Putin sempre più pericoloso Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 04 ottobre 2022 Pagina: 13 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Lo Zar ormai fuori dalla realtà tentato dal bottone rosso»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/10/2022, a pag. 13, con il titolo "Lo Zar ormai fuori dalla realtà tentato dal bottone rosso", l'analisi di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Putin come Hitler?
Bomba o non bomba? Nelle analisi e interviste della maggior parte degli esperti russi - sia dei fedelissimi al Cremlino che dell'opposizione - si parla del ricorso alle atomiche come di una probabilità ormai quasi scontata, dove la domanda è più "quando" che "come", e quasi tutte le interviste e gli streaming su YouTube hanno nel titolo "attacco nucleare". Da quando Vladimir Putin ha minacciato di ricorrere alle atomiche contro l'Ucraina, ribadendo che «non è un bluff», ha smesso di essere un tabù, e l'ex presidente Dmitry Medvedev promette una «bomba nucleare tattica», mentre il leader della Cecenia Ramzan Kadyrov chiede una offensiva che includa «armi nucleari a bassa carica». Una uscita che però ieri il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha liquidato come «molto emotiva», ricordando che «il ricorso della Russia alle armi nucleari è possibile sono in base alla dottrina vigente». Un monito che però più che smentire la prospettiva atomica sembra voler richiamare all'ordine gerarchico il leader ceceno, che aveva già messo in difficoltà il Cremlino con dichiarazioni spavalde come quella di bombardare la Polonia. La dottrina nucleare cui fa riferimento Peskov, oltre a essere piuttosto elastica - autorizza infatti il ricorso alle atomiche in caso di una non meglio precisata «minaccia all'esistenza dello Stato» - viene prodotta e firmata dal presidente. La fiducia verso Peskov, soprattutto dopo la sua decisa smentita della mobilitazione dei riservisti, pochi giorni prima che venisse annunciata da Putin, è pari più o meno a zero e la sua frase segnala nel migliore dei casi uno scontro interno al regime. Kadyrov infatti ha attaccato violentemente i generali russi che continuano a perdere territori ucraini appena "annessi" da Putin, invitando a mandarli in trincea come soldati semplici. Un attacco appoggiato subito anche da Evgeny Prigozhin, il "cuoco di Putin" che sta girando le carceri russe per reclutare detenuti per il suo esercito di mercenari Wagner. La presa di posizione di due uomini che si vantano di avere una posizione privilegiata nel cuore di Putin, e che dispongono ciascuno di un'armata privata molto più efficiente dell'esercito regolare russo, ha innescato uno scontro tra le varie fazioni del Cremlino: propagandisti, militari, funzionari civili della presidenza, servizi segreti, impegnati a scaricarsi la colpa. Il politologo Abbas Galyamov ricorda che storicamente i generali incolpano sempre i politici. Scaricando la colpa invece sui militari, Kadyrov offre una via d'uscita anche a governatori e amministratori regionali costretti a fronteggiare il prima linea lo scontento popolare per l'arruolamento forzato, e l'analista filoputiniano Sergey Markov dice che il leader ceceno è ormai «il politico più popolare dopo Putin». I militari rispondono che Kadyrov «comanda le truppe dal suo divano via Tik-Tok», ma l'esperto militare Yuri Fyodorov ricorda dalle pagine di Novaya Gazeta che «il vero responsabile della sconfitta è il colonello Putin», che ha impedito alle truppe russe accerchiate di ritirarsi nell'idea che la forza di volontà possa sostituire la mancanza di uomini, armi e strategie. Motivo per il quale il politologo Vladimir Pastukhov considera il ricorso all'atomica quasi inevitabile, per tentare di salvare il regime quasi monarchico di Putin. Dopo il discorso pieno di «mania di grandezza mista a mania di persecuzione» l'Occidente non considera più Putin «un interlocutore capace di compromesso», e Volodymyr Zelensky ha formulato chiaramente il messaggio che frulla nelle teste di molti: Kyiv negozierà «soltanto con il prossimo presidente della Russia». Diversi commentatori parlano ormai esplicitamente di un presidente «irrazionale», che quindi rischia di non reagire agli avvertimenti più che espliciti sulle conseguenze di un attacco nucleare, inviati da Washington (e da Pechino) per vie ufficiali e non. Che a questo punto avrebbero come destinatario non tanto Putin quanto quella classe dirigente che con espressione impietrita ha ascoltato al Cremlino le sue dissertazioni sui "satanisti" e i "gender" occidentali che vogliono distruggere la Santa Rus'. Secondo Fyodorov, per ora la minaccia nucleare di Putin è un bluff (altrimenti non specificherebbe che non lo è). Ma la logica della guerra persa lo porterà prima o poi a schiacciare il bottone. A meno che qualcuno - i generali arrabbiati, gli oligarchi disperati, i ceceni ambiziosi - non lo fermi prima. Pastukhov teme che il vertice putiniano sia ormai più simile a una «setta escatologica», ma segnali piccoli e grandi di dissenso vengono lanciati perfino da fedelissimi come Nikolay Patrushev, il potente capo del Consiglio di sicurezza che ha smentito l'affermazione di Putin sui non meglio identificati "anglosassoni" che avrebbero fatto saltare i gasdotti Nord Stream. E Andrey Pyontkovsky - matematico e analista che aveva studiato i modelli di una guerra nucleare già negli Anni 70 - afferma che la chiamata alle armi, che ha spezzato il patto sociale di obbedienza passiva che i russi avevano stretto con Putin, ha scatenato una tale paura e odio da regalare a qualunque suo successore una popolarità e una legittimità insperate. A condizione che fermi la guerra.
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