gran Bretagna, Turchia, Islanda, Ucraina e Moldavia. L’idea di fondo è creare un forum nel quale i partner europei, dell’Ue e non dell’Ue, possano armonizzare posizioni comuni per affrontare temi di urgenza strategica o questioni di sviluppo di lungo termine. È un’iniziativa che vede Macron seguire le orme della “Confederazione europea”, immaginata dal predecessore François Mitterrand subito dopo il crollo del Muro di Berlino, nell’intento di porre le premesse di un’Europa “a più cerchi” destinata a includere tutti — con l’eccezione al momento di Russia e Bielorussia a seguito delle sanzioni dovute all’aggressione all’Ucraina — consentendo in prospettiva ad un nucleo più coeso di partner Ue di accelerare nell’integrazione politico-economica con cooperazioni rafforzate su singoli temi. La mossa di Berlino è arrivata invece a fine agosto quando il neocancelliere Olaf Scholz, parlando all’Università di Praga, ha illustrato la visione di un’Unione Europea “a 30 o 36 membri” — rispetto agli attuali 27 — grazie all’adesione dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia, Kosovo) ed anche di Ucraina, Moldavia e Georgia ovvero le tre nazioni aggredite o minacciate militarmente da Putin. L’intento per Scholz è arrivare ad un mercato integrato di oltre 500 milioni di abitanti — il più grande e ricco del Pianeta — capace di avere una politica di sicurezza comune ed anche linee d’azione condivise su temi come l’asilo ai rifugiati al fine di disinnescare la questione-migranti come elemento permanente di crisi e disaccordi. Scholz parla senza remore di “sovranità europea” perché un’Unione Europea di simili dimensioni non potrà evitare di identificare singole politiche sulle quali si “deciderà a maggioranza” ovvero rinunciando al tabù del diritto di veto grazie al quale oggi ogni singolo partner può bloccare qualsiasi decisione collettiva. Pur molto diverse per impostazione, struttura e orizzonti, le iniziative di Parigi e Berlino hanno in comune il fatto di porre l’Unione Europea di fronte alla necessità di iniziare a discutere come affrontare due questioni intrinsecamente legate: il terzo allargamento ad Est (dopo quelli degli anni Novanta e Duemila) e la definizionedella “sovranità europea”. Poiché i percorsi di crescita dell’Ue avvengono, sin dalle origini, attraverso confronti e scontri fra i partner, sta ora ai singoli Paesi definire le proprie posizioni ed interessi sull’architettura dell’Ue in questo nuovo secolo iniziato nel segno delle gravi crisi: dall’uscita della Gran Bretagna all’aggressione russa contro l’Ucraina fino all’affermazione della Turchia come potenza militare nella regione del Mediterraneo. Per l’Italia si tratta di una sfida strategica che sarebbe molto grave sottovalutare. Il governo Meloni ha ricevuto in eredità dal predecessore Draghi il ruolo di un’Italia protagonista di processi di integrazione Ue nella sanità, nella difesa — lo Strategic Compass — e nell’energia come anche nel fermo sostegno all’adesione dei Balcani Occidentali, al fine di stabilizzare un’area ancora oggi portatrice di gravi rischi. Sta ora alla nuova premier decidere come porsi davanti alle iniziative di Parigi e Berlino, e soprattutto di definire un approccio al tema della “sovranità europea” su singoli dossier che lei stessa ha più volte apertamente criticato durante la campagna elettorale, arrivando fino a contrapporla all’interesse italiano. Le recenti, e incandescenti, polemiche con Parigi e Berlino sul tema dei migranti di certo non aiutano a definire una posizione italiana di largo respiro per il semplice motivo che ci fanno apparire a Bruxelles come una nazione portatrice di conflitti ideologici che, per definizione, impediscono di rafforzare l’integrazione dell’Europa. Sulla carta, l’Italia può essere in grado di rispondere a Parigi e Berlino indicando un proprio percorso per l’Ue: il legame strategico con i Balcani Occidentali ci consente di essere un protagonista della nuova espansione ad Est così come aver creduto da sempre nelle cooperazioni rafforzate ci assegna grande cre dibilità nel rafforzamento delle istituzioni comuni. Ma resta il nodo politico da sciogliere, ovvero la necessità per il nuovo governo italiano di dire se sostiene o avversa un’Europa più grande e integrata, governata con il voto a maggioranza ovvero titolare di una propria “sovranità” rispetto ai singoli Stati nazionali che ne fanno parte.

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