Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/11/2022, a pag.14, con il titolo "Sergiy, che batté Federer a Wimbledon: 'Torno in guerra, se incontro Putin spero di essere armato' " l'intervista di Gaia Piccardi.
Sergiy Stakhovsky
La divisa militare ci precipita nella cronaca. Lo scorso gennaio Sergiy Stakhovsky, ucraino, 36 anni, ex n.31 del tennis, una clamorosa vittoria su Federer a Wimbledon 2013, giocava in Australia l’ultimo torneo. Il 24 febbraio, allo scoppio della guerra, si arruolava tra le fila dell’esercito di Kiev. Nove mesi dopo è a Torino, alle Atp Finals, per essere premiato. Ha preso cinque giorni di licenza. Sergiy, come sta? «Sono vivo».
Già molto, di questi tempi. «È tutto surreale, ma ci si abitua». Come è arrivato a Torino? «Da Budapest, dove si è rifugiata la mia famiglia: mia moglie Anfisa e i miei tre figli. Ho lasciato il fronte orientale, guidato da Kiev all’Ungheria. Giovedì torno in guerra».
Cosa sta succedendo? «Siamo in una fase nuova: i russi stanno distruggendo le infrastrutture elettriche, Kiev è al freddo e al buio. Cambia poco per i soldati ma cambia tutto per i civili. L’intensità dei bombardamenti è leggermente diminuita, difficile prevedere gli scenari futuri. I russi si ritirano, noi avanziamo ma c’è la neve, non abbiamo attrezzature adeguate».
È ritirata vera o l’anticamera di qualcosa di peggio? «Per la Russia ritirarsi da Kherson è stata pura necessità: le loro unità erano intrappolate all’estuario del Dnipro. Se non fossero arretrati, sarebbero morti. È importante aver liberato Kherson: la popolazione respira. La guerra, in fondo, è una cosa semplice: più liberiamo in fretta l’Ucraina, meno persone muoiono».
Biden ha detto che l’Ucraina non può vincere. «Le nostre risorse sono limitate, dipendiamo dagli aiuti di Europa e Usa. La Casa Bianca, all’inizio della guerra, aveva detto che l’Ucraina avrebbe resistito tre giorni. Sono passati nove mesi. La ritirata dei russi non inganni. Dal mio punto di vista significa una cosa sola: che torneranno con più forza per distruggerci. Putin non mollerà finché non avrà raggiunto il suo sporco obiettivo».
Come spiegherebbe la guerra a un alieno? Il fronte Mia moglie non è contenta che sia andato al fronte. Sono ucraino, ho seguito il cuore «È dolore, sofferenza, cuori che si spezzano. La guerra è un padre che seppellisce il figlio, una madre che affida ad estranei la figlia perché sia messa in salvo. Assistere a tutto questo inevitabilmente ti cambia: cominci a vivere per avere vendetta. La paura la controlli, nel mio caso è passata. Il dolore, però, te lo porti dentro e non ti lascia più».
Nessun dubbio a passare dal tennis all’esercito? «Zero. Sono ucraino, ho seguito l’istinto. Mia moglie, certo, non era contenta...».
Come ha imparato a usare le armi? «Già nel 2014, quando la Russia invase la Crimea, avevo passato un breve periodo al fronte. La quantità di stress provata mi aveva indotto a tornare al tennis, però, con un istruttore privato trovato a Bratislava, avevo voluto dotarmi dei rudimenti per usare una pistola o un fucile. In caso di bisogno, se non altro, avrei saputo come difendermi».
Li ha mai usati? «Sì. È cinico da dire: ci si allena, come con il tennis».
Ha ucciso qualcuno? «No, fino a ora no».
Però ha rischiato la vita. «Ero su un convoglio vicino a Donetsk, il ponte sul Kalmius era crollato, cercavamo il modo di guadare. È arrivata una raffica, per fortuna l’auto era blindata e ha resistito ai colpi. Un’altra volta ero a Kiev, durante un attacco aereo alla stazione centrale. È il sibilo dei missili a rimanerti stampato nelle orecchie: un suono che non dimentichi più. Ho visto civili morire, gente innocente che con la guerra non c’entra nulla».
Come si sta comportando la comunità internazionale? «Si può sempre fare di più: la politica è troppo lenta e paludata nel muoversi. Ma i cittadini dell’Ue mi hanno commosso: la loro accoglienza dei profughi è stata incredibile».
E se incontrasse Putin? «Non avrei molto da dirgli: spero di essere armato».
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