Italia/Ucraina: e se finiscono le armi? Analisi di Gianluca Di Feo
Testata: La Repubblica Data: 28 novembre 2022 Pagina: 24 Autore: Gianluca Di Feo Titolo: «Italia/Ucraina: e se finiscono le armi?»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/11/2022, a pag. 24, con il titolo "Se finiscono le munizioni" il commento di Gianluca Di Feo.
Gianluca Di Feo
Sarà un inverno di ghiaccio e sangue in Ucraina. Le ondate di raid contro le città spezzano le reti elettriche e spengono i riscaldamenti. Alle porte della capitale e nei punti chiave della frontiera bielorussa vengono costruite fortificazioni nel timore di una nuova offensiva russa. La preoccupazione principale riguarda però i rifornimenti di armi occidentali per la resistenza: non c’è più la capacità di garantire la quantità e la qualità degli equipaggiamenti bellici consegnati negli scorsi nove mesi. La ferocia del conflitto ha divorato le scorte di munizioni della Nato. Lo testimoniano le immagini dei boschi di Bakhmut trasformati in mozziconi scheletrici, identici alle foto spettrali delle trincee di Ypres nel 1917: nel Donbass i cannoni ucraini hanno sparato 6-7 mila colpi al giorno, arrivando a ventimila nel contrattacco di fine estate. Un volume di fuoco che ha logorato l’artiglieria di Kiev, già messa a dura prova dai bombardamenti degli invasori. Il problema non riguarda solo i proiettili ma tutti i sistemi indispensabili all’esercito ucraino. I Paesi dell’Alleanza stanno raggiungendo il livello critico delle riserve, quello ritenuto indispensabile per le esigenze nazionali, e non sono più in grado di donare Himars e Javelin, grossi calibri e munizioni. E la produzione di nuovi armamenti è troppo lenta per stare dietro al ritmo della battaglia. Per questo motivo nelle scorse settimane la Nato ha iniziato a sostituire gli apparati hi-tech con altri più vecchi: i missili anti-tank Tow; quelli terra-aria Hawk, Aspide e Crotale. Già il fatto che portino nomi aggressivi — e non le sigle anonime tipo Nlaw, Pzh o Samp-T usate nell’ultimo decennio — ne indica l’età: risalgono alla Guerra Fredda e sono stati recuperati dal pensionamento o dalla dismissione. Ripiegare su dotazioni di seconda scelta non solo avvantaggia lebrigate di Mosca, ma potrebbe convincere il Cremlino che l’appoggio alla causa ucraina stia scemando e spingerlo a colpire con ancora più ferocia. Questo scenario rende fondamentale la posizione dell’Italia. Fonti Nato hanno indicato alNew YorkTimes che il nostro è uno dei pochi Paesi con risorse disponibili per sostenere rapidamente Kiev. Nei depositi ci sono sistemi contraerei Aspide e Sidam, cannoni semoventi M109, obici Fh70, tank Leopard 1 e missili Tow, tutti non più in servizio con i nostri reparti. La consegna è stata discussa nella fase finale del governo Draghi, poi con il nuovo governo si è fermato tutto. Sono passati 37 giorni dall’insediamento di Giorgia Meloni e le promesse di aiuto al popolo ucraino non si sono ancora trasformate in atti concreti. Nel frattempo oltre 500 cruise e droni sono stati lanciati contro Kiev e le altre città: alcuni potevano venire abbattuti dagli Aspide, chiusi negli hangar friulani mentre la Spagna ha già permesso di schierarli in prima linea. Non solo. Per sopperire alla carenza di armi all’avanguardia, l’Alleanza ha varato programmi di aiuto multilaterali: l’Olanda, ad esempio, offre un semovente, il Canada i proiettili e la Germania l’addestramento. Con Draghi ne erano stati avviati diversi: il più importante di tutti, invocato personalmente dal presidente Zelensky, è stata l’intesa preliminare tra Italia e Francia per donare insieme una modernissima batteria terra-aria Samp-T, l’unica in grado di fare scudo al cielo dell’intera capitale. L’isolamento europeo del governo Meloni e lo scontro ancora aperto con Parigi stanno ritardando questo piano e rischiano di dissolverlo. Lasciando milioni di persone in balia delle rappresaglie di Putin.
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