Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/10/2022, con il titolo "Riccardi: 'La pace non è filo-putiniana. Sì alle armi a Kiev' " l'intervista di Giovanna Casadio.
Giovanna Casadio
Andrea Riccardi
«La pace non è una parola filo putiniana». Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio, ex ministro, storico, invita a muoversi per la pace. Sull’invio di armi all’Ucraina, che è il punto di frattura e divisione nel movimento pacifista e tra i partiti del centrosinistra, ragiona: «L’invio di armi è giusto perché aiuta Kiev a difendersi, però crea solo un equilibrio nel conflitto, mentre ci vuole qualcosa in più, ci vuole la diplomazia della pace ». Alla vigilia dell’incontro interreligioso a Roma dal 23 al 25 ottobre, ammette: le parole del Papa sono inascoltate, anche da Zelensky.
Professor Riccardi, mentre il popolo ucraino è massacrato da Putin, quale peso possono avere le manifestazioni pacifiste? «Quando parlo di pace ho in mente soprattutto il popolo ucraino bombardato. Penso ai 7 milioni di ucraini, la più gran parte donne e bambini, che hanno lasciato il Paese e sono diventati profughi nel mondo; penso a questa nazione che rischia di essere distrutta. Quando invochiamo la pace, non posso sentire dire che è una parola filo putiniana. Basta direpace per indicare come la guerra che la Russia sta facendo all’Ucraina sia qualcosa di terribile. Dico pace perché la pace deve essere un obiettivo che ci poniamo con forza, perché la parola pace non sia espunta dal vocabolario».
Giovanni XXIII nel 1962 riuscì a mediare nella crisi dei missili di Cuba tra Unione sovietica e Usa. Adesso dobbiamo riporre in Francesco la speranza? «Due settimane fa all’Angelus Papa Bergoglio ha lanciato un grande messaggio equilibrato e realista, indicando la via di pace. Krusciov e Kennedy colsero l’appello di Giovanni XXIII per trovare un’intesa. La voce di Papa Francesco oggi sembra inascoltata. Dopo le parole del Papa, a Kiev è stato emanato un decreto in cui si vieta di negoziare con i russi. Non ho visto da nessuna delle parti il desiderio di trovare una strada di pace. E sono molto preoccupato perché nel mondo post globalizzato, le guerre hanno una fisionomia particolare: si eternizzano. La guerra in Siria è cominciata nel 2011 e ancora non si conclude. Quella guerra è stata laboratorio del conflitto in Ucraina; i metodi brutalidelle forze armate russe in Ucraina sono stati sperimentati ad Aleppo in Siria. In Libia c’è un conflitto che non accenna a risolversi. Sono Paesi dissanguati, in cui i bambini nascono e crescono con la guerra e nella guerra. Parlare di pace non è buonismo, ma provare a sollecitare un dopo e oltre».
La politica mira a cavalvare le diverse piazze per la pace? «Penso a Ucraina e Siria e non sto aanalizzare gli orientamenti delle piazze. Finora non sono fiorite, piuttosto. L’opinione pubblica è stata anestetizzata. La complessità dei problemi internazionali fa sì che gran parte dei cittadini si sentano impotenti, in realtà bisogna essere in gioco. L’accoglienza dei rifugiati siriani ha diviso l’Europa, ad esempio. Non c’è splendido isolamento che tenga».
Lei in quale piazza per la pace andrà? «Andrò alla manifestazione nazionale che si terrà a novembre. Ma credo che l’importate sia esprimere il desiderio di pace».
La frattura tra i pacifisti è sull’invio di armi a Kiev. L’Ucraina va riarmata? «Aiutare Kiev a difendersi ritengo sia giusto, ma non risolve il problema: si crea solo un equilibrio nel conflitto. Bisogna smarcarsi da una logica di guerra. Ci vuole la diplomazia. Non lo dice solo il Papa ma anche Kissinger. Il dialogo non può essere lasciato all’escalation della propaganda di guerra».
L’Europa cosa fa? «Pochino. Invece deve lavorare in questo senso. Ci vuole una immaginazione creativa per uscire da questo conflitto. Sembra impossibile adesso, ma la pace non è mai impossibile. Dobbiamo raggiungere l’irraggiungibile. Di fronte alla minaccia atomica, serve una politica di pace».
E il centrosinistra? «Il centrosinistra è attraversato da un processo di ripensamento che non so dove arriverà. Ora mi occupo di Ucraina e Siria».
L’incontro che la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato a Roma dal 23 al 25 ottobre e che si concluderà con la preghiera del Papa al Colosseo, a cui parteciperanno i presidenti Mattarella, Macron e Bazoum, è una kermesse religiosa o un laboratorio geo politico? «È lo spirito di Assisi: le religioni una accanto all’altra che pregano per la pace. La forza della preghiera e la forza debole delle religioni ridà spessore umano alla pace».
Sulla scena internazionale anche adesso chi sta sbagliando di più? «Sempre la Russia. Noi europei mostriamo la nostra fiacchezza e le divisioni».
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