La vittoria di Netanyahu Analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 03 novembre 2022 Pagina: 16 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Trionfo di Bibi, con i rischi dell'alleato radicale Gvir»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 03/11/2022, l'analisi di Fiamma Nirenstein, a pag.16, con il titolo "Trionfo di Bibi, con i rischi dell'alleato radicale Gvir"
Fiamma Nirenstein
La vittoria dell'alleanza che riporterà Benjamin Netanyahu al governo diventa sempre più consistente via via che le schede vengono scrutinate, anche se mentre scriviamo mancano circa mezzo milione di voti dei soldati, delle case di riposo, dei lavoratori degli ospedali e delle carceri e altri angoli della società. Durante il composto discorso in cui Yair Lapid, il primo ministro uscente, chiedeva ai suoi di credere ancora, la marea di Bibi aumentava fino a 65 seggi per la sua coalizione, e diminuiva quella di Lapid fino a 55. Netanyahu ha tenuto un discorso conciliante, in cui ha chiesto al popolo di restare unito perché la sua intenzione è quella di prendere cura del benessere e della sicurezza di tutti. La campagna l'ha visto attivo come un ragazzino saltare nei paesini, nei kibbutz, fra i soldati,in campagna e nelle fabbriche, una scelta opposta a quella di Lapid, per la quale il capo di "C'è un futuro" ha condotto una campagna di principi liberali, di massimi sistemi, con la sicurezza e la sensazione di superiorità dell'elite intellettuale e politica cui appartiene. Qui è il motivo della vittoria di Netanyahu e della perdita di consensi, della crisi verticale della sinistra, che vede anche il Meretz cancellato perché non ha raggiunto il limite di ammissione alla Knesset, come anche due partiti arabi: il governo e tutti partiti che ne facevano parte si sono occupati troppo del "no a Bibi", senza ascoltare le istanze della gente comune, quella che a Gerusalemme teme gli attentati ormai quotidiani, o a Bat Yam non può comprare un modesto appartamento alla figlia che si sposa. Le parti del suo governo erano troppo lontane fra di loro per unirle su obiettivi popolari e rispondere al suo senso di insicurezza. L'aggressione a metà del Paese ha creato una reazione, Bibi ha sofferto un accerchiamento così pervasivo da togliere l'aria a tutta Israele, e a questo ha risposto l'insurrezione che riporta il leader al governo, vede la crescita del partito religioso orientale Shas (10 seggi), e soprattutto la bomba di 14 seggi (Netanyahu al momento ne ha 31) da parte del personaggio-scandalo del momento, Itamar Ben Gvir. In queste ore buona parte della stampa internazionale gli da del fascista e del razzista, ricordandolo come l'uomo su cui anche Biden aveva espresso le sue preoccupazioni. Qui molti giornalisti, specie di Ha’aretz, usano la sua figura e il suo Partito Religioso Sionista per screditare tutto il futuro governo, dicendo che sarà la tomba della democrazia, che seppellirà il sistema giudiziario (Smotrich è descritto come un golpista) e emarginerà il 20 per cento della popolazione, quella araba, anzi, forse la espellerà dal Paese. La biografia di Ben Gvir, che non ha fatto il servizio militare, è quella di un giovane di origine irachena, la cui madre curda era attiva nell'Irgun, combattente armata. Itamar sin da ragazzino è stato un attivista che ha vissuto il terrorismo delle due Intifade; estremista, di certo, tanto da aderire al gruppo di Kach che poi fu messo fuori legge, ma che lui oggi ripudia pubblicamente. Il suo punto ripetuto e ritenuto razzista è l'idea che chi non aderisce allo stato d'Israele e anzi ne cerca la sparizione deve essere privato dei diritti di legge. Un'affermazione roboante con un duro risvolto politico, non razziale, quasi di impossibile realizzazione legislativa. Certo, la cosa può diventare, specie se come ha annunciato Ben Gvir chiederà il ministero della sicurezza, problematica per Netanyahu, la cui visione è molto più duttile e non religiosa. Ben Gvir e anche Smotrich asseriscono anche di tenerci al carattere ebraico dello Stato, cosa che può portare a appesantire le leggi sullo Shabbat, il matrimonio, le regole alimentari. I due sono noti anche per le loro opinioni passatiste sugli LGTBQ, che invece proprio durante i governi Netanyahu hanno fatto qui passi eccezionali nei loro diritti in ogni campo. Insomma Bibi, che durante la campagna rifiutò di farsi fotografare con Ben Gvir, avrà bisogno di tenere a bada questo grosso alleato, che non è fascista, ma che ad ogni attentato (ce n'è stato uno anche ieri) o alle esplosione di rifiuto arabo, acquista la forza donatagli dalla preoccupazione dei cittadini. Non sarà facile, ma il protagonista è Netanyahu e il suo ritorno. Il tentativo di metterlo sul banco degli imputati di nuovo, e stavolta per interposta persona, è volgare e scoperto. E crea nuove divisioni.