Nato e Onu di fronte alla Russia di Putin Due servizi di Paolo Mastrolilli
Testata: La Repubblica Data: 23 settembre 2022 Pagina: 17 Autore: Paolo Mastrolilli Titolo: «Escalation di Mosca, Nato pronta a rispondere ma senza il nucleare - Mosca isolata alle Nazioni Unite. Anche Cina e India si dissociano»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 23/09/2022 a pag.17-18 le cronache di Paolo Mastrolilli dal titolo "Escalation di Mosca, Nato pronta a rispondere ma senza il nucleare", "Mosca isolata alle Nazioni Unite. Anche Cina e India si dissociano".
Ecco gli articoli:
"Escalation di Mosca, Nato pronta a rispondere ma senza il nucleare"
Paolo Mastrolilli
«Evitare reazioni scomposte». Le prime parole d’ordine pronunciate nel quartier generale della Nato a Bruxelles sono queste. Non bisogna cadere nelle provocazioni di Vladimir Putin. Soprattutto è fondamentale non legittimare la versione che sta dando dell’attacco all’Ucraina: una guerra - è la propaganda del Cremlinmo - in cui il vero nemico è la Nato. Per i vertici dell’Alleanza Atlantica, infatti, questa è la prima impostura da scardinare. Il gioco inaccettabile del presidente russo è quello di nascondere la sua difficoltà rilanciando la posta. Il fronte occidentale non è coinvolto nel conflitto. Aiuta e aiuterà Kiev a difendersi ma non è parte attiva. E questa linea verrà mantenuta fino a quando sarà possibile. Fino a quando quindi? Fino a quando l’Alleanza non sarà costretta a difendersi da un ulteriore attacco russo, magari con armi atomiche. Il punto resta sempre questo. Il Cremlino minaccia l’uso degli ordigni nucleari tattici. Sarebbe un salto eccezionale nella qualità della guerra. Il rischio ora viene considerato concreto e per questo è indispensabile non offrire l’occasione a Putin di mettere in atto i suoi disegni. I protocolli di risposta, comunque, sono già attivi. La Nato e gli Usa li preparano e li aggiornano costantemente. Perché una rappresaglia sarebbe inevitabile. Il primo passo verrebbe in ogni caso compiuto dopo una rapidissima consultazione tra i capi di Stato e di governo. Una vera e propria “linea rossa” che mette in contatto i trenta membri del Patto. Ovviamente il tenore della risposta sarebbe calibrata in base al tipo di offesa. Differenza fondamentale: un conto se una bomba nucleare colpisse un territorio lontano dai confini Nato, un altro se fosse vicino e un altro ancora se fosse indirizzato verso uno dei Paesi membri. I generali più alti nella gerarchia dell’esercito americano e della stessa Nato mantengono in maniera frequente i contatti con i “colleghi” di Mosca. E a loro hanno fatto sapere che se l’Armata Rossa dovesse spingersi troppo oltre, allora States e Alleanza Atlantica hanno a disposizione un arsenale convenzionale quindi non atomico - in grado di mettere fuori uso tutte le basi missilistiche russe e di ridurre drasticamente la presenza nemica in Ucraina. Quindi una delle prime possibili risposte sarebbe questa. La seconda consisterebbe in un atto dimostrativo. Una ritorsione atomica ma in un territorio sostanzialmente disabitato come la Siberia. Ma a tutto questo nè Washingtonnè Bruxelles vogliono arrivare. Attraverso i canali ufficiosi sempre aperti a Bruxelles, gli uomini della Nato ricordano alle controparti del Cremlino un passaggio della dichiarazione congiunta firmata da Mickhail Gorbaciov e Ronald Regan alla fine del loro primo incontro a Ginevra il 19 novembre 1985: «Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta ». Ma, nonostante la fermezza nell’evitare il precipitare degli eventi, intendono comunque essere pronti. Tra le mosse studiate per incrementare la deterrenza, ci sarebbe allora anche quella di rinforzare la presenza navale nel Mediterraneo. Spostando, in caso di necessità, unità al momento dislocate nel Pacifico. L’obiettivo sarebbe quello di aumentare la disponibilità dei missili Tomahawk, dotati sia in modo convenzionale, sia con dispositivi nucleari. Utilizzabili quindi per entrambi i protocolli che le forze armate alleate potrebbero predisporre. Nel frattempo la contromossa più concreta sul teatro ucraino è quello di incrementare gli aiuti all’esercito di Kiev. In particolare, dovrebbe partire la consegna dei missili Atacms a lunga gittata. Non cidovrebbe essere invece bisogno di aumentare la presenza militare ai confini. Anche perché il richiamo dei 300 mila riservisti viene considerato inoffensivo: si tratta di soldati male addestrati e male equipaggiati. L’Italia confermerà la sua presenza in Bulgaria, Ungheria, Lettonia e Polonia. Proprio nella base aeronautica vicino Danzica, sono stati trasferiti i nostri Eurofighter che negli ultimissimi giorni hanno dovuto fronteggiare per ben quattro volte lo sconfinamento nello spazio aereo polacco da parte dei Mig russi. Nessuno scontro, ma il costante tentativo di testare le forze e i tempi di reazione. L’altro fronte riguarda sanzioni e diplomazia. L’Ue prepara un altro pacchetto che comprende il tetto al prezzo del petrolio (che però dal primo gennaio sarà bandito), sebbene l’Ungheria si stia già mettendo di traverso. E si punta sulla Cina per convincere Putin a più miti consigli.
