'Il ritorno degli imperi', di Maurizio Molinari Recensione di Danilo Taino
Testata: Corriere della Sera Data: 01 novembre 2022 Pagina: 31 Autore: Danilo Taino Titolo: «Gli imperialismi di Russia e Cina sfidano l’egemonia occidentale»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/11/2022, a pag. 31, con il titolo "Gli imperialismi di Russia e Cina sfidano l’egemonia occidentale", la recensione di Danilo Taino.
Danilo Taino
Maurizio Molinari
Il risveglio della brutalità della guerra, nel cuore dell’Europa, «è il risveglio della Storia che riporta sul palcoscenico la più antica delle ambizioni: creare un impero», ci dice Maurizio Molinari nel suo nuovo libro Il ritorno degli imperi. Come la guerra in Ucraina ha stravolto l’ordine globale (Rizzoli). Certo, per come si sono messe le cose sul terreno, Vladimir Putin difficilmente sarà un rinato Pietro il Grande. Ma ciò che il direttore del quotidiano «la Repubblica» analizza è la fine della stagione della globalizzazione che aveva fatto cadere i confini; e il ritorno dello scontro tra potenze, cioè il rientro sulla scena della geopolitica. In sostanza, l’obiettivo di alcuni governi autoritari di ristabilire le frontiere e di modificarle in ottica imperiale. E non è solo la Russia, in campo. Quella dello zar del Cremlino è un’ambizione «di stampo ottocentesco», dice l’autore. Ma c’è anche una strategia «imperiale» della Cina di Xi Jinping che attraverso la sfida commerciale, tecnologica e dell’intelligenza artificiale — accompagnata dal rafforzamento militare — punta a ridimensionare gli Stati Uniti, e l’egemonia dell’intero Occidente, ritenuti da Pechino in declino inarrestabile, e a sostituirli, prima in Asia e poi a livello globale. Molinari analizza uno per uno i quattro protagonisti della sfida per uscire dal disordine in cui il mondo è entrato, un disordine che è il prodotto di un parziale indebolimento degli Stati Uniti, di un ruolo geopolitico modesto dell’Europa, che però è geograficamente centrale, della crescita economica e politica della Repubblica popolare cinese, del revanscismo di una frustrata Russia.
La copertina (Rizzoli ed.)
L’analisi sullo stato della Federazione Russa, sulle intenzioni di Putin e sull’andamento della guerra in Ucraina è estremamente lucida e arriva anche a toccare un quadrante del quale non si parla spesso, quella parte di Africa — più di venti Paesi — che alle Nazioni Unite si è astenuta sulla condanna dell’invasione russa. Un segno di come la volontà «imperiale» di una potenza non si ferma alle vicinanze geografiche, ma usa un’abile politica di cattura di Paesi spesso poveri e poco stabili usando le armi sia delle forniture alimentari sia dei mercenari della Brigata Wagner. Le pagine sulla Cina raccontano una realtà più complicata di quella creata dai sogni di Putin. Qui, Molinari ha alcune letture interessanti. Per citarne una: la costruzione, che Xi ha iniziato da un decennio, di una Eurasia con al centro Pechino e tenuta assieme da reti fisiche — stradali, ferroviarie, portuali e così via — e da reti digitali, oltre che da rapporti economici, da investimenti. Per quanto in forte rallentamento negli ultimi anni, la Belt and Road Initiative (o Nuova Via della Seta) rimane il progetto distintivo del leader cinese in questo senso. E, per concretizzare l’ambizione egemonica, il Partito comunista cinese si è autoimposto la conquista di Taiwan, considerata una provincia ribelle: riuscire a condurla sotto il suo controllo sarebbe per Pechino un’enorme vittoria geopolitica e, soprattutto, ridimensionerebbe di molto l’influenza dell’avversaria Washington nel bacino del Pacifico. Poi, nel libro c’è l’Occidente: gli americani e gli europei. Molinari conosce bene gli Stati Uniti. Nel libro analizza in particolare la leadership di Joe Biden: ne apprezza la capacità di avere costruito e tenuto saldo il rapporto con gli europei di fronte all’invasione dell’Ucraina e — interessante — scrive che «il Pentagono ha trovato interlocutori seri nello stato maggiore russo per tenere sotto controllo l’arsenale nucleare». Inoltre, pone la questione del dopo guerra ucraina. E sostiene che le due sponde dell’Atlantico hanno «la possibilità di ridefinire gli equilibri internazionali attorno a una aggressiva deterrenza anti Putin». In più, la crisi in atto ha la potenzialità di rafforzare i legami in fatto di energia, di tecnologia e di ambiente tra Usa e Ue. Il direttore di «Repubblica» nota poi che l’ottimo rapporto tra Biden e Mario Draghi ha fatto sì che l’Italia sia stata un alleato fondamentale di Washington di fronte all’aggressione di Putin, soprattutto viste alcune oscillazioni del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Non è affatto detto che la fine della guerra in Ucraina trascini con sé la fine delle ambizioni imperiali degli autocrati: anzi, il conflitto sarà lungo. Per ora, dice Molinari, la Nato considera la Russia un nemico «caldo» e la Cina «un rivale globale di fronte al quale ogni mossa è ragionevole fino alla dimostrazione della sua infondatezza».
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