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La Stampa Rassegna Stampa
10.11.2022 Liliana Segre: denuncio i no vax
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 10 novembre 2022
Pagina: 19
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Non possiamo permetterci di dimenticare»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/11/2022, a pag.19, con il titolo 'Non possiamo permetterci di dimenticare', l'analisi di Elena Loewenthal.

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Elena Loewenthal

Liliana Segre minacciata di morte da no vax:
Liliana Segre

«Siate, sentitevi liberi. E non dovete avere paura. Io ne ho avuta tanta. Ma non si deve avere paura. Queste sono le sole due cose che ho da dire ai miei figli e ai miei nipoti: libertà e niente paura» comincia così il racconto di Liliana Segre al primo forum nazionale delle donne ebree d'Italia. «Io non ho paura anche se devo muovermi con la scorta ovunque vada perché ricevo tantissime minacce di morte. Oggi, ad esempio, me ne è arrivata una da un no vax perché io sono vax! E siccome la minaccia era firmata con tanto di nome e cognome, ho deciso di denunciare questa persona». Prima di proseguire il suo racconto, sorride. C'è qualcosa di unico nel suo modo di raccontare. La voce ferma, ogni tanto uno sguardo di ironia dolce – verso il mondo e verso se stessa. Ci si ritrova più volte in piedi ad applaudirla e sentire addosso le sue parole: è straordinario come riesce a incrociare il passato con il presente, a tenere la voce ferma mentre spiega che per quarantacinque anni, la prima metà della vita, ha taciuto, e per l'altra ha deciso che doveva parlare, andare incontro a quella cosa che lei chiama «il grande nulla». Il grande nulla è l'incoscienza di prima delle leggi razziali quando lei, la sua e tante altre famiglie vivevano dentro quella che si credeva essere una normalità senza bisogno di radici, di sapere quello chi sei, da dove vieni. Nel 1938, quando la cacciano da scuola, il grande nulla diventa di colpo l'incubo del «perché a me, perché io».

Poi è venuto quell'altro grande nulla: la deportazione, il campo della morte. Il ritorno, con la nonna che le diceva: «sei una ragazza, non devi uscire da sola a Milano» – lei che aveva che aveva attraversato da sola mezza Europa, per tornare dalla Shoah. Ci vuole memoria, oggi. Non possiamo permetterci di dimenticare. Nel 2015, spiega la senatrice, sono stati cent'anni dallo sterminio degli Armeni: un popolo trucidato lungo una inenarrabile marcia della morte, attraverso il deserto. Ce lo ricordiamo, questo massacro? Sì? Forse. Mica tanto. Per questo non bisogna avere paura. «Ho novantadue due anni, ho conosciuto la fame e la paura, la solitudine. Sono stata vestita di stracci, ho avuto freddo e fame. Ho novantadue anni e ho sempre la scorta con me perché ricevo tante minacce di morte. Ma non ho paura».

Ad ascoltarla siamo in tante: ognuna di noi, donne ebree d'Italia, con il proprio bagaglio di esperienze – magari pesanti, piene di cose dette e altre taciute. Però quando parla lei ci sentiamo tutte figlie sue e non siamo poi così sicure di non avere paura. Quasi alle fine del tuo racconto mi hai citata (che onore! che commozione!), dicendo che no, non sei ottimista come lo sono io: tu sei più pessimista di me. Ti confesso una cosa. Sono ottimista perché guardo i miei figli: loro la libertà la sentono, e non hanno paura, proprio come vuoi tu. Ma quando ti ascolto e mi sento figlia tua, mi riconosco ogni volta anch'io dietro quel banco di scuola nel 1938, a prendere i libri e uscire perché mi ci hanno scacciato: e quella paura lì, per noi che siamo nati una manciata di anni dopo di allora, quella paura ogni tanto torna, ed è come un piccolo grande nulla anche per noi.

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