Le donne iraniane umiliate e uccise Cronaca di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 19 ottobre 2022 Pagina: 15 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Elnaz e Asra, giovani ribelli d’Iran umiliate o uccise per la libertà»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/10/2022, a pag.15, con il titolo "Elnaz e Asra, giovani ribelli d’Iran umiliate o uccise per la libertà", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Ali Khamenei - le proteste delle donne iraniane
Succede tutto la mattina del 13 ottobre. Sono settimane che dall’Iran arrivano immagini di ragazze ribelli che protestano nelle aule, si tolgono il velo, alzano il dito medio all’indirizzo di Khamenei: intollerabile, per la Repubblica Islamica. Agenti in borghese cominciano a rastrellare gli studenti nelle scuole di Ardabil, una città a maggioranza azera nel Nord Ovest dell’Iran, per costringerli a partecipare a un corteo pro-governativo. Ci sono anche le studentesse della scuola femminile Shahed, c’è anche Asra Panahi, 16 anni. Molte si ribellano, rifiutano i canti patriottici e cominciano a scandire le parole d’ordine del movimento nato in risposta alla morte di Mahsa Amini: “Morte al dittatore”, “Donna, vita, libertà”. La polizia reagisce. «Hanno lanciato gas lacrimogeni, strattonato, picchiato », denuncia il Consiglio di coordinamento degli insegnanti iraniani: Panahi viene colpita e muore in ospedale poco dopo. Le autorità negano che ad ucciderla siano state le botte: «aveva problemi di cuore», sostengono. Come Mahsa Amini, 22 anni, deceduta - secondo la polizia - permalattie pregresse, o come Nika Shakarami, 16 anni, che sarebbe caduta da un palazzo, o come Sarina Esmailzadeh, 16 anni, che «si è suicidata». È la verità del governo, opposta a quella delle famiglie delle vittime, degli attivisti, delle Ong che da più di un mese denunciano la repressione in corso in Iran. È una battaglia per il controllo delle informazioni che si combatte nelle strade e in tv, sui social, nelle chat. Ieri un post di scuse su Instagram dell’atleta Elnaz Rekabi non ha fatto che far aumentare la preoccupazione per le sorti della campionessa di arrampicata. Rekabi aveva partecipato ai Campionati asiatici di scalata a Seoul con i capelli scoperti, sfidando le regole della Repubblica Islamica che impongono anche alle sportive di indossare l’hijab: una scelta, la sua, interpretata da molti iraniani come un gesto di sostegno e solidarietà nei confronti delle manifestazioni. La famiglia e gli amici di Rekabi avevano perso i contatti con lei lunedì. Portata nell’ambasciata iraniana a Seul,le sono stati sequestrati telefono e passaporto. Secondo fonti dell’opposizione ora rischierebbe l’arresto. Ieri l’ambasciata iraniana ha detto che l’atleta è tornata nel Paese, smentendo quelle che definisce «le notizie false, le bugie e le informazioni false sulla signora Elnaz Rekabi». Poco dopo, la ragazza ha pubblicato un messaggio di scuse sul suo profilo Instagram: «Mi dispiace per le preoccupazioni che ho suscitato. Mi hanno chiamata a scalare all’impprovviso e il mio abbigliamento ha avuto un problema, non è stato intenzionale». Ma pochi in Iran credono a questa versione.
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