L’Asia torna ad essere al centro della politica estera americana Analisi di Giulia Pompili
Testata: Il Foglio Data: 11 novembre 2022 Pagina: 1 Autore: Giulia Pompili Titolo: «L’Asia torna ad essere al centro della politica estera americana»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/11/2022, a pag.1, con il titolo "L’Asia torna ad essere al centro della politica estera americana" l'analisi di Giulia Pompili.
Giulia Pompili
Joe Biden
Seul, dalla nostra inviata. Inizia una settimana particolarmente delicata per il presidente americano Joe Biden. Il tempo di incassare la mezza vittoria contro i trumpiani al Congresso e domani volerà dall’Egitto alla Cambogia, per partecipare all’annuale summit Usa-Asean. Un vertice complicato, perché la stessa presenza del presidente indica quanto sia importante, in questa fase di postura anticinese, muoversi creando nuove alleanze e rafforzando quelle più durature. L’Asia, che vede la guerra della Russia contro l’Ucraina come un conflitto regionale, torna a essere il centro della politica estera americana. Ieri la Casa Bianca ha annunciato un trilaterale, che ci sarà domenica a Phnom Penh, tra il presidente americano, il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol. Eppure, mentre la priorità di Biden resta la Cina e la messa in sicurezza del settore tecnologico, per Giappone e Corea del sud la preoccupazione maggiore è la Corea del nord. La destabilizzazione globale iniziata con la guerra della Russia contro l’Ucraina, il 24 febbraio scorso, ha di certo influito sulla libertà con cui la leadership di Pyongyang sta lavorando a una “escalation artificiale”, con un numero inedito di test missilistici e di artiglieria lanciati negli ultimi mesi. Sempre più aggressivi, sempre più provocatori. Ma c’è di più. Ieri il ministero della Difesa di Seul ha pubblicato le prime analisi fatte su un missile nordcoreano caduto in acque internazionali ma soltanto a poco più di una cinquantina di chilometri da Sokcho, una città turistica della costa orientale sudcoreana, il 2 novembre scorso. Un indizio: sul detrito recuperato c’erano delle scritte in cirillico. Secondo la Difesa sudcoreana si tratterebbe di un Sa-5, un missile terra-aria sovietico degli anni Sessanta, ma che negli ultimi mesi la Russia ha continuato a usare – come missile terra-terra – contro l’Ucraina. Quello stesso missile, forse modificato dalla Corea del nord, è adesso usato da Pyongyang non per testare nuove tecnologie (in caso contrario, avrebbero utilizzato missili più recenti) ma come show di forza contro i nemici. A Seul hanno usato l’informazione per spiegare che la Corea del nord sta aumentando la pressione esponenzialmente mentre il resto del mondo è concentrato sulla guerra europea, ma c’è anche un altro fattore da considerare: quel missile è anche un filo sottile che unisce la destabilizzazione della guerra di Vladimir Putin a una destabilizzazione più ampia, che richiede una risposta coordinata ed efficace. E’ quella risposta che Seul e Tokyo faticano a vedere nell’America di Joe Biden, che ha relegato la questione nordcoreana a un dettaglio, un accidente all’interno di un più ampio obiettivo strategico anti autocrazie. Ma Pyongyang, per i paesi alleati dell’America in Asia orientale, è una minaccia più immediata e concreta. Da mesi è pronto il settimo test nucleare nordcoreano, e ci si aspetta solo il via libera del leader Kim Jong Un al momento opportuno – forse proprio durante la permanenza di Biden in Asia, che dopo la Cambogia volerà a Bali, in Indonesia, il 15 e 16 novembre per il G20. Nel trilaterale con Kishida e Yoon si parlerà soprattutto di eventuali risposte al test atomico, e dell’aiuto che la Corea del nord sta dando alla Russia nella sua guerra contro l’Ucraina. L’altro ieri alla stampa Biden ha detto che a Bali vorrebbe avere un bilaterale anche con il leader cinese Xi Jinping per conoscere “le linee rosse” di Pechino – non solo sulla Russia e sulla questione di Taiwan, ma anche sulla Corea del nord.
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