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Il Foglio Rassegna Stampa
05.11.2022 Il pacifismo marcio del Papa
Analisi di Claudio Cerasa

Testata: Il Foglio
Data: 05 novembre 2022
Pagina: 1
Autore: Claudio Cerasa
Titolo: «Il Marcio sulla pace»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 05/11/2022, a pag. 1, con il titolo 'Il Marcio sulla pace' il commento del direttore Claudio Cerasa.

ClaudioCerasa
Claudio Cerasa

Papa Francesco in Bahrein, la prima volta di un pontefice. Viaggio nel  segno del dialogo e della pace- Corriere.it
Papa Francesco

Il pacifista collettivo andrà oggi in piazza armato, per così dire, delle migliori intenzioni e sfilerà per le strade della capitale per chiedere un “immediato cessate il fuoco”, per rilanciare con urgenza “un negoziato per la pace”, per sostenere un appello per mettere al bando “tutte le armi nucleari”. E lo farà, naturalmente, o meglio ufficialmente, mosso dalle migliori intenzioni e dalle migliori premesse. Lo farà esprimendo “solidarietà con il popolo ucraino”. Lo farà “condannando l’aggressore”. Lo farà chiedendo “all’Italia, all’Unione europea, agli stati membri e alle Nazioni Unite di assumersi la responsabilità del negoziato”. E lo farà, il pacifistica collettivo, chiedendo di mettere in campo “tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale”. E farà tutto questo mosso dalle migliori intenzioni, naturalmente, ma mosso anche dalla volontà birichina di affermare tra le righe un principio pericoloso che coincide con un doppio sottinteso. Primo punto: la colpa dell’assenza di negoziati non è della Russia, che ormai la conosciamo, ma è prima di tutto dell’occidente, che ormai sappiamo essere terribilmente guerrafondaio al punto di voler non solo combattere ma anche vincere questa guerra. Secondo punto, che poi è il vero senso politico della marcia di oggi: se si vuole negoziare una pace, se davvero si vuole andare verso questa direzione, occorre entrare in una nuova fase nella quale è evidente che l’invio delle armi in Ucraina non è compatibile con l’ingresso in una nuova stagione di diplomazia. Il pacifista collettivo non lo può dire esplicitamente, è ovvio, ma al centro delle sue rivendicazioni, oggi, non vi è solo la volontà di invocare la pace. Vi è una volontà differente, più precisa, più indicibile. Vi è la volontà di continuare a considerare, al fondo, la guerra in Ucraina come un’oscenità commessa dalla Russia, certo, ma alimentata doppiamente dall’occidente. Sia quando la Nato, come ha detto Papa Francesco, “ha abbaiato alle porte della Russia”. Sia quando la Nato, come hanno sostenuto in questi mesi gli organizzatori della marcia, ha dimostrato di non volersi avvicinare alla pace. Sia quando avrebbe rifiutato ogni negoziato con la Russia sia quando avrebbe scelleratamente armato fino ai denti l’Ucraina di Zelensky (ieri dal Bahrein, Papa Francesco ha tenuto a lanciare un appello generico per la pace, ripetendo tre volte, riferendosi alla guerra in Ucraina, “tacciano le armi, tacciano le armi, tacciano le armi!”). E facendo sapere che l’uomo religioso, l’uomo di pace, quello vero, “si oppone anche alla corsa al riarmo, agli affari della guerra, al mercato della morte, e non asseconda “alleanze contro qualcuno”). Il pacifista collettivo – che negli ultimi giorni ha iniziato a perdere un importante pezza d’appoggio alle proprie tesi finalizzate a demonizzare l’occidente, perché un conto è poter dire che l’impegno dell'occidente contro la Russia è un dramma di lungo termine per la nostra economia e per le nostre bollette un altro è dire che il dramma per la nostra economia e per le nostre bollette potrebbe essere circoscrivibile a qualche mese di duri sacrifici – tende dunque a svicolare con abilità dialettica la vera ciccia della questione e dimentica con frequenza di ricordare che in Ucraina il problema non è fermare la guerra ma è fermare Putin. E come ha ripetuto bene su queste pagine il professor Vittorio Emanuele Parsi, “l’idea che si debba fermare la guerra fermando gli ucraini è come dire che, di fronte a uno stupro, serva un matrimonio forzato”. Il pacifista collettivo andrà oggi in piazza armato, per così dire, delle migliori intenzioni. Sfilerà per le strade della capitale manifestando la propria voglia di pace. E farà tutto questo certamente in buona fede ma sapendo perfettamente che per smascherare il marcio che si nasconde nella marcia per la pace basta poco. Basta capire l’inganno. Basta ascoltare una frase, come quella pronunciata ieri dal capo dello stato, Sergio Mattarella, in occasione della Festa delle Forze armate, che nessun pacifista collettivo, oggi, potrà permettersi di pronunciare: “Sono passati molti mesi senza che si intraveda uno spiraglio. Eppure la pace continua a gridare la sua urgenza. Una pace giusta, fondata sul rispetto del diritto internazionale e sulla libertà e la libera determinazione del popolo ucraino. Perché non vogliamo e non possiamo abituarci alla guerra”. Una pace giusta, già. Un modo come un altro per ricordare elegantemente che ancora oggi il costo di non difendere l’Ucraina è superiore al costo di difenderla.

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