A Kherson niente vittime civili Analisi di Cecilia Sala
Testata: Il Foglio Data: 15 novembre 2022 Pagina: 1 Autore: Cecilia Sala Titolo: «A Kherson niente vittime civili»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 15/11/2022, a pag.1, con il titolo "A Kherson niente vittime civili", l'analisi di Cecilia Sala.
Cecilia Sala
Kherson, dalla nostra inviata. C’è una coppia di fidanzati ventenni in mezzo alla piazza principale di Kherson, piazza della Libertà, che da quattro giorni è piena di gente che festeggia e canta: lui sventola una bandiera dell’Unione europea fatta in casa e più grande della misura standard, lei è avvolta in una bandiera gialla e blu dell’Ucraina. Ieri è arrivato qui anche il presidente Volodymyr Zelensky che guardando gli abitanti della città che prima era famosa per le sue angurie e ora lo è per i suoi partigiani ha detto: “E’ l’inizio della fine della guerra”. Questa storia comincia l’11 luglio, quando gli Himars – dei lanciarazzi americani che sparano a più di 70 chilometri di distanza con un margine di errore di nove metri dal bersaglio – vengono usati per la prima volta nella porzione occupata della regione di Kherson a ovest del fiume Dnipro per distruggere un deposito di munizioni russe. La discriminante non è la potenza della gittata (Kyiv aveva già in dotazione dei missili sovietici che sparano molto più lontano), ma la precisione. A metà agosto gli ucraini avevano reso inutilizzabili i due ponti principali di Kherson sul fiume Dnipro, il ponte Antonovsky lungo più di mille metri e quello più a est che percorre in parallelo la diga di Nova Kakhovka – bombardandoli con gli Himars. Da quel momento, i più lucidi tra i comandanti di Mosca hanno capito che la ritirata era una scelta obbligata. Il tempo che ci separa da allora è quello che è servito a spiegarlo a Vladimir Putin. Più di trentamila russi si sono ritirati perché erano rimasti isolati dai loro compagni, senza possibilità di avere cibo, carburante e munizioni se non per vie lunghe, lente ed esposte: quelli che avrebbero dovuto percorrerle per rifornirli sarebbero finiti nel mirino degli Himars. Così se ne sono andati ordinatamente, metodicamente, cominciando le evacuazioni con anticipo: non è stata una fuga precipitosa e sicuramente non è iniziata il giorno in cui è stata annunciata dal ministro della difesa Shoigu e dal generale Surovikin, il 9 novembre. Tanto che un comandante, Oleg Zubkov, durante la ritirata ha trovato il tempo di rapire un procione, una scimmietta e un lama di nome Roma dallo zoo di Kherson per portarseli nel suo parco safari privato in Crimea. Gli ucraini si dicono pronti a restituire a Mosca dieci prigionieri di guerra in cambio del solo procione. I russi se ne sono andati ordinatamente, gli ucraini sono avanzati ventiquattro ore dopo e non c’è stato nessun contatto tra i due eserciti, nessuna carneficina di soldati ucraini e di soldati russi, nessuna vittima tra i civili di Kherson. Per recuperare questi settemila chilometri quadrati di territorio e liberare centinaia di migliaia di ucraini dall’assimilazione forzata è bastata la pressione degli attacchi a spillo (precisi e specifici, contro i ponti e i depositi di munizioni) con gli Himars esercitata fino al punto di rendere impensabile l’ipotesi di restare. Tra aprile e novembre, Kyiv ha recuperato la metà del territorio che Mosca aveva occupato in Ucraina. Ma se la difesa della capitale è stata più di ogni altra cosa effetto del coraggio della resistenza ucraina, la liberazione silenziosa e indolore di Kherson è avvenuta grazie alla tecnologia delle armi regalate dagli occidentali. Gli ucraini non hanno solo dimostrato di saperle usare e di saperle proteggere (i russi hanno catturato o distrutto zero Himars americani in Ucraina), ma di farlo responsabilmente. Il principale ostacolo a regalare a Kyiv gli Atacms – i proiettili per Himars che permettono di colpire fino a 300 chilometri di distanza – era l’ipotesi che li usassero contro il territorio russo, ma è una preoccupazione che non sta più in piedi perché, a maggior ragione dopo la controffensiva nella regione di Kharkiv a settembre, gli ucraini sono arrivati fino a toccare il confine russo: basterebbe usare le munizioni già a disposizione per gli Himars e non servirebbero gli Atacms. Da quando queste armi precise sono nelle mani di Kyiv, da quattro mesi e mezzo, non sono mai state usate contro la Russia. Gli Himars hanno già costretto i russi ad allontanare le loro basi e i loro depositi dalla linea del fronte per proteggerli, e poi li hanno costretti a ritirarsi. Il centro di comando e deposito di armi russo a Chaplynka (nella porzione ancora occupata dell’oblast di Kherson) per quasi nove mesi è stata una base fondamentale da cui i russi hanno lanciato attacchi micidiali. Con l’avanzata ucraina a Kherson, alla fine di ottobre Mosca ha cominciato a smontarla e spostarla perché adesso quel punto sulla mappa è nel raggio dei razzi americani. Gli Atacms costringerebbero a uno spostamento un po’ più in là: in Russia.
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