Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/10/2022, a pag. 17, con il titolo "La Cina: 'Sostegno a Mosca rafforzi la sua potenza' " la cronaca di Gianluca Modolo.
Nel giorno in cui il leader cinese Xi Jinping manda messaggi all’America che suonano come una distensione dei rapporti tra Pechino e Washington - «In qualità di grandi potenze, Cina e Stati Uniti dovrebbero rafforzare la comunicazione e la cooperazione per contribuire a fornire stabilità al mondo, che oggi non è né pacifico né tranquillo» - il suo ministro degli Esteri Wang Yi, in odore di promozione per diventare il nuovo super capo della diplomazia mandarina, in una telefonata con l’omologo russo Sergej Lavrov riafferma la partnership strategica con Mosca. E pure qualcosa di più. La guerra in Ucraina e le «questioni internazionali» sono relegate alle ultime righe del comunicato, senza entrare nel merito, ma Wang ribadisce che tra i due Paesi c’è un «alto livello di fiducia e sostegno reciproci». Aggiunge pure che la Cina «sosterrà fermamente la parte russa, sotto la guida del presidente Vladimir Putin, affinché guidi il popolo russo a superare le difficoltà, elimini le ingerenze esterne, raggiunga gli obiettivi di sviluppo strategico e affermi ulteriormente lo status della Russia come grande potenza sulla scena internazionale ». Sostegno che è stato fin qui, in questi mesi di guerra, retorico, anti- Nato e anti-occidentale, e che l’Occidente spera non si trasformi in sostegno, invece, pratico. «È un diritto legittimo della Cina e della Russia raggiungere il proprio sviluppo e la propria rinascita, che è pienamente in linea con il trend dei tempi - continua Wang - e qualsiasi tentativo di bloccare i progressi non avrà successo. La Cina è disposta ad approfondire i contatti con la controparte per promuovere le relazioni e la cooperazione in vari campi a un livello più alto, che porterà maggiori benefici ai due Paesi e fornirà maggiore stabilità a un mondo instabile». Lavrov ringrazia. Ma soprattutto Putin sottolinea che «Taiwan è parte della Cina » e che le visite di esponenti Usa nell’isola sono da considerare «provocazioni». «Il fondamento della loro relazione è l’avversità verso l’Occidente. E a causa dei loro confini condivisi Mosca e Pechino devono mantenere il loro rapporto nella giusta direzione. La Russia è l’unica altra potenza che condivide la stessa visione del mondo di Pechino», raccontava a Repubblica qualche giorno fa Jude Blanchette, del Csis. «La Cina preferirebbe che il conflitto in Ucraina finisse il prima possibile visto che anche lei ne sta risentendo - per questo il messaggio di Xi a Putin il mese scorso a Samarcanda è stato: finisci il lavoro, vinci la guerra». Xi ha bisogno di un Putin vincente. O quantomeno non umiliato. Se Pechino abbandona la Russia, Mosca serberebbe rancore nei confronti del vicino per decenni, creando un incubo strategico per la Cina, che si troverebbe a confrontarsi con gli Stati Uniti sul fronte del Pacifico e con la Russia ai suoi confini settentrionali. La linea rossa è, però, l’uso dell’arma nucleare. «Se Mosca decide di usarla, difficilmente la Cina potrà mantenere la posizione adottata finora. Pechino dovrebbe chiarire al Cremlino che l’uso di armi nucleari metterebbe la Cina in una situazione molto difficile«, scrive in un editoriale sulFinancial Timesl’ex colonnello dell’esercito cinese Zhou Bo. «Una dichiarazione congiunta tra Pechino e Kiev del 2013 ha stabilito che la Cina non utilizzerà o minaccerà di utilizzare armi nucleari contro l’Ucraina e, cosa più importante, fornirà garanzie di sicurezza in caso di minacce di questo tipo da parte di terzi».