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La Stampa Rassegna Stampa
19.03.2003 Gli israeliani si preparano ad un attacco iracheno
Fiamma Nirenstein ci racconta come tutti i cittadini israeliani si preparano ad un possibile attacco chimico

Testata: La Stampa
Data: 19 marzo 2003
Pagina: 7
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele, così ho preparato la mia stanza sigillata»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein su come gli israeliani si stanno preparando ad un attacco chimico pubblicato su La Stampa mercoledì 19 marzo 2003.
GERUSALEMME E´ blu scuro, piastrellata e con un bordo armeno verde, la mia stanza sigillata. La stanza è una toilette con doccia di fronte alla camera di mio figlio, adesso in Italia per i suoi studi. Più o meno sarà 4 metri quadri, e poiché la grandezza prescritta dal Comando Centrale è un minimo di 5 metri quadri ad appartamento, noi, mio marito e io, stiamo davvero larghi; ci metteremo a sedere su una sedia pieghevole, e l´altro sul gabinetto. Se ci sarà un ospite eventuale o se ci dovremo sdraiare, faremo a turno. Sarà come un silenzioso recinto dentro il rumore della guerra,con la voce della radio che dà istruzioni a tutti noi, formiconi con la maschera. Il comando centrale dopo il discorso di Bush si è improvvisamente svegliato: preparatevi, con sorrisi e battute di consolazione ha cominciato da ieri a ripetere alla tv una gentile portavoce militare in divisa, ma non è niente, non succederà nulla, questa è la guerra degli americani, non la nostra, ma sapete, insomma, meglio se andate a comprare quello che serve, meglio che vi sistemate una stanza sigillata, o un rifugio blindato e di cemento, beato chi ce l´ha. Io non ce l´ho. Allora abbiamo scelto il bagno piccolo perché non ha finestre ma solo una bocca per l´aria sul soffitto. Ho preso le misure, ho tagliato due pezzi di plastica e li ho messi là vicino, col rotolo del nastro adesivo: se suona la sirena in tre minuti mi metterò la maschera, entrerò nel bagno blu, tapperò con il quadrato di plastica trasparente la bocca d´aria e tutto intorno la sigillerò con il nastro marrone. Sempre in quei tre minuti, metterò intorno alla porta chiusa una cornice di nastro, inzupperò un asciugamano nell´acqua, lo appoggerò in terra ben pressato lungo la porta. Non devo dimenticare fuori il filo elettrico, sennò addio computer, può finire la batteria. Non devo dimenticare il telefono, sennò addio comunicazioni. Tre minuti non sono tanti: non importa, sarò un´atleta, una primatista. Ce la farò? Vorrei solo, se dovrò restare molto da sola con le sirene, che non mi sono mai state simpatiche, un´amica a farmi compagnia, per chiacchierare in italiano con la maschera, ridendo l´una dell´altra, Con mia sorella Simona nel `91 era così: sedute nella sua vasca da bagno, lei aspettava un bambino; io prendevo appunti dalla radio. Le maschere, salvo quel momento di panico che ogni tanto ti piglia, hanno un aspetto comico, soprattutto quando il cane ti guarda triste, interrogativamente, e non sa più chi sei. Da ieri, dopo che il Comando Centrale ha chiesto alla popolazione di occuparsi, oltre che delle maschere di Purim (il carnevale ebraico, che, non ci si crede, impazza) anche di quelle antigas, mi sono provata la mia: mento in avanti, aprire i lunghi lacci di gomma con tutte e due le mani, una volta dentro tirare prima i lacci in basso, poi quelli sulla testa. Mettere la mano sull´apertura cui più tardi, quando ce lo diranno, metteremo eventualmente il filtro. Se ti senti soffocare e la maschera si appiccica alla faccia quando inspiri, ottimo, ce l´hai fatta. Al momento buono, applicherò il filtro ricordandomi di stapparlo, e avviterò la cannuccia per l´acqua. Nella stanza sigillata ho accumulato molti beni: una vecchia tv in bianco e nero, però abbastanza piccola da entrare sul marmo del lavandino, una radio a batterie, cerotti garze alcool, candele e fiammiferi, borotalco contro il gas mostarda (se si sente pizzicare, bisogna subito cospargerlo sulla pelle esposta), l´iniezione di atropina contro il gas nervino, tute di plastica, grandissime, scricchiolanti e buffe, con guanti e scarpe da mettere sopra altre scarpe. La radio dirà tutto, quando uscire, se aspettare e perché: se eventualmente la nostra zona dovesse risultare contaminata, tutti fermi, arrivano le unità speciali, laveranno, disinfetteranno, poi ti portano all´ospedale. Ci vuole pazienza. Una maschera stappata può durare qualche mese, niente paura. E se in giro c´è gas nervino o botulinus, allora dura sette ore. Guai a tentare di togliersi la tuta se la radio avverte che l´ambiente è contaminato, semmai lasciarla cadere indietro. Ho messo nella stanza sigillata penne, blocchi, un paio di libri e qualche ritaglio di supporto, fuori della porta ho preparato una valigetta perché se mi sentirò sola e spaventata voglio andare dove c´è gente. E poi, dentro la doccia, c´è il cibo e l´acqua, tutto in una scatola di cartone dentro la doccia, preparata seguendo come in ipnosi le istruzioni sulla brochure in sette lingue che è arrivata in tutte le case. Piselli, tonno, frutta sciroppata, cioccolata, biscotti secchi e cracker, latte condensato. Ho messo nella scatola di cartone anche un po´ di frutta secca, un bollitore elettrico e del caffè: per il buon umore. Nella mia agenda, che non mi lascia mai, c´è la foto di mio figlio insieme alla sua ragazza: ridono contenti. Il rumore intorno alla stanza blu è grande, il ministro della Difesa dice: «Le possibilità di un coinvolgimento sono basse»; poi subito dopo aggiunge: «Sapremo difendere i nostri cittadini se saremo attaccati». Un antico generale del Comando Centrale, Shmuel Aron, dice: «Continuate contenti a festeggiare il carnevale di Purim, mettete in maschera i bambini». Suona cupo. La portavoce dell´esercito Ruth Aron ormai parla da una postazione di emergenza detta «il buco». Suona cupo anche questo, ma lei consolatoria comunica: «Siamo in tutto il mondo il Paese più pronto alla guerra». Nel blu, mentre controllo se ho messo nella stanza sigillata un paio di forbici (magari ci vorrebbe anche un coltellino svizzero, rosso, e del chewing-gum) mi domando cosa vuol dire «pronti alla guerra». Io non lo sono, anche se ho la maschera e la frutta secca. Chi può mai esserlo, specie fra coloro che sono alla loro sesta in cinquant´anni, che sanno bene che cosa è davvero. Un problema grande è: gli occhiali li devo mettere sopra o dentro la maschera?


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