Lo sterminio degli ebrei e i silenzi di Pio XII Analisi di Lucio Caracciolo
Testata: La Repubblica Data: 08 novembre 2022 Pagina: 29 Autore: Lucio Caracciolo Titolo: «Lo sterminio degli ebrei e i silenzi di Pio XII»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/11/2022, a pag.29, con il titolo "Lo sterminio degli ebrei e i silenzi di Pio XII", il commento di Lucio Caracciolo.
Lucio Caracciolo
La copertina (Laterza ed.)
Oggi che la “storia” è spesso brandita come arma di questa o quella causa che si pretende assolutamente giusta, Andrea Riccardi ha scritto un importante libro di storia senza virgolette. Tanto più rilevante in quanto riferito a un tema, quello dei silenzi di Pio XII di fronte allo sterminio degli ebrei, sul quale, accanto a tanta seria, umile storiografia, da decenni è diffusa una pubblicistica di tono tribunalizio. Come si trattasse di condannare o assolvere quel romano che da vescovo di Roma vide compiersi il 16 ottobre 1943 la deportazione degli ebrei romani sotto le sue finestre. E tacque. Lo storico francese Pierre Milza, autore di una recente biografia di papa Pacelli, non si è sottratto alla tentazione giudiziaria, sentenziando un “non luogo a procedere” che i maligni vorranno pilatesco. Riccardi nota e obietta: «Il lavoro dello storico non è quello di un giudice e non si conclude con una sentenza ». Soprattutto, «non ci sono sentenze passate in giudicato». La ricchezza e la novità di questo studio deriva dalla delibazione delle fonti d’archivio finalmente liberate dal Vaticano, dopo troppo lunga — e controproducente — secretazione. Ad alimentare i peggiori sospetti su papa e curia del tempo. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio,che alla storia di Roma moderna e contemporanea ha dedicato buona parte dei suoi libri, ci cala qui nell’“isola vaticana” circondata dai tedeschi. È dentro le mura della Città Leonina che si disegna il dramma posto sotto il titolo La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo, gli ebrei (Laterza). Silenzio che, comunque lo si valuti, non può oscurare l’opera di migliaia di religiosi che a Roma e nel dominio del Terzo Reich salvarono la vita a innumerevoli perseguitati,non solo ebrei. Con il convinto sostegno del papa. Opera che peraltro, secondo l’apologetica vaticana e parte della critica laica, sarebbe stata ben più ardua se Pacelli avesse scomunicato Hitler. Riccardi muove dalla ricostruzione del contesto entro cui leggere i silenzi di Pacelli, ovvero la scelta di non condannare urbi et orbi lo sterminio degli ebrei. E i massacri nazisti in genere, come quello perpetrato contro la cattolicissima nazione polacca.
Da Giovanni XXIII in avanti, siamo abituati a papi che paiono star mediatiche. Comunicatori con irradiamento immediato e universale. Non il caso di Pio XII e delle gerarchie con lui arroccate nello Stato vaticano. Abitanti il mondo stretto dei sacri palazzi, che qualche effetto sulla loro larghezza di vedute avrà indotto. Specie nella Roma di nome “aperta” di fatto oppressa sotto il tallone nazista fra settembre 1943 e giugno 1944. Stabilisce Riccardi: «Pio XII era interno a un orizzonte concettuale cattolico: prestava relativa attenzione ai fenomeni storici esterni alla Chiesa». L’autointerpretazione del proprio silenzio offerta dal papa forse meno decisionista del Novecento verte sulla tesi dell’ad mala maiora vitanda. Logica del male minore. Etica della responsabilità — anche se il papa non può ricorrere a Max Weber — prevalente sulla convinzione che il nazismo sia del diavolo. Traduzione: se io avessi condannato quegli aguzzini, costoro si sarebbero rivalsi con moltiplicata crudeltà contro gli ebrei e altri “subumani”, specie slavi. E contro la Chiesa stessa. Argomento discutibile. Figlio della prima virtù cardinale, quella prudenza che l’ambiente curiale, specie nelle sue diramazioni diplomatiche, curava con speciale attenzione. Discusso anche da Pio XII in foro interno e con i più fidi dignitari. Ce lo conferma il suo successore, monsignor Roncalli, quando riferisce che il 10 ottobre 1941 il papa «mi chiese se il suo silenzio circa il contegno del nazismo non fosse giudicato male ». Questione estesa ai vertici dell’“isola”, che privatamente dibattono su come resistere al nazismo. Da molti considerato credo satanico che se vittorioso avrebbe annientato la Chiesa. Da altri valutato odioso ma utile antemurale christianitatiscontro la minaccia bolscevica. Da alcuni sacerdoti abbracciato in sprezzo della fede proclamata. «Ad ogni manifestazione pubblica risponde un incrudimento di persecuzione », annota il “ministro degli Esteri” Tardini, non un modernista, che considera “esagerate” le notizie sullo sterminio. Ancora nel 1946 Tardini scrive: «Non si è già abbastanza insistito sulle birbonate naziste?». Siamo già in guerra fredda eil nemico è il comunismo ateo (ma anche la sua molto minoritaria versione cattolica). Cabala ebraica secondo alcuni prelati affezionati all’ambigua preghiera Pro perfidis Judaeis e disposti all’equazione ebreo=comunista. L’arco d’indagine del libro di Riccardi è molto largo. Investe ad esempio ambiguità e silenzi degli Alleati angloamericani di fronte all’Olocausto. Chiudendo queste pagine profondamente istruttive, resta il sentimento che nessuna distanza storica permetterà di comprendere appieno una così totale sconfitta dell’umanità.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/ 49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante