domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
11.10.2022 Usa: Zelensky, di cosa hai bisogno?
Analisi di Cecilia Sala

Testata: Il Foglio
Data: 11 ottobre 2022
Pagina: 1
Autore: Cecilia Sala
Titolo: «Da Kyiv a Washington»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/10/2022, a pag.1, con il titolo "Da Kyiv a Washington", l'analisi di Cecilia Sala.

Cecilia Sala (@ceciliasala) | Twitter
Cecilia Sala

Le purghe di Zelensky scuotono Kiev: cacciati giudici e capi dei servizi -  la Repubblica
Volodymyr Zelensky

Roma. “Ragazza mia, perché hai i capelli sciolti e le lacrime agli occhi?” è il ritornello di una canzone popolare ucraina che è stata cantata ieri mattina, insieme all’inno nazionale, nella fermata Nyvky della metropolitana-rifugio di Kyiv. Sembra il primo giorno di guerra, con una differenza: gli ucraini non pensano che Vladimir Putin possa vincerla. Il ponte di Kerch, che collega Russia e Crimea, è stato colpito prima dell’alba di un giorno festivo: quando il traffico civile è poco. La capitale ucraina è stata colpita alle otto di mattina di un lunedì, nell’ora di punta, per fare più male possibile. Il presidente della Russia non ha solo sferrato un attacco di cui è impossibile mascherare la crudeltà, ha sprecato una risorsa militare preziosa e ha fatto di più: ha ricucito le crepe tra i suoi nemici. Ricapitoliamo gli ultimi fatti. Mercoledì sera il New York Times pubblica questa notizia: secondo i funzionari degli Stati Uniti (il giornale ha sentito fonti del Pentagono come dell’intelligence), dietro all’autobomba a Mosca che ha ucciso Daria Dugina, ma probabilmente mirava al padre, c’erano pezzi del governo di Kyiv. Gli americani non lo sapevano e se lo avessero saputo lo avrebbero impedito, quando lo hanno scoperto si sono arrabbiati – dicono i funzionari. Autorevoli analisti commentano la rivelazione dicendo: è un avvertimento da parte di Washington e un modo per bloccare una prossima operazione simile. Tre giorni dopo, all’alba di sabato, c’è un’operazione che non può essere definita simile – la Crimea, secondo il diritto internazionale, è parte dell’Ucraina – ma che avviene tremendamente vicino al territorio russo e in un punto sensibile per il Cremlino: il ponte di Kerch che collega la Federazione alla penisola occupata. Mentre il ponte brucia il consigliere di Zelensky Mykhailo Podolyak rivendica, di fatto, l’attacco. Era questo l’evento che gli americani (consapevoli che quel ponte è un obiettivo militare su cui passano armi e munizioni che poi le truppe russe utilizzano contro gli ucraini) in un momento come questo avrebbero preferito fosse evitato? Non lo sappiamo ma, a distanza di poche ore, Podolyak si rimangia la rivendicazione dell’attacco. Ieri nel centro di Kyiv si è aperta una voragine in un parco giochi, c’era un cadavere in mezzo alla strada su un grande viale accanto alle auto saltate in aria di chi si trovava nel traffico per andare a lavoro o portare i figli a scuola. E’ un atto terroristico ma non siamo a marzo, Vladimir Putin oggi sa che queste tecniche non hanno mai funzionato per costringere gli ucraini alla resa: cantano l’inno nazionale mentre lui li bombarda. Il presidente Zelensky esce all’aperto e intanto suona la sirena antiaerea (ieri il lamento è durato per cinque ore, è stato il più lungo di sempre), registra il suo videomessaggio con il telefono davanti al complesso presidenziale: “Questa mattina è difficile. Abbiamo a che fare con dei terroristi. Arrivano decine di missili e i droni iraniani sulle città ucraine”. Piovono settantacinque missili in due ore, quarantuno vengono intercettati dalla contraerea ucraina regalata dagli alleati di Kyiv. Quelli russi sono missili da crociera Kalibr, i migliori nell’arsenale del Cremlino: coprono lunghe distanze e sono quelli che colpiscono in modo più preciso perché contengono una tecnologia avanzata, tra le sanzioni occidentali l’embargo tecnologico è quello che sta mostrando i suoi effetti più rapidamente e sostituire i Kalibr consumati è diventato molto più difficile. Dal punto di vista militare il bombardamento di ieri non ha cambiato lo svantaggio di Putin sul campo e lui ha sprecato un’arma preziosa per colpire statue di poetesse, ponti pedonali dove si va a guardare il tramonto, aiuole con i fiori e civili inermi. Putin non vuole la pace e ieri, oltre ad aver ammazzato dei civili e averne lasciati molti altri senza luce e acqua calda, ha annullato i punti di disaccordo tra l’Ucraina e i suoi alleati. Fino a domenica erano gli occidentali a fare ammonimenti e richieste, oggi l’unica domanda che Joe Biden e i leader europei possono rivolgere a Zelensky è, di nuovo: “Di cosa hai bisogno?”.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT