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Il Mattino Rassegna Stampa
12.03.2003 Intervista a Ehud Gol
Onu, Iraq, Stati Uniti, Palestina: ne parla Ehud Gol, ambasciatore di Israele in Italia

Testata: Il Mattino
Data: 12 marzo 2003
Pagina: 1
Autore: Vittorio Dell'Uva
Titolo: «INTERVISTA A EHUD GOL, AMBASCIATORE DI ISRAELE IN ITALIA»
Segnaliamo ai nostri lettori un' intervista ad Ehud Gol, ambasciatore di Israele in Italia, pubblicata su Il Mattino del 12 marzo 2003:

Saddam Hussein, Osama Bin Laden e Yasser Arafat sono da mettere sullo stesso piano. E come tali vanno neutralizzati. A fare di tutta l’erba un fascio, con qualche forzatura di carattere storico e militare, è Ehud Gol, ambasciatore di Israele in Italia, dal quale giunge, nel corso di una sua visita a Napoli, anche un severo giudizio sulle Nazioni Unite a suo parere piuttosto inquinate in tema di rappresentanze. «La maggioranza dei Paesi presenti all’Onu, che non è da considerarsi un organismo sacro, è gestito da regimi totalitari non democratici e privi di valori morali», dice tranciante.
Cominciamo da Saddam, ambasciatore. Non c’è proprio nessuna alternativa alla guerra?
«Israele è sempre stata a favore della pace. Anche se "fredda" come quella che caratterizza i nostri rapporti con l’Egitto. Ma l’Iraq è una minaccia con le sue armi chimiche biologiche e nucleari. È necessario ricordare che Saddam ha invaso il Kuwait, massacrato i curdi e lanciato contro di noi 39 missili Scud durante la guerra del Golfo».
Gli ispettori dell’Onu non hanno però trovato armi biologiche. Israele stesso distrusse nell’81 un impianto nucleare dell’Iraq. Forse la minaccia ha oggi una minore portata.
«Sappiamo che è necessario distruggere il potenziale bellico iracheno. È importante che il mondo sia sottratto alla minaccia di dittatori pericolosi».
Include nell’elenco anche Yasser Arafat?
«Certo. Arafat vuole essere l’ultimo rivoluzionario, per questo non si è mai pronunciato contro il terrorismo che noi dobbiamo assolutamente sradicare. Dal ’93 al Duemila, quando non eravamo presenti con le nostre truppe nei Territori e la seconda Intifada non era ancora iniziata, non ha contribuito a smantellare Hamas né la Jihad islamica. Oggi Tanzim e le Brigate Al Aqsa sono espressioni del suo movimento Al Fatah. Non vuole due Stati perchè pensa ancora che Israele possa scomparire».
Eppure non c’è attentato contro i civili che Arafat non abbia condannato. E dallo statuto dell’Olp è scomparsa da anni la formula che prevedeva la distruzione di Israele.
«Arafat ha due linguaggi. Uno riservato agli occidentali, in cui condanna il terrorismo, e l’altro in arabo, con cui infiamma i palestinesi. Con il suo atteggiamento è stato la grande delusione della sinistra israeliana che pure era pronta a grandi concessioni durante gli ultimi colloqui di Camp David. In quella occasione avevamo offerto il 97% dei Territori e una soluzione che prevedeva anche che Gerusalemme Est diventasse capitale del futuro Stato palestinese».
Impegni che però non furono messi su carta.
«Erano stati presi, ma Arafat preferisce l’arma del terrorismo. Abbiamo le prove che ha finanziato i gruppi eversivi. Fino a due mesi fa ancora controllava pienamente Gaza. Con lui non si può dialogare. Il problema dei palestinesi è che hanno avuto come leader Arafat, mentre nella nostra storia c’è stato Ben Gurion».
Forse qualcosa cambia con la designazione di Abu Mazen a primo ministro palestinese. Israele lo ritiene affidabile?
«Di più, è un amico, un moderato, le cui mani non si sono macchiate di sangue».
E con il quale avete già avuto in passato incontri segreti.
«Sì è stato in contatto con molti leader israeliani. Non è un dogmatico, ma un democratico. Può cambiare drasticamente la politica della Autorità nazionale palestinese caratterizzata dalla corruzione».
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