Le donne contro i mullah Analisi di Bernard-Henri Lévy
Testata: La Repubblica Data: 05 ottobre 2022 Pagina: 27 Autore: Bernard-Henri Lévy Titolo: «Le donne contro i mullah»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/10/2022, a pag. 27, con il titolo "Le donne contro i mullah", l'analisi di Bernard-Henri Lévy.
Bernard-Henri Lévy
Naturalmente, non finisce qui. Questa soldataglia è pronta a fare qualsiasi cosa per schiacciare la rivolta dei capelli. Questi mullah decrepiti capaci di colpire a morte una donna che porta il velo storto, questi poliziotti col turbante il cui squallore è pari solo al terrore che suscita in loro la vista di un volto femminile, questi serial killer che non lasciano passare un giorno senza che la lista dei loro femminicidi si allunghi, questa volta andranno fino in fondo. L’Iran è sull’orlo del precipizio. Il suo regime è allo stremo, spietato e pronto, se rimane impunito, a versare fiumi di sangue. E scrivo queste righe con timore e tremore, tenendo davanti agli occhi l’ultima foto di Jina Mahsa Amini, la studentessa curda per la quale tutto è iniziato e i cui capelli sono sciolti, per sempre liberi, ma su un letto d’ospedale, accanto a un respiratore impotente a salvarla. E intanto... Le campagne, come le città, in rivolta... Le università di Teheran, non meno del lontano Baluchistan, in fiamme dopo lo stupro di una manifestante da parte di un poliziotto... In 27 province, delle 31 che compongono questo leggendario Paese, si alza il vento della sedizione in solidarietà con Amini e i quasi 100 morti dopo di lei... Ad Ardebil sono le bandiere verdi delle unità antisommossa a ritirarsi nel gioco a nascondino tra la libertà e la morte inflitta loro dagli insorti... È la forza di un movimento in cui la gente si assume tutti i rischi per ottenere non, come nel 2009, la trasparenza di un’elezione; non, come nel 2019, un calo del prezzo della benzina; ma il rovesciamento di un regime di cui improvvisamente non c’è più nulla da salvare. «Baraye », scandiscono i manifestanti. Semplicemente «Baraye », cioè, in italiano, “per” (per la vita, per la libertà, per le donne).
È un 1979 al contrario. È la vera rivolta dello spirito, erroneamente annunciata all’epoca da Michel Foucault. Ed è, in questi giorni terribili in cui il pianeta sta giocando alla roulette russa, il momento ucraino dell’Iran. L’aspetto singolare del momento è il ruolo che vi svolgono le donne. Questi veli che vengono bruciati così come si spezzano le catene. Scene in cui, sfidando manganelli e proiettili, rinascono le capigliature, i volti, la bellezza. Oppure, per le più timide, quel sottile quadrato di stoffa calato sulle tempie, che vola nel vento d’autunno o è così leggero che, nel caso di Amini, il giorno in cui la polizia morale l’ha arrestata, è stato quasi scambiato per i capelli. Quanta strada si è fatta dal velo nero, così severo, di un’altra donna, Sakineh, che l’opinione pubblica mondiale salvò dallalapidazione! L’Iran sta rinascendo grazie alle sue donne. Sono loro che, come i “santi in cielo” diUna stagione all’inferno,hanno l’onore di “curare i feroci infermi”. Ma questa “piramide di martiri” che “affligge la terra”, come ha scritto un altro poeta, non è solo una tomba: è un monumento alla gloria di un popolo preso in ostaggio e che, con una sola voce, esulta per la libertà. Molti si stupiscono del gesto di queste donne, non solo di mostrare i capelli, ma anche di tagliarli. E vedono in esso qualcosa di crudele, di sacrificale, come una violenza fatta alla propria bellezza. C’è anche questo, ovviamente. E anche il ricordo delle rivolte del 2014 quando, in solidarietà con le donne rasate a zero della prigione di Evin, centinaia di loro sorelle compirono questo atto sublime e fatale. Ma quel poco che conosco della letteratura persiana, quella di Hafez, di Rumi o delloShâhnâmeh, ilLibro dei Re, racconta un’altra storia: quella di donne combattenti il cui gesto di tagliarsi i capelli era segno o di un grande lutto, o di una rabbia inestinguibile, o di un imminente combattimento corpo a corpo, come Gordafarid con Sohrab. Una poesia magnifica a sostegno di una scena politica... L’eroismo nutrito da un passato prodigioso...O questo o i mullah che Sadegh Hedayat non esitava a qualificare “teste di cavolo” e che, lasciati a loro stessi, ridurrebbero in cenere una delle grandi civiltà del mondo. L’altra domanda è se il mondo (un po’) libero sarà o meno in grado di mostrarsi, come in Ucraina, e di fronte a un nemico (Khamenei... Putin...) che alla fine è comune, all’altezza dell’evento. Ci vorrà una mobilitazione delle coscienze. L’aumento delle sanzioni richiesto, non senza merito, dai rivoluzionari di Teheran. Espulsioni e richiami di ambasciatori, risoluzioni con conseguenze pratiche del Consiglio di insicurezza dell’Onu. Le mezze femministe dovranno sostenere queste donne per davvero, smettendo di accettare qui forme di sottomissione che dicono di condannare lì. E tutti i Paesi coinvolti dovranno uscire da una “discussione sul nucleare” perché, finché a Qom regneranno gli osceni poliziotti di un pudore pronto ad annegare nel sangue una riga di rossetto, sarebbe una farsa. Niente è più fragile di una tempesta liberatoria. Se dovessimo mancare a questo appuntamento, la speranza sconfitta pianterebbe ovunque, direbbe un altro poeta, la sua bandiera nera. (Traduzione di Luis E. Moriones)
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