A Berkeley comandano i nemici di Israele Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 05 ottobre 2022 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Dal 'free speech' al 'Jews free'. Lo strano destino del campus di Berkeley»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 05/10/2022, a pag. 2, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo "Dal 'free speech' al 'Jews free'. Lo strano destino del campus di Berkeley".
Giulio Meotti
Berkeley
Roma. Se non fosse un dramma si potrebbe discutere dell’ironia dei campus che si sforzano di segnalare la virtù progressista dell’“inclusione” in ogni modo, anche il più grottesco, ma che impediscono ai sostenitori dell’unica democrazia del medio oriente di parlare. Eppure è quello che succede a Berkeley, dove nacque il Free Speech Movement nel 1964. Nove diversi gruppi di studenti di giurisprudenza dell’Università della California hanno iniziato il nuovo anno accademico modificando il regolamento per assicurarsi che non saranno mai invitati “oratori che sostengano Israele o il sionismo”. E questi non sono gruppi che rappresentano solo una piccola percentuale della popolazione studentesca. Tra questi ci sono Women of Berkeley Law, Asian Pacific American Law Students Association, Middle Eastern and North African Law Students Association, Law Students of African Descent e Queer Caucus. Il decano della Berkeley Law, Erwin Chemerinsky, un sionista progressista, ha osservato che lui stesso sarebbe stato bandito secondo questo standard, così come il novanta per cento degli studenti ebrei. Gli studenti di giurisprudenza di Berkeley non sono i primi a escludere i sionisti. Alla State University di New York a New Paltz, gli attivisti hanno cacciato due vittime di aggressioni sessuali da un gruppo di sopravvissuti perché “sioniste”. All’Università della California meridionale hanno cacciato dal suo incarico il vicepresidente del consiglio studentesco ebraico Rose Ritch, minacciando di “mettere sotto accusa il suo culo sionista”. A Tufts, hanno cercato di estromettere il membro del comitato giudiziario del governo studentesco Max Price a causa del suo sostegno a Israele. Più della metà degli studenti americani è favorevole al boicottaggio di Israele, rivela un sondaggio del ministero degli Esteri israeliano. “Quand’è che l’antisionismo sfocia in generale antisemitismo?”. La domanda è stata posta su Twitter sabato scorso dalla cantante e attrice americana Barbra Streisand che reagiva alla decisione di diversi gruppi studenteschi dell’Università della California di bandire dal campus i “conferenzieri sionisti”. L’antisemitismo attecchisce come una pianta malefica nella Ivy League – la lega dell’edera delle otto più prestigiose università americane – e nei laboratori delle “equal opportunities” e del ricatto delle minoranze etniche o sessuali. Dopo l’ultimo conflitto a Gaza a Berkeley sono apparse sui muri del campus le scritte “Morte a Israele” e “Uccidiamo tutti gli ebrei”. Poi un altro slogan: “I sionisti dovrebbero essere mandati nelle camere a gas”. “L’apartheid è un crimine contro l’umanità e come leader studenteschi alla Berkeley Law crediamo di avere l’obbligo di agire”, afferma la dichiarazione approvata questa settimana. “Lo stato di Israele è uno stato di apartheid”. Mohammad è il nome più popolare in assoluto dato ai neonati in Israele nell’ultimo anno. Alla faccia del “genocidio palestinese”.
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