"Mosca isolata alle Nazioni Unite. Anche Cina e India si dissociano"
La riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulle responsabilità della Russia in Ucraina si è appena conclusa, quando il ministro degli Esteri britannico James Cleverly incontra i giornalisti e dice: «Il piano ormai è noto. Mosca hafatto stampare in Russia le schede dei referendum per l’annessione dei territori occupati, con il voto già scritto sopra. Ora le sta portando in Ucraina, per poi fingere di averle raccolte ai seggi. Ha stabilito che i sì dovranno arrivare intorno al 75%. Tra una settimana dichiarerà l’annessione, e da quel momento se gli ucraini cercheranno di liberare quelle regioni attaccheranno formalmente la Russia, che in base alla sua dottrina si sentirà giustificata ad usare in risposta le armi nucleari. Il mondo deve saperlo, rifiutare l’esisto dei referendum ed opporsi a questa farsa». L’unica cosa che Cleverly non chiarisce è la risposta all’eventuale uso delle atomiche da parte di Putin, ma il presidente americano Biden ha già avvertito che sarebbe «consequenziale» e il Pentagonosta preparando le varie ipotesi. Nel frattempo la riunione del Consiglio di Sicurezza, voluta dalla Francia che ne ha la presidenza di turno, ha dimostrato l’ormai totale isolamento di Putin. Non verranno approvate risoluzioni di condanna, perché la Russia ha il potere di veto per bloccarle, ma il risultato raggiunto è chiarire che ormai il mondo intero è contro la guerra. Forse non importa molto a Mosca, visto che il suo ministro degli Esteri Sergej Lavrov si è presentato solo quando era il suo turno di parlare, ha ripetuto le farneticanti accuse di «neonazismo» contro un Paese guidato da un presidente ebreo, e subito dopo si è alzato senza ascoltare nessuno. L’eco del dibattito però lo avrà raggiunto, chiarendo a Putin che non potrà contare su molti alleati, se continuerà l’invasione e ordinerà l’azzardo nucleare. Il segretario generale António Guterres, in genere obbligato alla cautela dal ruolo istituzionale, ha detto che solo parlare di conflitto nucleare è «totalmente inaccettabile». Quindi ha bocciato i piani per i «cosiddetti referendum. Qualsiasi annessione del territorio di un altro Stato derivante dalla minaccia o dall’uso della forza viola la Carta dell’Onu e la legge internazionale». Il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha aggiunto che ci sono «ragionevoli motivi » per credere che reati sono stati commessi in Ucraina: «I cadaveri che ho visto non erano finti». Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha denunciato come «lo stesso ordine internazionale, che siamo qui riuniti a difendere, viene stracciato davanti ai nostri occhi. Non possiamo permettere al presidente Putin di riuscirci». Ma anche il collega cinese Wang Yi ha affermato che «la nostra posizione sull’Ucraina è chiara. La sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi dovrebbe essere rispettata, e le preoccupazioni per la sicurezza di tutti andrebbero prese seriamente». Il rappresentante di Pechino ha messo in guardia dai rischi del nucleare, così come il collega indiano Subrahmanyam Jaishankar, che ha ripetuto le parole del suo leader Narendra Modi secondo cui «questo non è il tempo della guerra». Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha detto che con la mobilitazione «Putin ha dichiarato la sua sconfitta». Ma non c’era ragione ora per incontrare Lavrov, che invece ha visto il segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, perché «la Russia ha scelto la guerra». L’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell ha detto che Mosca questa guerra «l’ha già persa moralmente e politicamente, e ora la sta perdendo anche sul campo di battaglia». Perciò Bruxelles prepara nuove sanzioni, su energia e tecnologia, e forniture di armi più pesanti, per far capire al Cremlino che non vincerà mai con le minacce e le intimidazioni.
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