IC7 - Il commento di Enrico Fubini: Anche i haredim a scuola!
Dal 18 al 25 settembre 2022
Anche in Israele le elezioni si avvicinano e il dibattito diventa sempre più serrato. Come sempre nei dibattiti pre-elettorali emergono problemi che a volte sono stati lasciati in ombra o dimenticati dalla politica sommersa dalla quotidianità e dall’urgenza di risolvere le questioni più impellenti. Uno dei problemi emersi in questi giorni è la vecchissima questione dei haredim (i cosiddetti ultraortodossi), questione assai intricata, già molte volte discussa nelle sue molteplici componenti, e di recente anche negli Stati Uniti dove vive una grossa comunità di haredim. Ciò che è emerso nel dibattito di queste settimane non è tanto la vecchia questione se i haredim debbano o meno fare il servizio militare ma è piuttosto un problema più urgente e denso di conseguenze sul piano sociale ed è il loro livello di istruzione. Già nei momenti più gravi del Covid, con il lockdown, era emerso il problema del comportamento dei haredim allergici ad obbedire alle misure a cui dovrebbero obbedire tutti i cittadini e che davano l’impressione di essere un corpo estraneo nello Stato. Ma forse alla radice del problema c’è il loro livello di istruzione. E’ noto che le scuole e le istituzioni educative dei haredim si occupano degli studi religiosi biblici e talmudici ma le materie cosiddette secolari sono assenti nei loro curriculum. Tutto ciò è denso di gravi conseguenze sul piano del loro inserimento nel tessuto sociale dello Stato d’Israele. Inserimento non cercato dalla grande maggioranza di loro ma reso urgente dal fatto che pagano con la povertà e con una sopravvivenza grazie agli aiuti dello Stato la loro situazione di autoemarginazione. Si dice oggi in Israele che chi non sa l’inglese e la matematica non può aspirare a trovare un lavoro decente e i haredim per l’appunto in gran parte non conoscono né l’inglese né la matematica. Ciò contribuisce a tenerli esclusi dal mercato del lavoro e in una condizione di separatezza dal contesto sociale.
Non tutti i haredim sono soddisfatti della loro situazione e soprattutto i giovani opterebbero volentieri per scuole in cui siano inserite anche materie cosiddette secolari che gli permetterebbero mestieri per mantenere più dignitosamente la loro famiglia. Ovviamente di questo problema, che ha oggi in Israele una dimensione sociale rilevante (basta pensare che i haredim oggi sono circa 1.200.000), si è impadronito la politica e il dibattito elettorale. C’è chi promette ai partiti dei haredim aumenti consistenti per finanziare le loro scuole comunque siano i loro programmi e c’è chi, più saggiamente, fa dipendere i finanziamenti alle loro scuole dall’inserimento nei programmi di materie secolari come l’inglese e le scienze. Indubbiamente c’è un grado crescente di consapevolezza di questi problemi nella loro coscienza collettiva e molti haredim cercano lavori fuori dai loro quartieri pur senza voler tradire i principi basilari della propria vita.
Qualche anno or sono, nel 2017, un rabbino proveniente dal loro mondo, Rav Bombach, ma con una visione più ampia dei loro problemi, ha fondato una scuola a Beit Shemesh, cittadina non lontana da Gerusalemme, in cui vive un numero molto alto di haredim, in cui s’insegna Torah e Talmud insieme a materie quali l’inglese e la matematica (Netzach Educational Network).Oggi queste scuole sono già 12 ed educano un numero crescente di ragazzi di famiglie di haredim. Lo scopo di questo rabbino è di preservare l’identità dei haredim, cosciente del fatto che solo attraverso un’educazione che li prepari ad affrontare anche la società israeliana e che gli permetta di trovare un lavoro dignitoso e per una parte di questi di potersi anche iscrivere all’Università, si può salvarli e garantire la loro sopravvivenza. Queste scuole hanno un curriculum per quanto riguarda materie religiose simile a quello delle yeshivot tradizionali ma gli allievi devono parallelamente imparare anche le altre materie delle normali scuole israeliane. Su questo esempio altre scuole del genere sono sorte in Israele assolvendo anche ad un principio democratico secondo cui almeno le scuole primarie devono educare i ragazzi con un programma di base uguale per tutti. Se poi si vuole aggiungere parallelamente un insegnamento in materie religiose nessuno lo vieta. Forti resistenze a questo tipo di scuole non sono mancate nel mondo dei haredim.
Tuttavia ormai in questo mondo del tutto particolare si sono aperti molti spiragli e l’educazione è certamente un fatto di primaria importanza per l’inserimento dei ragazzi haredim nella società israeliana e per vincere la separatezza e la segregazione volontaria che molte personalità di questo mondo continuano a sostenere. Il problema squisitamente politico, soprattutto in vista delle elezioni, da parte dei partiti laici, di guadagnarsi la simpatia dei partiti votati dai haredim per creare le future alleanze necessarie per costituire una maggioranza che possa governare, non ha nulla a che vedere con i reali problemi religiosi che esistono in questo mondo e che, anche chi vuole rompere l’isolamento sociale, economico e culturale dei haredim, non può ignorare. Ma è triste sfruttare le tensioni sociali e religiose che oggi animano questo mondo per finalità puramente politiche.
Enrico Fubini, già docente di Storia della musica presso l'Università di Torino