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La Repubblica Rassegna Stampa
28.09.2022 Iran, dalla parte delle donne
Commento di Sofia Ventura

Testata: La Repubblica
Data: 28 settembre 2022
Pagina: 40
Autore: Sofia Ventura
Titolo: «Iran, dalla parte delle donne»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/09/2022 a pag.40 con il titolo "Iran, dalla parte delle donne" l'analisi di Sofia Ventura.

Iran, ancora sangue per Mahsa Amini. Bloccato accesso a Instagram e Whatsapp

All’inizio del 1979, gran parte della sinistra occidentale salutava la rivoluzione iraniana come un evento di liberazione. Contestualmente ai primi passi del nuovo regime, che fin dall’inizio non aveva nascosto il suo progetto teocratico, le donne iraniane scesero in piazza per protestare contro la nuova legislazione, dal diritto di famiglia all’obbligo del velo, che improvvisamente le imprigionava in un reticolo di regole, pratiche e divieti. Dopo aver conosciuto l’emancipazione resa possibile dal processo di modernizzazione impresso dall’alto dalla dinastia Pahlavi, le donne divenivano le prime vittime di una religione trasformata in ideologia di Stato. In questi giorni studenti iraniani hanno distrutto il ritratto di Khomeini mentre giovani donne si liberano del velo, danzano, si abbracciano e inviano al mondo le immagini della loro rivoluzione per la libertà. Protestano, bruciano i loro hijab e in alcuni casi muoiono: decine di uccisioni brutali da parte delle forze di sicurezza che tentano di reprimere il desiderio di liberazione dal totalitarismo religioso. Un desiderio che da diversi anni nutre proteste, ma che ora ha preso la forma di una sollevazione che sembra non avere fine, dopo l’uccisione da parte della “polizia morale” della giovane curda Mahsa Amini, in visita nella capitale, fermata per l’uso scorretto del velo. Come ha scritto su Le Monde la scrittrice franco-iraniana Sorour Kasmaï, nei decenni le donne iraniane hanno conquistato ruoli in ogni ambito della società, pur costrette nella gabbia della Sharia trasformata in legge. Hanno fatto grandi passi avanti nonostante le umiliazioni e la repressione, anche violenta, anche fino alla morte, imposte dal regime, come continua a documentare Amnesty International e non solo. Ciò che sono e sentono di essere non è più compatibile con unregime che agli occhi di noi occidentali appare come un incubo distopico. O, per lo meno, così appare agli occhi di coloro che non si girano dall’altra parte o non si rifugiano in un relativismo che tollera la repressione e il terrore con l’alibi delle specificità culturali. Così, le giovani iraniane, sostenute e protette dai loro coetanei maschi, si stanno trasformando in una forza dirompente di opposizione e rivoluzione, un fuoco che si diffonde in ogni parte del Paese e che non sarà facile per il regime reprimere, nonostante la sua ferocia. Le donne sono le prime e più numerose vittime dei regimi islamici. È su di loro che l’ideologia islamista prima di tutto agisce. Strumento per tenere sotto controllo la stessa natura umana, come in ogni progetto totalitario, essa viene usata per trasformare le donne in esseri funzionali alla famiglia, alla comunità, allo Stato, al maschio marito-padre-padrone. Si costruisce così un sistema dove condizionamento, controllo e repressione si riproducono dal livello micro della famiglia a quello macro dello Stato. Il desiderio di emancipazione femminile mette, dunque, in crisi questo sistema patriarcale, che nei regimi islamici è portato al parossismo e permea la società così come le istituzioni del potere. Oggi in Iran le rivendicazioni delle donne sono per questo un fatto politico rivoluzionario. Potrebbero un giorno diventarlo anche altrove, ad esempio in Afghanistan, caduto una seconda volta sotto il giogo talebano, anche per gli errori dell’Occidente. Insomma, nuovi spazi di libertà sembrano potersi aprire grazie alla potenza delle rivendicazioni di tante giovani donne. Purtroppo, ciò accade davanti agli occhi di un Occidente distratto.

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