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La Stampa Rassegna Stampa
19.03.2003 Antisemitismo, un fenomeno che ritorna
Intervista a Robert Wistrich, uno dei maggiori esperti di storia dell'antisemitismo

Testata: La Stampa
Data: 19 marzo 2003
Pagina: 29
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «L´antisemitismo colpisce chi ha libertà di giudizio»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa mercoledì 19 marzo 2003.

GERUSALEMME DALLA parete del suo studio al Centro Internazionale Vidal Sassoon per gli Studi sull´Antisemitismo di cui è presidente, dentro l´Università di Gerusalemme sul Monte Scopus lo guarda un manifesto che rappresenta Dreyfus, sul cuore un bersaglio costituito da una stella di David. Il professor Robert S. Wistrich è certamente uno dei maggiori esperti mondiali di storia dell´antisemitismo e un grande osservatore delle sue espressioni contemporanee. È stato in cattedra a Cambridge e al London College, ha scritto una biblioteca di testi fra cui The longest Hatred (l´odio più lungo), stampato a Londra nel `91.


Professore, forse ha sentito parlare dell´espisodio di antisemismo che ha coinvolto Paolo Mieli, il giornalista italiano che porta un cognome ebraico, cui era stato richiesto di dirigere la radiotelevisione di Stato...

«Si, sui giornali si è parlato dell´attacco antisemita, delle scritte e della orribile tempesta nei "forum", con sorpresa e disgusto. In questo caso, si tratta anche di un autore di libri di storia, che ha il difetto di avere un cognome ebraico, e che esprime opinioni pacate e analitiche sullo scontro israelo-palestinese. Ecco: è molto tipica del nuovo antisemitismo la sola idea che se una persona ha un riferimento ebraico, questo di suo metta in questione doti di integrità e di onore anche generalmente riconosciute. Basta un nome e vieni assalito, diffamato, giudicato in base ai tuoi legami religiosi o nazionali, veri o supposti. Mi torna in mente quando alla fine dell´800 intellettuali europei rispettati, ben integrati, e, osservi, quasi tutti giornalisti (fra loro Theodoro Herzl e Max Nordau) capirono d´un tratto che si era levato intorno un´invalicabile muro di sospetto sociale e culturale. Anche loro avevano pensato che l´antisemitismo fosse una vestigia del passato. Invece era là, pronto a esprimersi in termini razziali. Oggi, invece ha un carattere ideologico»

Fino a questo punto? È così grave?

«Dopo decenni di quiete nell´Europa occidentale c´è un grande, drammatico cambiamento: chi è di origine ebraica o presunto tale o che abbia mostrato libertà di giudizio sullo Stato d´Israele, viene mentalmente situato in un ghetto invisibile. Anche inconsciamente, lo si sospetta immediatamente di avere doppie lealtà, proprio come sta a significare la scritta contro Mieli "Radio televisione israeliana". Solo gli ebrei che si dissociano pubblicamente da Israele, godono del beneficio del dubbio».

Ma non è solo critica ad Israele, per quanto aspra, quella che lei accusa di antisemitismo?

«Ci sono cartine al tornasole della differenza: se la tua opinione è che lo stato ebraico abbia il diritto e il dovere morale di difendersi contro il terrorismo, perché devi essere accusato, per esempio, di essere tendenzialemente un fascista, un colonialista, o addirittura un razzista? Si può discutere sul come, ma perché Israele fra tutti gli stati del mondo è l´unico cui è negato il diritto di difendersi?».

Dopo le scritte della Rai, con una forte polemica la destra ha accusato la sinistra, e viceversa...

«La parola "raus" in grande risalto, indica un´ispirazione proveniente dall´estrema destra. Ma la stella di David nella parola Rai, mostra come negli anni recenti i confini fra destra e sinistra quando si parla di ebrei in relazione a Israele sia caduta. Ed è un fenomeno sorprendente come tutta la sinistra noglobal e anticapitalista abbia abbracciato la causa palestinese anche quando si è capito che lo scopo che persegue non è la pace».

Ma dov´è la differenza fra legittime critiche a Israele e sionismo e antisemitismo?

«Nel linguaggio, nella scelta dei termini, nelle immagini, nella descrizione delle motivazioni dei leader, nella voluta ignoranza dello sfondo storico. Sharon è invariabilmente dipinto come un gonfio mostro che prova piacere nel divorare bambini palestinesi; nel grande uso del simbolismo antisemita cristiano, in cui i palestinesi sono martiri crocifissi e lo stato ebraico il Male, lo spargimento di sangue un piacere giudaico, una scelta gratuita. Inoltre, la nozione di potere ebraico, la lobby, i media. In più è di moda specie di fronte alla guerra in Iraq, ripetere specie in seno ai movimenti pacifisti che "i falchi ebrei" l´hanno voluta e persino causata. È un altro stereotipo che si è trasferito nei giorni nostri dai Protocolli dei Savi di Sion. Ricordi che prima della Seconda Guerra Mondiale l´idea che gli ebrei fossero "guerrafondai" era diffusissima».

Dunque, per lei i segnali italiani sono sintomi di un´ondata che si abbatte sull´Europa e su Israele...

«Io sono preoccupato come non mai. L´antisemitismo monta; gli europei hanno un´enorme difficoltà a accettare il diritto degli ebrei a essere una nazione fra le altre. Solo 60 anni fa fu naturale, nel silenzio generale, vedere un intero popolo macellato. Gli ebrei sono sempre stati vittime, tali devono restare: da commemorare affettuosamente, con cui piangere. Ma quando si viene al concetto di ebreo combattente si rompe l´immaginario collettivo. Così il conflitto arabo israeliano è stato nella fantasia popolare ridotto all´idea di un potere occupante, gli ebrei che opprimono un popolo e gli occupa le terre. È interessante che il rifiuto di accettare la mera esistenza d´Israele, non sia mai considerata all´origine dello spargimento di sangue, e che siano ignorate tutte delle numerose offerte di pace di Israele. Il rifiuto di accedere alla realtà è molto pericoloso. E si nega anche la spaventosa ondata di antisemitismo che trascina in un raptus collettivo il mondo arabo, la sua negazione della Shoah, il suo incitamento all´assassinio degli ebrei in quanto tali: è una tabe che si contagia all´Europa sull´onda della paura dell´Islam e del mondo musulmano e sui sensi di colpa dell´Europa verso il terzo Mondo».

Perché dunque gli ebrei non protestano con tutte la forze?

«Sbagliano, si illudono e consentono agli altri di seguitare a minimizzare: anche negli Anni Trenta chiusero gli occhi. Un espisodio come quello del dottor Mieli è molto serio, non capirlo a fondo è pericoloso per tutti. Un´intera civiltà è stata già travolta dall´antisemitismo una volta».


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