Iran, proteste e repressione: decine di morti nelle piazze Cronaca di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 23 settembre 2022 Pagina: 23 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Il pugno duro di Teheran, decine di morti in piazza: 'Proteste intollerabili'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 23/09/2022, a pag.23, con il titolo "Il pugno duro di Teheran, decine di morti in piazza: 'Proteste intollerabili' ", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Mahsa Amini
«Volevo vedere mia figlia, non mi hanno fatto entrare. Ho chiesto i filmati delle telecamere di sicurezza: “erano scariche”, mi hanno risposto. Ho chiesto di vedere l’autopsia e non mi è stato permesso». Mentre le piazze d’Iran scandiscono il nome di sua figlia Mahsa, Amjad Amini rompe il silenzio e alla Bbc in lingua farsi consegna un messaggio chiaro: «Mentono, stanno mentendo». Le sue parole sono sale sulle ferite di un Paese già dolente, al sesto giorno di proteste la repressione è brutale: testimonianze dirette raccontano di scontri violenti, con auto bruciate dai manifestanti e spari della polizia sulla folla, arresti, feriti, nelle città curde e a Teheran. Whatsapp, Instagram e l’intera connessione Internet sono state bloccate, nella capitale ma anche a Sanandaj, nel Kurdistan. Si contano manifestazioni in 40 città. La televisione di Stato parla di 17 morti, tra manifestanti e poliziotti. Per la Ong Iran Human Rights le vittime sono almeno 31. «Nessuna pietà verso i criminali», tuona Kayhan , il giornale ultraconservatore legato all’ufficio della Guida Suprema. Lo scrivono anche i Guardiani della rivoluzione, i potenti Pasdaran, descrivendo le proteste come “sedizione” e chiedendo pene severe per chi «diffonde notizie false online». «Gli atti che provocano caos non sono accettabili», avverte il presidente Raisi, aggiungendo di aver ordinato un’indagine sul caso. «L’ultima volta che hanno dettono mercy era il 2019, governavano Rouhani e Zarif: ci sono stati più di 300 morti in piazza», ricorda Mahshid. Le comunicazioni sono difficili, ci si affida alle vecchie linee dei telefoni fissi, con cautela perché molti temono la sorveglianza. I fermi sono centinaia, tantissime le donne, anima delle manifestazioni, e in prima linea nel racconto di ciò che accade. Tra gli arrestati ci sono Niloofar Hamedi, giornalista del riformista Shargh , che è stata la prima a dare notizia della morte di Amini; la famosa fotogiornalista Yalda Moayeri; il blogger e attivista Hossein Ronaghi. «Le autorità iraniane devono capire che non possono nascondere le proteste incarcerando i giornalisti, chiediamo il loro rilascio immediato», dice Sherif Mansour, responsabile per il Medio Oriente del Committee to protect journalists. È il braccio duro degli apparati di sicurezza gestiti dagli ultraconservatori che chiude a ogni spazio di dissenso. Oggi, nel venerdì di preghiera, sono previste manifestazioni organizzate del governo a sostegno del governo. È probabile che siano molto partecipate, come accade ogni volta che il sistema sente la scossa. La storia di Mahsa, morta dopo essere stata fermata dalla polizia perché non vestiva “secondo la morale”, ha ferito il cuore del Paese, scatenando la rabbia dei 20enni che hanno conosciuto solo la Repubblica Islamica e ora chiedono diritti, libertà, pane e futuro. Ma indignando anche una parte del mondo conservatore, le mamme e le nonne che da sempre indossano il velo: Amini non era un’attivista, aveva 22 anni, era cresciuta in una famiglia religiosa, e aspettava solo di iniziare l’università. Ora al governo serve dimostrare che almeno una parte di quel mondo ancora lo sostiene.
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