Kida e gli eroi di Masada: 'Vinciamo o muore l'Europa' Cronaca di Francesco Semprini
Testata: La Stampa Data: 25 settembre 2022 Pagina: 19 Autore: Francesco Semprini Titolo: «Kida e gli eroi di Masada: 'Vinciamo o muore l'Europa'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/09/2022 a pag.19 con il titolo "Kida e gli eroi di Masada: 'Vinciamo o muore l'Europa' " la cronaca di Francesco Semprini.
Francesco Semprini
Giulia Jasmine Schiff
Kida e il suo nucleo operativo lavorano sempre al di là delle linee del nemico, sempre nel buio, acquisiscono informazioni su posizioni e movimenti dei russi, le trasmettono e poi si dissolvono nelle tenebre. «Non va sempre liscia, se per qualche motivo non riusciamo a rientrare prima che albeggi, rimaniamo nascosti per ore o l'intero giorno. Altre volte siamo costretti a ingaggiare scontri con i russi, ma siamo addestrati a fare tutto questo. Noi siamo Masada», racconta. All'anagrafe è Giulia Jasmine Schiff, faccia d'angelo e animo infuocato, un trascorso nelle Forze Armate italiane guastato da una vicenda infame di nonnismo (di cui lei è vittima) e sulla quale si attende l'esito di un'inchiesta giudiziaria ancora in corso. Ne segue l'abbandono della tuta da pilota per indossare la mimetica con la bandiera ucraina sul braccio. Ma lei cosa c'entra con questa guerra? «Ho deciso di combatterla per la giustizia e per i civili. Vorrei garantire alle future generazioni una gioventù come l'ho avuta io e non come quella che vivono nell'ex Unione Sovietica». E poi c'è quell'affinità che Giulia ha subito percepito tra popolo italiano e ucraino. «Ascoltiamo la stessa musica, leggiamo gli stessi libri, guardiamo le stesse serie, siamo uguali. Loro cercano di difendere anche con la vita quello che noi diamo per scontato, vogliono essere liberi come lo siamo noi». L'attrazione per la causa è immediata, lo stesso 24 febbraio è già con lo zaino in spalla. Schiff arriva in Ucraina e dopo diversi colloqui si arruola volontaria nelle Forze Speciali della Legione Internazionale dell'Intelligence. A maggio si unisce al team per operazioni speciali Masada. A chi azzarda il termine di "mercenaria" replica con diverse argomentazioni, tra cui il contratto regolare con l'esercito. È un ambiente di lavoro maschile con cui deve confrontarsi quotidianamente, ma per il tipo di lavoro che fa Masada, il soldato Kida è già oltre. Il comandante di plotone afferma «non ti scambierei con cento uomini». Il reparto conta combattenti di ogni dove, financo musulmani, ceceni e bielorussi.
Con Kida passiamo alcuni giorni in una località non specificata per motivi di sicurezza, è il modo migliore per conoscere bene Masada, dal nome della fortezza ebraica oggetto di uno degli assedi più lunghi della storia. Si narra che l'assedio dei romani, nel 73 dopo Cristo, sia durato fino a tre anni. Piuttosto di soccombere gli assediati terminarono le ostilità in un suicidio di massa. Il motto del gruppo è "One way in, no way out" (Una via di entrata, nessuna via d'uscita) come ci tiene a spiegare il "team leader", Victor, nome di battaglia Wolf guerriero ucraino-israeliano. «Io e un gruppo di commilitoni israeliani creiamo Masada a marzo. Abbiamo operato in Donbass e Kharkiv - spiega -. Dopo una pausa a Kiev abbiamo allargato la formazione a italiani, americani, tedeschi e australiani. Abbiamo operato a Bakhmut, Kramatorsk e Mykolaiv in direzione di Kherson. Il nostro lavoro è effettuare missioni di intelligence e assalto oltre le linee nemiche». Operazioni come queste sono quelle che hanno cambiato il corso della guerra, tiene a precisare Wolf: «In principio ci difendevamo, col passare del tempo abbiamo acquisito esperienza e professionalità, ma sono state le unità come la nostra che hanno permesso di rompere i fronti avversari e iniziare a liberare i territori occupati». Informazione e tecnologia, quindi, come i droni che Kida, quando non opera come fanteria, porta con sé, lei che, nonostante la giovane età, ha già saggiato la vita militare in due compagini diverse. «Le Forze armate italiane sono per il 90% un parcheggio retribuito. È un sistema che si auto preserva e nasconde lo sporco sotto il tappeto. Qui combattono con un'anima ardente e non vanno al fronte per i soldi, difenderebbero il loro Paese anche gratis. I militari sono visti come eroi, i civili ci stimano e apprezzano. In Italia sono rimasti pochi reparti con professionisti da fare invidia al resto del mondo». Nelle parole di Schiff si percepisce risentimento. «Ho trovato la mia strada. Per il momento la giustizia italiana ha dimostrato di non funzionare come dovrebbe, sarebbe gradita una accelerazione del processo che ancora non è finito. Avrebbero dovuto proteggere i miei testimoni, invece senza garanzie nessuno ha parlato. Mi dispiace solo che quello che è successo a me, succeda ogni giorno a tantissimi ragazzi di valore che non hanno il coraggio di denunciare». Ne ha anche per la politica, guarda le elezioni da lontano mettendo in guardia: «Spero prevalga il buonsenso. Tutto quello che succede qui si riflette in Italia in altra forma. Combattere per l'Ucraina è combattere per l'Europa e di conseguenza per l'Italia. Prima vinciamo la guerra, prima finisce la crisi. Siamo il Paese europeo che ha inviato meno sostegno di tutti in questa guerra e diamo voce a bugiardi propagandisti russi. Il messaggio che arriva in Ucraina è che alcuni Paesi ci lascerebbero morire per pagare meno le bollette. Io mi vergogno». Il fuoco sacro che Giulia ha dentro viene domato dal suo team leader Wolf: «Kida è un eccellente soldato e uno straordinario operatore di droni. Quello che vi posso dire è che questa guerra è tutt'altro che finita». Kida è d'accordo: «Potremmo anche liberare quasi tutti i territori nel giro di qualche mese, ma Putin non si fermerà fino a quando non avrà mandato al macello tutti i suoi soldati. L'unica cosa che forse lo può fermare è che l'Ucraina entri nell'Unione Europea».
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