La Russia in fuga da Putin Analisi di Paola Peduzzi
Testata: Il Foglio Data: 23 settembre 2022 Pagina: 1 Autore: Paola Peduzzi Titolo: «La Russia in fuga da Putin»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/09/2022, a pag. 1, con il titolo "La Russia in fuga da Putin", l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Volodymyr Zelensky
Milano. Lo scambio dei prigionieri è un’operazione di guerra difficile da decifrare: i negoziati avvengono giustamente in segreto e quel che resta agli osservatori è la valutazione di quanto valga, per chi scambia, la vita umana: qual è il prezzo di un ucraino? E quello di un russo? Lo scambio di prigionieri avvenuto nella notte di giovedì sembra, sulla base di questo calcolo orribile, un gran colpo per l’Ucraina. Mosca ha consegnato a Kyiv 225 prigionieri di guerra in cambio di 56 uomini. Tra i prigionieri consegnati da Mosca ci sono alcuni combattenti del battaglione Azov che difesero l’acciaieria di Mariupol, e dieci combattenti stranieri, tra cui Aiden Aslin e Shaun Pinner, britannici, e il marocchino Brahim Saadoun, che erano stati condannati a morte da un tribunale della repubblica autoproclamata di Donetsk. Tra i 56 uomini consegnati da Kyiv c’è Viktor Medvedchuk, un politico ucraino filorusso molto vicino a Vladimir Putin (anche dal punto di vista personale: il presidente russo è il padrino della figlia più giovane di Medvedchuk). Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto: “Stiamo portando a casa la nostra gente, non c’è dubbio che questa sia una vittoria per il nostro governo e per gli ucraini. Soprattutto, è la vittoria di 215 famiglie che potranno rivedere i loro cari”. Zelensky ha detto che all’inizio lo scambio era: i russi consegnano 50 nostri prigionieri, noi ne diamo uno solo, Medvedchuk. Poi il negoziato si è ampliato, e l’esito è quello che conosciamo. Cinque comandanti di Azov saranno “in sicurezza” in Turchia, che ha aiutato la mediazione. Altri sette prigionieri riconsegnati dalla Russia, tra cui cinque inglesi e due americani, saranno trasferiti in Arabia Saudita, anch’essa coinvolta nella mediazione. I dettagli del negoziato forse saranno più chiari col passare del tempo, ma a parte la proporzione oscena (per ogni prigioniero avuto indietro Putin ne ha consegnati quattro), c’è una questione politica. Gli uomini del battaglione Azov sono il bottino umano più prezioso di Mosca: sono gli eroi di Mariupol, quelli che hanno condizionato con la loro resistenza le operazioni russe nell’est dell’Ucraina, quelli che si sono “arresi” e che le tv russe hanno mostrato e rimostrato umiliandoli e definendoli vigliacchi – sono “i terroristi” o “i nazisti” che devono essere condannati a morte. E Putin li ha consegnati per avere in cambio di fatto l’unico prigioniero che gli interessava: Medvedchuk. Quasi settantenne, tre mogli (l’ultima è una presentatrice tv ucraina scappata prima in Bielorussia e poi in Russia allo scoppio della guerra), una carriera da avvocato in cui ha fintamente difeso dei dissidenti (che lo chiamavano “l’avvocato passivo”), uno yacht, Royal Romance, confiscato in Croazia, tre reti televisive e un patrimonio ingente, Medvedchuk era uno dei prescelti da Putin, di cui è amico e alleato, per guidare l’Ucraina nel dopo Zelensky, quando la Russia pensava che avrebbe ribaltato il governo di Kyiv in tre giorni di guerra. Era agli arresti domiciliari dal 2021 con l’accusa di tradimento e di finanziamento del terrorismo, lui diceva di essere un perseguitato politico e negava le accuse, le sue tv erano state chiuse e aspettava il processo. Con l’invasione era riuscito a scappare, voleva raggiungere la Russia ma il 12 aprile gli ucraini lo hanno catturato e fin da subito Zelensky ha detto: sono aperte le trattative per uno scambio. Soltanto che i sostenitori di Putin più falchi, già furiosi per le perdite sul campo, un pochino rassicurati dal discorso di mercoledì, hanno preso molto male lo scambio evidentemente sfavorevole alla Russia. “Una vergognosa catastrofe”, “il governo non capisce la società in cui vive e le persone che pretende di mobilitare”. Anche i più falchi hanno bisogno di motivazioni per continuare a sostenere Putin.
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