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Il Foglio Rassegna Stampa
07.11.2022 Trump in aiuto di Putin
Analisi di Paola Peduzzi

Testata: Il Foglio
Data: 07 novembre 2022
Pagina: 1
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «Già nel 2016 i trumpiani avevano deciso di sacrificare l’Ucraina per soldi e potere. Ora non vogliono più difenderla da Putin»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 07/11/2022, a pag. 1, con il titolo "Già nel 2016 i trumpiani avevano deciso di sacrificare l’Ucraina per soldi e potere. Ora non vogliono più difenderla da Putin", l'analisi di Paola Peduzzi.

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Paola Peduzzi

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Vladimir Putin

Milano. “La guerra non ci sarebbe stata” se io fossi stato presidente, ha detto ancora una volta Donald Trump nel comizio a sostegno dei suoi candidati alle elezioni di metà mandato in Pennsylvania. L’ex presidente s’è autoassegnato una medaglia: la Russia ha invaso la Georgia quando Bush jr era alla Casa Bianca; ha preso la Crimea quando c’era Obama e ora ha invaso l’Ucraina, “sono l’unico presidente del XXI secolo che non ha visto la Russia invadere un altro paese”. I suoi sostenitori sono convinti che lui abbia ragione, che Vladimir Putin non avrebbe mai osato un’invasione se alla Casa Bianca ci fosse stato un duro come Trump, e anzi questa guerra sta diventando per i trumpiani inutile. Un sondaggio pubblicato dal Wall Street Journal nei giorni scorsi mostra che il 48 per cento degli elettori repubblicani pensa che gli Stati Uniti stiano facendo “troppo” per sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa – questa percentuale era al 6 per cento a marzo, al 17 per cento a maggio, al 30 per cento ad agosto. Gli ex consiglieri di Trump vanno in televisione a dire che l’America spende 2,5 milioni di dollari ogni ora per l’Ucraina invece che per gli americani o che questo aiuto vale quindici volte i soldi che sarebbero serviti per costruire un muro al sud con il Messico, sottintendendo: invece che proteggere il nostro confine spendiamo miliardi per proteggere il confine di un paese esotico. Marjorie Taylor Greene, scalmanata deputata trumpiana della Georgia, ha detto: se vinciamo noi, “l’Ucraina non vedrà più un centesimo”. Quando Joe Biden dice che il voto di metà mandato di domani è un voto sulla democrazia non parla soltanto di quella americana: una maggioranza repubblicana al Congresso metterebbe a rischio la difesa dell’Ucraina, la sua democrazia e dunque la nostra. C’è poi un enorme equivoco. Trump dice che se ci fosse stato lui, la guerra non ci sarebbe stata e lascia intendere di essere più adatto dei democratici a garantire la sicurezza degli americani e a tenere a bada uno come Putin. Ma se si ripercorrono questi ultimi sei anni di trumpismo, dalla campagna elettorale del 2016 a oggi, risulta evidente che se mai Putin avesse potuto trattenersi dall’invasione dell’Ucraina non lo avrebbe fatto per timore di Trump ma per uno scambio di favori: l’Ucraina è da sempre la merce di scambio prescelta dai trumpiani. Trump è finito a processo per tradimento per l’Ucraina: l’impeachment del 2019 (il primo) non ha mai avuto alcuna chance di passare perché i repubblicani avevano deciso che non avrebbero votato contro il presidente del loro partito, ma le testimonianze le ascoltammo comunque tutti. Fiona Hill, che si è occupava di Russia ed Europa al Consiglio della sicurezza nazionale nell’Amministrazione Trump, disse: “Non esiste un Team America per Trump. Non l’ho mai visto mettere l’America first, mai, nemmeno per un secondo. Ciò che fece fu dire alla Russia che l’Ucraina era il campo da gioco”. Qualche giorno fa Jim Rutenberg ha pubblicato un colossale articolo sul New York Times in cui ricostruisce le relazioni tra i trumpiani e i russi dal Russiagate (l’indagine sulle ingerenze russe nelle elezioni del 2016) e dimostra come si sia arrivati all’invasione dell’Ucraina del febbraio scorso. La telefonata che fece Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel 2019 dicendogli che l’America era stata molto, molto generosa con l’Ucraina e che quindi si meritava in cambio qualcosa, in particolare informazioni per distruggere Biden tramite il figlio Hunter che aveva lavorato in Ucraina – ecco questa telefonata che scatenò l’inchiesta che portò all’impeachment impallidisce quasi di fronte agli altri dettagli sugli scambi intercorsi tra trumpiani e russi. Perché Trump mostra un’ossessione nei confronti dell’Ucraina che non può essere confrontata a quella di Putin, che ha un istinto genocidario, ma che rende ancora più inquietante il mantra con-me-la-guerra-non-ci-sarebbe-stata. Quando inizia l’indagine sul Russiagate, nel 2017, i trumpiani dicono: dimostriamo che l’ingerenza è stata degli ucraini e non dei russi. La diplomazia parallela organizzata in Ucraina da Rudy Giuliani, che probabilmente passerà alla storia come l’eversore capo del trumpismo, nasce dalla volontà di accusare gli ucraini di aver provato ad alterare l’esito delle elezioni americane. Non tutti gli ucraini, naturalmente, solo quelli che cercavano di ancorarsi all’Europa e all’occidente. Così si capisce perché ai trumpiani d’oggi non interessa nulla del futuro democratico dell’Ucraina né del costo umano di quegli scambi con i russi che Putin ha messo in pratica mandando l’esercito: avevano già deciso che l’Ucraina era sacrificabile, e lo è ancora.

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