|
| ||
|
||
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/10/2022, a pag. 2, con il titolo ''I Grandi in aiuto di Kiev, Lavrov apre ai negoziati", la cronaca di Stefano Montefiori.
La riunione in videoconferenza dei leader del G7 più il presidente ucraino Zelensky e i due rappresentanti dell’Unione Europea (von der Leyen e Michels) ha mostrato la compattezza e la determinazione dell’Occidente di fronte al «cambiamento profondo della guerra», come il presidente francese Macron ha definito i bombardamenti indiscriminati sui civili ucraini, continuati anche ieri dopo lunedì con un totale di circa 100 missili. Zelensky ha chiesto uno scudo aereo che protegga il suo Paese dai bombardamenti russi, e gli alleati sembrano cominciare a fornirglielo. L’Ucraina ha ricevuto già ieri il primo dei quattro sistemi Iris-T promessi dalla Germania per intercettare e distruggere i missili lanciati dalla Russia, e altre unità anti-aeree sono in arrivo dagli Stati Uniti. «Quando l’Ucraina riceverà una quantità sufficiente di sistemi di difesa aerea moderni ed efficaci, l’elemento chiave del terrore russo, gli attacchi missilistici, cesserà di funzionare», ha detto il presidente ucraino, chiedendo ai leader del G7 un maggiore contributo su questo fronte. Seguendo uno schema ormai consueto in questi otto mesi di guerra, Zelensky ha ringraziato gli occidentali per l’aiuto finanziario, economico, militare e morale, ma non ha potuto fare a meno di chiederne ancora: più aiuti e più in fretta, perché la Russia continua a uccidere e «Putin è alla fine del suo regno ma ha ancora la possibilità di andare avanti sulla via dell’escalation», ha detto il presidente ucraino. «Vi chiedo di rafforzare lo sforzo generale per aiutare finanziariamente la creazione di uno scudo aereo per l’Ucraina», ha concluso Zelensky, «milioni di persone saranno grate al G7», il gruppo costituito da Stati Uniti, Canada, Giappone, Germania, Francia, Italia e Regno Unito. Con i missili lanciati sulla capitale Kiev, su Lviv (la grande città più vicina al confine polacco e quindi all’Unione europea) e sul resto dell’Ucraina, il presidente Putin è riuscito a interrompere un corso della guerra che nelle ultime settimane sembrava fatto quasi solo di successi militari ucraini: dall’avanzata a Sud e Est con la riconquista di parte dei territori invasi dai russi al crollo parziale, domenica, del ponte che unisce la Crimea alla Russia, durissimo colpo al prestigio personale di Putin che lo inaugurò nel 2018. La risposta del presidente russo con le bombe sui civili e sulle infrastrutture energetiche ucraine è definita un «crimine di guerra» nella dichiarazione finale in 13 punti, mai così dura. «Non riconosceremo mai il tentativo di annessione illegale delle regioni ucraine» e «condanniamo l’irresponsabile retorica nucleare della Russia, che compromette la pace e la sicurezza internazionali. Qualsiasi uso di armi chimiche, biologiche o nucleari da parte della Russia avrebbe gravi conseguenze». Il G7 poi denuncia la complicità della Bielorussia — che potrebbe cedere alle richieste di Mosca e partecipare direttamente al conflitto — minacciando di ulteriori sanzioni anche Minsk. «Il nostro obiettivo deve essere la pace, ma una pace che sia giusta e voluta dall’Ucraina», ha detto il premier italiano Mario Draghi nel corso della riunione. Quanto alla crisi energetica, «siamo riusciti a diversificare le nostre fonti e a diventare sempre più indipendenti dal gas russo. Tuttavia, i prezzi sono ancora troppo alti, è un problema che dobbiamo affrontare uniti», ha aggiunto Draghi. Sul fronte diplomatico domani è previsto un incontro in Kazakhstan tra Putin e il presidente turco Erdogan, che dall’inizio della guerra osserva una sorta di neutralità nonostante la Turchia faccia parte della Nato schierata a favore dell’Ucraina. La Russia poi non esclude in linea di principio un eventuale incontro tra Putin e il presidente americano Biden, se fossero gli Usa a chiederlo, dice il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, La Francia intanto ha deciso di rafforzare il fianco Est della Nato inviando altre truppe, tank e armi in Romania e nei Paesi baltici.
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
lettere@corriere.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |