Le due difficili sfide di Giorgia Meloni Commento di Francesco Guerrera
Testata: La Repubblica Data: 29 settembre 2022 Pagina: 35 Autore: Francesco Guerrera Titolo: «Lezione inglese per Giorgia»
Riprendiamo daREPUBBLICAdi oggi, 29/09/2022, a pag.35 con il titolo "Lezione inglese per Giorgia", l'analisi di Francesco Guerrera.
Giorgia Meloni
Non fatevi ingannare dalla stasi post-elettorale, da quel silenzio snervante che sembra dominare i corridoi romani dopo il ribaltone causato dal voto. Chi ha la voglia e il coraggio di guardare oltre il Transatlantico di Montecitorio può già scorgere nubi nerissime sospese sul nuovo governo (quando nascerà), pronte a far scatenare una tempesta sui politici a caccia di poltrone, sulla fragilissima coalizione di centrodestra e, soprattutto, sull’aspirante premier. Ogni nuovo leader ha un suo battesimo del fuoco ma Giorgia Meloni potrebbe averne ben due: uno economico ed uno geo-politico centrato sulla figura di Matteo Salvini. Il test finanziario si può riassumere con le parole di Meloni stessa: la pacchia è finita. Non, come intendeva lei in un impeto di populismo da comizio, per l’Unione Europea ma per il nostro Paese. Nonostante la tragedie della pandemia e della guerra in Ucraina, il governo Draghi è riuscito a far crescere l’Italia, e ad investire il dividendo di quella crescita per ottenere miliardi dall’Europa, tranquillizzare i mercati e mettere un pò d’ordine nello sconquasso del nostro bilancio. A chiudere questa bella storia è stata, ieri, una stringata tabella contenuta in un grigio documento chiamato Nadef: la crescita del Pil nel 2023 si fermerà allo 0.6%, un crollo rispetto al 2.4% previsto sei mesi fa. Altri segnali sono più incoraggianti, soprattutto la previsione di un calo maggiore del previsto nel deficit, ma un rallentamento di questo tipo, quando l’inflazione è alle stelle, i tassi d’interesse stanno aumentando e l’euro è flebile, vuol dire che il prossimo governo avrà le mani legate. Nessuno sa ancora di che cosa consista la “Melonomics”, né chi sarà il ministro dell’Economia, ma una cosa è certa: la coalizione di governo non si potrà permettere di mantenere gran parte delle promesse fatte in campagna elettorale; dai tagli alle tasse a (forse) il ponte sullo Stretto. E non bisogna scomodare la teoria economica per prevedere le conseguenze di una politica di bilancio dissennata. Basta guardare ad un’altra premier carismatica, ambiziosa ed inesperta: Liz Truss. I folli tagli alle tasse per i ricchi annunciate dalla leader britannica hanno creato una crisi di mercato che ha decimato il valore della sterlina, mandato il mercato delle obbligazioni governative in tilt e costretto la Banca d’Inghilterra ad intervenire per evitare un crac dei fondi pensione. Per ora, gli investitori stanno attaccando Truss e concedendo il beneficio del dubbio a Meloni ma è una tregua solo temporanea. Piazza Affari, Wall Street e la City stanno aspettando di capire se e come il nuovo governo riuscirà a tenere l’enorme debito italiano sottocontrollo, e che rapporti avrà con Bruxelles. L’esempio del Regno Unito dimostra che, in questo frangente, i mercati vogliono sentire parlare di responsabilità fiscale, non certo di imposte più basse e nuove spese. Per affrontare l’esame economico, Meloni ha bisogno di buon senso, parole caute e un bravo ministro dell’Economia — insieme al coraggio di scontentare i vari capi di partito. Il quesito geopolitico è molto più complesso. In questo caso, la leader di Fratelli d’Italia è stretta tra il diktat di Salvini per garantire l’appoggio della Lega al governo — un ministero di peso per Salvini medesimo, preferibilmente il Viminale — e le pressioni diplomatiche degli alleati, in particolare gli Usa. Washington è fondamentale per Meloni, non solo perché l’Atlantismo le permette di distanziarsi dalle discutibili radici del suo partito ma anche perché la sponda della Casa Bianca rende possibile (anche se non certo auspicabile) l’euroscetticismo di cui si è ammantata in campagna elettorale. Ma gli Usa hanno lasciato intendere di non essere favorevoli ad un ruolo importante per Salvini nell’amministrazione Meloni viste le sue simpatie per la Russia. La scelta tra l’alleanza atlantica e l’accordo di bottega per avere una maggioranza solida è il primo grande bivio per un governo che ancora non esiste ed una premier che ancora non è stata incaricata. Il politico americano Mario Cuomo soleva dire che la campagna elettorale si fa in versi ma si governa in prosa. Per Meloni, la fase poetica della politica è già finita.