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Il Foglio Rassegna Stampa
24.09.2022 Pure i fedelissimi di Putin non vogliono diventare carne da macello
Commento di Anna Zafesova

Testata: Il Foglio
Data: 24 settembre 2022
Pagina: 1
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Addio alle armi»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/09/2022, a pag. 1, con il titolo "Addio alle armi", l'analisi di Anna Zafesova.

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Anna Zafesova

I russi fuggono negli ex paesi dell'Unione sovietica in cerca di libertà e  lavoro | Il Foglio
Vladimir Putin e la chiamata alle armi: Putin vattene!

Milano. Giornalisti, piloti, studenti, ferrovieri, deputati, informatici: nel caos della chiamata alle armi, sta diventando sempre più chiaro che nessuno può sentirsi al sicuro, e che stavolta Vladimir Putin ha deciso che la guerra non si farà soltanto con le mani dei più poveri e sottomessi abitanti delle province remote. Migliaia di lettere di coscrizione stanno arrivando perfino ai finora intoccabili moscoviti e pietroburghesi, mentre nella capitale è in corso uno scontro tra le varie lobby per proteggere i propri componenti dalla mobilitazione. Dopo i dipendenti dell’industria bellica, ieri sono stati esentati dalle trincee i dipendenti dei “media sistemici”, cioè quelli propagandistici, troppo impegnati a convincere i russi ad andare a morire in guerra. Nessuna esenzione invece per gli agenti dell’Fsb: ogni sede regionale dovrà mandare in Ucraina il 10 per cento del proprio organico, e per i piloti dell’Aeroflot, in buona parte ex militari, mentre dalle diverse regioni russe arrivano notizie di operai e tecnici prelevati direttamente dalle miniere e dalle fabbriche. La macchina militare ereditata dall’ex Armata rossa ha cominciato a funzionare a pieno regime, macinando vite a centinaia e migliaia: in alcune zone della Siberia sono stati chiamati alle armi praticamente tutti i maschi giovani dei villaggi, e secondo Meduza l’ordine è di prelevare uomini soprattutto dalle campagne remote. Nonostante le promesse del ministero della Difesa, la mobilitazione è tutt’altro che “parziale”. Diversi reclutati hanno raccontato di aver sentito i responsabili dei commissariati militari che l’obiettivo della chiamata alle armi è di mobilitare 1,2 milioni di uomini, in tre fasi che si concluderanno a novembre, per dare ai centri reclute il tempo di smaltire una massa enorme di nuovi soldati in turni di sole due settimane di addestramento. Mentre in tutta la Russia aerei e pullman vengono stipati di uomini dai volti depressi, spesso visibilmente ubriachi, salutati da donne in lacrime, inizia la corsa per evitare le trincee. Il primo è stato un fedelissimo putiniano, Ramzan Kadyrov, che ha annunciato che la sua Cecenia non contribuirà alla mobilitazione: “Abbiamo già dato tre volte tanto prima”. Il vero motivo però pare essere un forte scontento dei ceceni e delle cecene, scesi in piazza per protesta. Quello che è permesso a Kadyrov però è vietato agli altri capi delle regioni russe, che si sono visti calare dall’alto numeri da rispettare, e che pur di non farsi rimproverare dal Cremlino allargano le maglie del reclutamento ben oltre le promesse del ministero della Difesa, che ieri ha dovuto ribadire che gli studenti universitari restano esentati. Il caos è totale, le visite mediche nei commissariati ignorano volutamente anche malattie gravi, e le lettere di coscrizione vengono distribuite per strada e porta a porta nelle case. Ma è lo stesso ministero della Difesa a dover poi riconoscere che per chi non si presenta al commissariato (se non è già militare o riservista attivo) la pena è di appena tremila rubli, una multa di 50 euro, anche per i recidivi. L’impressione è che il Cremlino sia spaventato dalla rabbia che la mobilitazione putiniana ha suscitato, e perfino un falco come lo scrittore e deputato ultranazionalista Zakhar Prilepin – che si vanta di aver ucciso personalmente ucraini come volontario nel Donbas – ha proposto di permettere a chi non si sente pronto ad andare in guerra di pagare lo stato, per “evitare di ridurre i russi alla psicosi”: “Dopo trent’anni di vita confortevole, hanno bisogno di tempo per adattarsi alla guerra, altrimenti scappano”. La grande fuga all’estero infatti continua, le code al confine con la Georgia, la Finlandia, il Kazakistan e la Mongolia sono lunghissime, e il passaggio non è garantito. I biglietti aerei per Istanbul o Dubai costano migliaia di euro, e il governo israeliano sta discutendo se aumentare il numero dei collegamenti con la Russia, per permettere a tutti i cittadini russi di origine ebraica di fuggire.

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