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Quello che lo scandalo Kanye West può insegnare all'ONU Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Kanye West Gilad Erdan, l'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, ha fatto una battuta illuminante durante un dibattito presso l'organismo internazionale sull'ultimo rapporto della sua Commissione d'Inchiesta su Israele e sui suoi apparentemente irrimediabili reati contro il diritto internazionale. (Il fatto che il nome formale della commissione sia “Commissione d’Inchiesta Internazionale Indipendente delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e in Israele” suggerisce di per sé che è improbabile che le sue conclusioni siano favorevoli, per non parlare neutrali, nei confronti del Stato ebraico.) Riferendosi alle dichiarazioni visceralmente antisioniste e spesso antisemite dei membri della commissione - la fandonia secondo cui Israele è uno Stato di “apartheid”, l'affermazione che Israele non dovrebbe essere autorizzato a partecipare all’organismo delle Nazioni Unite - Erdan ha detto ai delegati dell’assemblea che “forse le Nazioni Unite potrebbero imparare dall'Adidas quando si tratta di ingaggiare spudorati antisemiti!” Questo, ovviamente, era un riferimento alla decisione dell'azienda di abbigliamento sportivo di recidere i legami con Kanye (‘Ye’) West a causa dei ripugnanti commenti antisemiti dei rapper. Ma Erdan non doveva citare solo Adidas; Foot Locker, Gap, Balenciaga, Def Jam e una miriade di altre compagnie nel campo della musica, dello sport e della moda hanno tutte troncato i ponti con West a causa delle sue esplosioni di odio, mentre giovedì scorso una sua visita non autorizzata agli uffici della Skechers a Los Angeles si conclude con lui che viene scortato fuori dall'edificio. “Condanniamo i suoi recenti commenti divisivi e non tolleriamo l'antisemitismo né qualsiasi altra forma di incitamento all'odio”, questa è stata la dichiarazione chiara e gratificante del produttore di calzature, e per completare il discorso ha aggiunto: “Vogliamo sottolineare ancora una volta che West si è presentato senza preavviso e senza invito.” Nell'arco di due settimane, l'immagine di West si è spostata da quella di rapper e guru della moda con opinioni eccentriche e spesso sgradevoli, a un vero e proprio razzista e fanatico che in passerella indossa magliette con la scritta “White Lives Matter”, che ostentatamente celebra le sue opinioni violentemente antisemite e flirta con l'ideologia neonazista e suprematista bianca. Nel processo, West ha perso tutte le sponsorizzazioni sopra menzionate, più molte altre, ed a un certo punto, disse piagnucolando di aver perso 2 miliardi di dollari in un solo giorno. Si può solo sperare che quella particolare affermazione sia vera. È francamente doloroso osservare il contrasto tra la velocità con cui il settore privato si è mosso per condannare l'antisemitismo di West e l'ostinata persistenza di nozioni obsolete, inutili e antisemite su Israele alle Nazioni Unite. E ci obbliga a chiederci perché le multinazionali affermate con migliaia di dipendenti sono comunque piuttosto agili a denunciare l'antisemitismo in modo tempestivo, mentre i governi riuniti presso l'edificio delle Nazioni Unite a Manhattan approvano con entusiasmo o chiudono stancamente gli occhi di fronte all'ostilità di lunga data e programmata di quell’organismo nei confronti dell'unico Stato ebraico del mondo. Ci sono diverse risposte possibili, ma voglio porne l’accento su una. È in qualche modo ironico, ma le società private, che rispondono ai loro azionisti e fondamentalmente sono focalizzate sui loro profitti, sembrano comunque essere più aperte e flessibili delle Nazioni Unite, la cui Dichiarazione Universale sui Diritti Umani contiene molti principi che sono stati violati dai commenti di West . Le burocrazie del settore pubblico, di cui l'ONU è un esempio internazionalizzato, sono notoriamente resistenti al cambiamento, anche quando è sventolato davanti ai loro nasi. Inoltre, nel caso dell'ONU, l'antisionismo ha avuto una posizione privilegiata nelle sue deliberazioni sul Medio Oriente da quasi 60 anni. Questa combinazione di inerzia burocratica, fanatismo ideologico, mancanza di responsabilità pubblica e immunità dalla pressione dei consumatori, assicura che l'ONU continuerà a considerare i suoi critici come profondamente fuorviati e il proprio comportamento come impeccabile, fino a quando non sarà costretta a fare altrimenti.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate
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