Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/11/2022, a pag.21, con il titolo "Il potere si arrocca. La nipote di Khamenei arrestata a Teheran", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Ali Khamenei - le proteste delle donne iraniane
Dopo più di due mesi di proteste, la repressione in Iran non risparmia neanche il mondo dei moderati fedeli alla rivoluzione islamica. Farideh Moradkhani, nipote dell’ayatollah Ali Khamenei, la guida suprema iraniana, è stata arrestata ieri a Teheran con l’accusa di aver partecipato alle proteste antigovernative iniziate con la morte di Masha Amini. Muradkhani, che indossa regolarmente il velo, è un‘attivista per i diritti umani ed è stata già arrestata in passato per le sue posizioni giudicate troppo liberale. L’ultima volta, in gennaio, era stata incarcerata per aver scritto una lettera alla vedova dell’ultimo Scià, Farah Diba, chiamandola “Cara Regina”. Farideh è la figlia della sorella di Khamenei e di Ali Moradkhani, conosciuto come “Sheikh Ali Tehrani”, critico del regime, morto nel 2017. Il movimento pro democrazia che sta scuotendo l’Iran ha allargato le fratture anche all’interno dell’establishment. Alla fine di ottobre, mentre le piazze e le università iraniane iniziavano a riempirsi, gli ultraconservatori iraniani che da un anno e mezzo hanno in mano tutti i centri del potere in Iran parlamento, magistratura, presidenza - e il controllo degli apparati di sicurezza e militari, hanno cercato di coinvolgere alcuni esponenti moderati nel tentativo di rabbonire i manifestanti. Con esito negativo.
Farideh Moradkhani
A raccontarlo è il Wall Street Journal , che riferisce di un incontro tra il segretario del consiglio nazionale di sicurezza, Ali Shamkhani, e alcuni emissari vicini ai Khomeini e ai Rafsanjiani, due tra le famiglie fondatrici della Repubblica Islamica. Alla richiesta di un intervento per far rientrare le proteste, in cambio di presunte riforme, Shamkhani avrebbe ricevuto un netto no. Al tavolo c’erano Majid Ansari, il più influente chierico moderato, ex vice dell’ex presidente moderato Rouhani; Hossein Marashi, vicino ai Rafsanjani; e Behzad Nabavi, fondatore dell’intelligence della Repubblica islamica e legato all’ex presidente riformista Khatami. Personaggi perfettamente integrati nel sistema di potere nato nel 1979, che hanno costruito carriere politiche e fatto affari sotto la Repubblica Islamica, e che non ne disconoscono la legittimità: «Non vogliamo mettere la dinamite sotto l’edificio, piuttosto vogliamo ripararlo e risolverne i problemi», disse Nabavi a ottobre. Ma il compromesso tra ultraconservatori e moderati su cui si è retta la Repubblica Islamica per 44 anni si è rotto nella primavera del 2021, quando tutti i candidati riformisti e moderati di maggior peso, persino l’ex speaker del Parlamento Ali Larijani, sono stati esclusi dalle elezioni presidenziali, spianando la strada alla vittoria dell’ultraconservatore Ebrahim Raisi. «Dopo gli incontri, alcuni membri delle due famiglie hanno appoggiato pubblicamente i manifestanti », scrive il Wsj .
Hassan Khomeini, il nipote del fondatore della repubblica, anche lui escluso dalle ultime elezioni presidenziali, ha lanciato un appello pubblico per un cambiamento politico: «Il modo più razionale di gestire il paese è la democrazia orientata alla maggioranza ». E la figlia di Rafsanjani, Faezeh, che da sempre si batte per la libertà di scelta e i diritti civili, è finita in carcere, insieme ad altri importanti riformisti come Mostafa Tajzadeh, accusati di aver appoggiato i manifestanti.
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