Iran, Cina, Russia: il crepuscolo delle dittature Analisi di Bernard Guetta
Testata: La Repubblica Data: 18 ottobre 2022 Pagina: 24 Autore: Bernard Guetta Titolo: «Il crepuscolo delle dittature»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 18/10/2022, a pag. 24, con il titolo "Il crepuscolo delle dittature", il commento di Bernard Guetta.
Bernard Guetta
Ecco: adesso, subito, è giunto il momento di uscire da questa assurdità che tutti contestano. Non è la democrazia a indebolirsi mentre i regimi autoritari si vanno affermando. Oggi non è l’arbitrio a dimostrarsi superiore allo Stato di diritto. No, è vero l’esatto contrario. Apriamo gli occhi e osserviamo bene i fatti. L’Iran, prima di tutto. Si tratta di un Paese nel quale tutto il potere compete a una Guida suprema, un religioso nominato dai Guardiani della Rivoluzione, e nelle cui mani si accentra il nocciolo duro delle forze armate e delle ricchezze della nazione. Gli unici candidati alla presidenza e al parlamento per i quali possono esprimere le loro preferenze gli elettori iraniani sono quelli approvati dalla teocrazia. Legittimata dalla religione, la dittatura iraniana è ancora più assoluta di quella cinese, ma con quale bilancio? Ormai, non vi è più una regione, una generazione o un ambito professionale che non si stia rivoltando contro quel regime. L’Iran protesta da un mese e niente sembra poter fermare la ribellione di quel popolo, né le cariche con pallottole vere, né gli stupri perpetrati tra i camion della polizia. Scatenato dall’assassinio di una giovane donna accusata dalla polizia di indossare il velo in modo poco pudico, questo movimento di indignazione popolare si sta trasformando in rivoluzione perché gli iraniani non ne possono più di essere governati da inetti aggrappati a un passato ormai lontano mentre loro vivono in Rete, sintonizzati con l’Occidente e l’hi-tech, e nella vita di coppia le donne hanno imposto da tempo un tasso di natalità equiparabile a quelli europei. Sotto il velo, l’Iran è entrato in questo secolo. Sotto il velo, questo Paese – i cui film raccontano tutta la modernità – aspira alla libertà e, se anche la violenza della repressione riuscisse temporaneamente a piegarlo, il bilancio dei mullah non si limiterebbe in ogni caso a un fallimento economico, morale e politico. Per la superiorità della dittatura c’è di meglio. Ma che dire della Cina? In Cina regna l’ordine, tanto serenamente impeccabile quanto l’abbigliamento dei duemila delegati al Congresso del partito. Tuttavia, dietro quella facciata, la realtà è ben diversa. Come i bolscevichi russi dopo la loro Nuova politica economica degli anni Venti, Xi e i suoi collaboratori sono spaventati dallo sviluppo del settore privato e dalle bolledi diversità di cui Xi è stato latore. Hanno cambiato rotta, hanno riportato al centro il processo decisionale, hanno rinazionalizzato l’economia ed eliminato tutti i loro oppositori nel nome della lotta alla corruzione. La Cina ha compiuto un balzo indietro così grande che il suo tasso di crescita non è più, e di molto, il più alto in Asia. La politica dello zero Covid e i suoi isolamenti di massa per altro non hanno risolto nulla, mentre l’immenso settore immobiliare rischia di fallire da un momento all’altro, la popolazione si riduce e all’industria e al pagamento delle pensioni inizieranno a mancare le braccia. Davanti ai suoi delegati, Xi proclama la superiorità del suo modello, ma anche lui potrebbe trovarsi ben presto in cattive acque perché, alla resa dei conti, per definizione l’autocrate è tenuto a rispondere di tutto. Ed è Xi, e lui soltanto, ad aver legato il suo regime alla più traballante delle dittature, quella di Mosca, quella che ha destabilizzato l’economia mondiale facendo guerra all’Ucraina e rallentando gli scambi commerciali internazionali da cui la Cina dipende in sì grande misura. Ed è Xi, sempre lui, ad aver proclamato “un’amicizia senza limiti” tra la dittatura cinese e quella russa. Ed è ancora Xi ad aver scommesso su questa guerra, perché essa avrebbe dimostrato – così credeva – la decadenza dell’Occidente: invece, a otto mesi di distanza, si va evidenziando la debolezza strutturale delle dittature. Come altro spiegare il fallimento dell’aggressione russa? Come è possibile che il Paese più grande del mondo faccia fiasco alle prese con la resistenza ucraina se non perché Vladimir Putin ha deciso tutto da solo e nessuno ha più osato sollevare la minima obiezione, e la sua realtà è stata l’unica a essere imposta a tutto il suo apparato e agli stessi militari ai quali non è stato consentito esporre i pericoli della sua guerra? Non è ancora giunto il momento di pronosticare il collasso simultaneo dei regimi di Iran e Russia e il conseguente indebolimento che la perdita di questi due alleati provocherebbe a Pechino. È prematuro, certo, ma che dire della forza delle dittature e della debolezza delle democrazie? Apriamo gli occhi e osserviamo bene.
(Traduzione di Anna Bissanti)
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