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Antonio Donno
Israele/USA
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Netanyahu e la questione dell’Ucraina 07/11/2022
Netanyahu e la questione dell’Ucraina
Analisi di Antonio Donno

Benjamin Netanyahu could be Israel PM in stunning comeback: 'A very big  win' | World News - Hindustan Times
Benjamin Netanyahu

Una volta entrato in carica il nuovo governo israeliano di centro-destra, come esito di una schiacciante vittoria elettorale, Benjamin Netanyahu, che ne sarà il primo ministro, prenderà in mano la bruciante questione della richiesta di Zelensky di ottenere gli armamenti israeliani ad altissima tecnologia in grado di contrastare e rovesciare la sistematica distruzione da parte russa delle infrastrutture energetiche di Kiev? Se in precedenza Bennett e poi Lapid avevano risposto negativamente agli appelli di Zelensky, ora Netanyahu prenderà una decisione diversa? La risposta non può essere che la seguente: se i governi Bennett/Lapid avevano replicato negativamente, a maggior ragione Netanyahu farà la stessa cosa.

     Nel mio articolo pubblicato su “Informazione Corretta” del 21 ottobre scorso, avevo sottolineato come non fosse assolutamente negli interessi di Israele sostenere militarmente l’Ucraina contro la Russia di Putin. Nell’“Espresso” di ieri Alberto Stabile ha sottolineato nuovamente che “i governanti israeliani non hanno mai offerto ai loro colleghi ucraini più di una certa collaborazione d’intelligence e aiuti di tipo umanitario”. Le ragioni di tale rifiuto, come scrivevo il 21 ottobre, stanno tutte nelle relazioni tra Israele e Putin, relazioni che nel corso degli anni Netanyahu aveva intessuto con grande maestria con Mosca.

     Nel corso degli anni Netanyahu aveva stretto con Putin alcuni accordi relativamente alla presenza di basi terroristiche arabe in alcune zone della Siria, zone sotto il controllo della Russia. Da queste basi spesso partivano o potevano partire incursioni contro Israele. Per evitare questo pericolo, Netanyahu aveva ottenuto da Putin il permesso di intervenire militarmente per distruggere questi avamposti terroristi, spesso alimentati dalle armi iraniane, ma previo avviso a Mosca. Si tratta di accordi della massima importanza per la sicurezza di Israele, che possono e non devono essere intaccati per nessuna ragione.

     Oggi, l’avvicinamento dell’Iran alla Russia sulla questione dell’Ucraina ha complicato il quadro mediorientale. Teheran ha venduto droni-suicidi a Putin da utilizzare nella guerra russa contro l’Ucraina, di fatto creando un legame politico-militare importante tra i due Paesi. Zelensky ha più volte invocato l’aiuto israeliano per ottenere armi sofisticate, che soltanto Israele può fornire a Kiev. Il problema, dunque, è questo: è nell’interesse di Israele fornire armi all’Ucraina per combattere i russi? E, se ciò avvenisse, l’accordo tra Gerusalemme e Mosca sulla questione dell’eliminazione dei gruppi terroristici in Siria da parte di Israele reggerebbe o finirebbe per essere gravemente compromesso?

     Sarà questo un problema assai pesante per Netanyahu. A parte la questione dei terroristi sovvenzionati dall’Iran in Siria, la decisione di Netanyahu di aiutare l’Ucraina potrebbe avere conseguenze gravi sull’assetto attuale del Medio Oriente. I rapporti che si sono stabiliti tra Russia e Iran potrebbero rafforzare il progetto egemonico iraniano nel Medio Oriente e, per di più, mettere in pericolo la solidità degli Accordi di Abramo. Tali accordi hanno un significato che va ben oltre le intese economiche e tecnologiche tra i firmatari, ma investono la sicurezza stessa di una regione sulla quale l’Iran ha mire egemoniche da quando Khomeini ha preso il potere, dando vita ad un regime terroristico che ne minaccia continuamente la assai precaria stabilità. Questo elemento non può essere sottovalutato da Netanyahu, maestro di realismo politico.

     Infine, è da considerare la posizione attuale degli Stati Uniti verso le questioni del Medio Oriente. Tutto è fermo, in attesa delle elezioni di medio termine del prossimo 8 novembre. Netanyahu porrà il problema a Biden subito dopo le elezioni, ma è probabile che la risposta americana sia interlocutoria, perché Washington ha da rivedere complessivamente la propria politica verso la regione mediorientale. Se il Senato dovesse passare nelle mani dei Repubblicani, la questione assumerebbe altri connotati, per ora non prevedibili.
                                                                                                                                                     
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Antonio Donno

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