Iran, il regime spara sui manifestanti: la storia di Hadith Cronaca di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 26 settembre 2022 Pagina: 22 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Sei proiettili uccidono Hadith, la ragazza dalla coda bionda simbolo della rivolta in Iran»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/09/2022, a pag.22, con il titolo "Sei proiettili uccidono Hadith, la ragazza dalla coda bionda simbolo della rivolta in Iran", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Mahsa Amini
Nell’ultimo video che la ritrae prima di morire, Hadith Najafi raccoglie i lunghi capelli biondi con un elastico, sistema la coda e gli occhiali, e nella notte di Karaj è pronta a unirsi alle manifestazioni in nome di Mahsa Amini. Le forze di polizie sono schierate in gran numero, quel frame fa il giro della rete: pochi secondi che raccontano la determinazione delle donne iraniane in piazza da 10 giorni per protestare contro la morte di Amini, caduta in coma mentre era in custodia della polizia, e per chiedere libertà, diritti, la fine dei divieti e delle rigide prescrizioni imposti dalla Repubblica Islamica. Da quel corteo Najafi non è più tornata a casa, nella sua Karaj, a ovest di Teheran: uccisa con sei colpi di pistola, al petto, al viso, al collo, secondo numerosi resoconti giornalistici. Avrebbe compiuto 24 anni tra un mese. La famiglia l’ha sepolta in un funerale riservato: la polizia monitora che parenti delle vittime no rendano pubbliche le cerimonie per evitare che diventino focolai di nuove proteste. Ma le immagini hanno raggiunto ugualmente i media e il volto di Najafi è diventato un altro simbolo della lotta delle donne iraniane. La miccia che ha acceso la rabbia è stata la morte della 22enne curda Amini fermata dalla polizia morale, la Ershad, perché non indossava correttamente il velo. A centinaia, soprattutto giovanissime, 20, 22, 25 anni, sono scese in strada, scoprendosi i capelli e in alcuni casi bruciando l’hijab. Le manifestazioni sono cresciute nei giorni e si sono allargate a diverse città del Paese, in un’inedita alleanza tra uomini e donne, studenti e lavoratori.
Hadith Najafi
«Donne, vita, libertà», scandiscono nei cortei, ma anche «morte al dittatore», chiedendo la fine della Repubblica islamica e uno Stato democratico. In alcune cittàdel Nord Ovest come a Teheran, i manifestanti hanno bruciato le immagini del leader Khamenei, e dato alle fiamme le auto della polizia. Tanto è bastato per scatenare una repressione brutale. I morti sono 41, dice la tv di Stato, almeno 50 secondo l’organizzazione non governativa Iran Human Rights che ha base a Oslo, come molti gruppi di attivisti eoppositori che in quattro decenni sono stati costretti a lasciare l’Iran e a riparare all’estero. Tra le vittime molte ragazze come Hananeh Kia, 23 anni, colpita da un proiettile a Noshahr, nel nord, o Ghazale Chelavi, 32 anni, di Amo, appassionata escursionista che non aveva un passato di attivismo politico. Centinaia di persone sono state arrestate, 1.200 sono state identificate, riporta l’agenzia semi-ufficiale Tasmin vicina ai Guardiani della rivoluzione. I racconti di studenti prelevati in casa e arrestati si moltiplicano. La scure si è abbattuta anche sui media, almeno 17 giornalisti sono finiti in cella. Il governo accusa i manifestanti di essere fomentati da forze esterne che vogliono “un cambio di regime”, e ieri sono scesi in piazza i sostenitori della Repubblica Islamica, diverse migliaia, mobilitati dall’alto, contro «i rivoltosi e sacrileghi». La risposta sarà «decisa e senza indulgenza », avverte il capo della magistratura, allineandosi alla posizione assunta dal presidente Raisi: nessuno spazio per le riforme e «fermezza» contro i dimostranti.Per oggi è stato indetto uno sciopero generale, «ma temiamo che la violenza delle forze di sicurezza possa aumentare», dice Hassan, 32 anni, da Isfahan. Solidarietà ai giovani iraniani è arrivata ieri dall’Alto rappresentante Ue Josep Borrell che ha condannato «l’uso diffuso e sproporzionato della forza contro manifestanti non violenti» definendolo «ingiustificabile e inaccettabile».
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