Italia: Draghi regista della transizione Cronaca di Tommaso Ciriaco
Testata: La Repubblica Data: 29 settembre 2022 Pagina: 4 Autore: Tommaso Ciriaco Titolo: «Draghi regista della transizione. Nel suo futuro niente incarichi»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 29/09/2022 a pag.4 con il titolo "Draghi regista della transizione. Nel suo futuro niente incarichi" la cronaca di Tommaso Ciriaco.
Giorgia Meloni - Mario Draghi
La transizione con il nuovo governo e i rapporti tra Mario Draghi e Giorgia Meloni — che dalla notte di domenica si muove già come premier incaricato — continuano a produrre fibrillazioni. Ieri, a Palazzo Chigi, si offriva una ricostruzione diversa rispetto a quanto scritto da Repubblica — sulla base di fonti di Bruxelles, Parigi e Berlino — a proposito dell’ombrello che l’ex banchiere avrebbe aperto a protezione dell’Italia, in vista del nuovo esecutivo. La ricostruzione nega che il premier abbia stretto un patto con la leader per garantire il prossimo esecutivo con l’Europa e, dunque, con le principali Cancellerie continentali. Allo stesso tempo, Draghi assicura che si sta spendendo e continuerà a spendersi per «permettere una transizione ordinata» tra il governo uscente e quello che verrà, nell’ambito dei «corretti rapporti istituzionali». È un punto centrale della posizione del premier. E rappresenta la principale preoccupazione di questa fase. Da settimane, l’ex banchiere lavora al passaggio di consegne. Ha avuto numerosi contatti con Meloni, l’ultimo dopo le elezioni. Ha promesso di portare avanti fino all’ultimo giorno utile l’agenda. Della quale, ovviamente, fanno parte atlantismo, serietà nei conti, europeismo. Ha garantito che fornirà ogni elemento necessario a rendere più agevole la staffetta. E ha incaricato i suoi uomini di fiducia di lavorare in questa direzione con quelli di Meloni. E dunque, mobilitando il capo di gabinetto Antonio Funiciello, il sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli, il ministro dell’Economia Daniele Franco, il capo di gabinetto del Tesoro Giuseppe Chiné. La squadra di Fratelli d’Italia concui sono in contatto, anche nella formula degli incontri “bilaterali”, comprende il probabile prossimo sottosegretario alla Presidenza, Giovanbattista Fazzolari, Guido Crosetto e i tecnici economici del partito. Il piano internazionale resta comunque fondamentale. La ricostruzione di Repubblica , frutto di fonti incrociate di Parigi, Berlino, Bruxelles, riferiva di una interlocuzione con Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Ursula von der Leyen. A loro, il premier avrebbe garantito il rispetto di tre condizioni essenziali, accettate da Meloni: il sostegno (anche militare) all’Ucraina — a partire dalle sanzioni imposte a Mosca — l’ancoraggio alla Nato e la promessa di non procedere a scostamenti di bilancio, in modo da tenere sotto controllo il debito pubblico. Palazzo Chigi conferma di un contatto con Emmanuel Macron avvenuto dopo le elezioni in Italia, ma nega che si sia discusso del governo Meloni, delle tre condizioni sposate dal nuovo esecutivo e della volontà di portare queste istanze all’attenzione delle capitali continentali. I contatti con gli altri due leader sarebbero precedenti. Con von der Leyen prima del voto e — sostengono — legati al Pnrr. Il Presidente del Consiglio aggiunge pubblicamente di aver mantenuto e di mantenere «regolari contatti» con gli «interlocutori internazionali perdiscutere dei principali dossier in agenda». Per Draghi, non deve essere accostato in alcun modo il suo sforzo per la transizione ordinata con Meloni — compiuto nell’interesse nazionale e a completamento dell’incarico alla guida dell’esecutivo — ai ragionamenti sul suo futuro. Non c’è un patto, ma solo il doveroso impegno dacivil servant fino al passaggio di campanella. Il premier, in particolare, è infastidito dall’essere stato accostato all’incarico di segretario generale della Nato. Non sarebbe un tema sul tavolo, è la linea. A Repubblica risulta comunque che questa opzione è considerata possibile — e in alcuni casi anche probabile — in diverse Cancellerie europee, a partire dall’Eliseo. Draghi esclude allo stesso modo eventuali nomine alla guida delle istituzioni europee, dunque Commissione e Consiglio Ue. Anche perché, si fa sapere da Palazzo Chigi, il premier non intende proseguire nel suo rapporto con la politica. L’ultimo passaggio di questi ragionamenti è altrettanto importante. Draghi, riferiscono, sostiene di volersi tirare fuori appena la nuova premier entrerà in carica, dunque è presumibile nell’ultima decade di ottobre. Da quel momento, toccherà a lei — e soltanto a lei — gestire l’azione di governo. Senza scudi. Resta il fatto che l’ex banchiere è consapevole della gravità delle sfide che attendono il prossimo governo. Addirittura più gravose di quelle toccate all’esecutivo di unità nazionale. E questo perché non si tratterà più di uscire dalla pandemia o di gestire alcuni mesi di guerra in Ucraina, ma di dover affrontare una pesante crisi economica.
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