Due che non c'entrano niente Perchè pubblicare una foto di Arafat con Abu Mazen in un servizio dove loro due non c'entrano niente?
Testata: La Stampa Data: 11 marzo 2003 Pagina: 5 Autore: Emanuele Novazio Titolo: «In Iraq non si può imporre la democrazia»
A pagina 5 de La Stampa è pubblicato un articolo di Emanuele Novazio che descrive l'incontro a Palazzo Giustiniani con Bernard Lewis, il massimo studioso di storia mediorientale vivente, il quale fa delle affermazioni estremamente importanti sull'attuale situazione Iraq-Israele-Occidente. Riportiamo l'articolo chiedendoci però perchè sia accompagnato da una foto di Arafat a braccetto con Abu Mazen, un' immagine che ci presenta ancora una volta il vecchio Raiss non nella sua abituale veste di comandante del terrorismo ma in quella di un normale e tranquillo congressista. Lewis parla di Arafat solo nell'ultima parte del suo articolo ed in maniera estremamente marginale. Perchè allora non scegliere una foto di Bernard Lewis?Possibile che non ci fosse nessun fotografo in un incontro così importante al Senato? Visto che Emanuele Novazio non protesterà sicuramente contro il suo direttore lo faremo noi per lui. Ecco il testo. La guerra porterà la democrazia in Iraq o favorirà la costituzione di una grande alleanza arabo-musulmana contro l´Occidente? Alla domanda che tutto il mondo si pone, nelle ore decisive per la crisi irachena, Bernard Lewis risponde con un sorriso spento: «Non credo che la democrazia possa essere imposta, la forza può essere usata soltanto per cacciare regimi totalitari. E poi la democrazia non può essere che un processo graduale, altrimenti si corre il rischio di uccidere il paziente. La democrazia non la si può improvvisare, al massimo le si può spianare la strada». Il massimo studioso di storia mediorientale, professore emerito alla Princeton University, ha appena concluso la sua conferenza su «Democrazia e Medio Oriente» a Palazzo Giustiniani, su invito del presidente del Senato Marcello Pera. Davvero democrazia e Corano sono incompatibili?, gli viene chiesto. «Il fondatore dell´Islam, Maometto, era un governante: nell´Islam c´è fin dall´inizio una compenetrazione fra Stato e religione, nell´Islam classico non esistono leggi separate per lo Stato», è la risposta: da questo punto di vista, l´Iran khomeinista ha compiuto «una cristianizzazione nelle istituzioni». Ma il Corano apre anche uno spiraglio: «Contiene elementi che possono condurre al rafforzamento delle istituzioni democratiche: la religione per esempio non è obbligatoria e l´Islam non ammette un governo dispotico-dittatoriale». Nella realtà le cose stanno diversamente. «Certo l´Islam non favorisce direttamente la democrazia, oggi, anche perchè sconta la grande difficoltà della compenetrazione fra Stato e "Chiesa", fra Stato e religione. Ma nelle sue tradizioni ritroviamo questi elementi incoraggianti». La guerra all´Iraq potrebbe dunque far nascere il desiderio di democrazia, fra le popolazioni dei Paesi arabi? Lewis smorza: «E´ molto difficile capire che cosa pensa la gente in Stati governati da dittatori», risponde, sottolineando che dei cinquanta Paesi nei quali è suddiviso il mondo musulmano soltanto uno, la Turchia, è una democrazia, sia pure imperfetta. Ma il Medio Oriente musulmano può essere suddiviso in due zone principali, dal punto di vista dell´atteggiamento verso l´Occidente: ci sono i Paesi con governi amici nei quali la popolazione è ostile (gli autori delle stragi dell´11 settembre provenivano da Egitto e Arabia Saudita). E ci sono Paesi con governi ostili nei quali la popolazione «guarda all´Occidente come alla liberazione» (è il caso dell´Iran e forse dell´Iraq): «Una situazione, quest´ultima, che apre certamente una finestra di opportunità», anche se «dopo la caduta dei tiranni in questi Paesi ci sarà una fase di intervallo» prima dell´avvento della democrazia. Nonostante le perplessità resta la speranza che l´Iraq abbracci in fretta la democrazia, dunque? «L´Iraq ha fatto buon uso, in passato, dei suoi proventi petroliferi: ha favorito l´istruzione, anche quella femminile, e ha sviluppato infrastrutture, tutti traguardi poi disattesi dal tiranno». Qualcosa però è rimasto: «Nel Paese esiste ancora una classe media istruita che capisce che cos´è la democrazia. E nonostante le critiche che si sta attirando, esiste anche un´opposizione in esilio che sarà capace di governare». E Israele? Che ruolo esercita sul mondo arabo la democrazia israeliana, di stimolo o ripulsa? «Israele fornisce alle dittature arabe il ruolo del nemico del quale hanno bisogno come valvola di sfogo. Che cosa sarebbe per esempio di Arafat, senza il nemico israeliano? Il leader dell´Anp diventerebbe un piccolo dittatore di un piccolo Stato, e il mondo gli chiederebbe conto delle condizioni del suo popolo». Ma Israele è altro, nella geografia politica del Medio Oriente: «E´ una democrazia imperfetta, ma è una democrazia che funziona e che può servire da richiamo: in Giordania centinaia di studenti studiano l´ebraico moderno per poter seguire in tv le baruffe alla Knesset, il parlamento di Gerusalemme». Soltanto un esempio, ma «incoraggiante». Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com a porre questa domanda alla redazione de La Stampa. Alleghiamo anche, per una maggior informazione, l'e-mail inviata a Marcello Sorgi, direttore de La Stampa da Angelo Pezzana. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
Gent. Direttore, Le sarò grato se mi vorrà spiegare il motivo per cui ad illustrare l'ottimo servizio di Emanuele Novazio sull'incontro al Senato con Bernard Lewis, è stata pubblicata una fotografia con Yasser Arafat insieme ad Abu Mazen. Non era meglio pubblicare la fotografia del padrone di casa Marcello Pera insieme a Bernard Lewis? Oppure anche soltanto quella di Bernard Lewis che, tra l'altro, è il più famoso islamista vivente? La mia non è soltanto la curiosità di un lettore attento ma è anche la richiesta di un lettore che troppe volte vede pubblicato sul suo giornale immagini di Arafat che poco o nulla hanno a che fare con gli articoli confinanti. E che troppo spesso lo propongono ai lettori in una veste che non è quella dell'organizzatore del terrore ma del "buon vecchio Abu Ammar"- come lo definisce il suo cantore italiano Igor Man. Come si dice in questi casi, so bene che la mia lettera non verrà pubblicata. Me ne dolgo ma non mi stupisco. E' davvero un'occasione perduta quella di un'informazione corretta a pagina 5 de La Stampa di oggi, martedì 11 marzo 2003. Cordiali saluti, Angelo Pezzana