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Russia e Cina, un binomio traballante? Analisi di Antonio Donno
Michael Shuman Nella “Repubblica” di ieri è apparso un articolo di Gianluca Modolo che riporta alcune interessanti affermazioni di Michael Shuman, senior fellow dell’Atlantic Council, circa i rapporti attuali tra Putin e Xi. Secondo Shuman, Xi intende sviluppare una partnership con la Russia “per rimodellare l’ordine mondiale e respingere il potere americano”. La situazione attuale, tuttavia, e la stessa politica internazionale di Pechino appaiono rivolte ad altri obiettivi. Xi, finora, non pare aver messo in atto una politica di modificazione dell’ordine internazionale, né di ridimensionamento del potere americano. La Cina di Xi non ha le potenzialità economiche per raggiungere questi obiettivi e, tra l’altro, la pesante disoccupazione dei suoi giovani tra i 18 e i 25 anni e la grave crisi del sistema immobiliare inducono a pensare che Xi abbia intenzione di risolvere questi problemi per mezzo di una politica economica internazionale di vasto respiro, fondata sugli scambi commerciali. Per fare solo un esempio, i recenti accordi petroliferi con l’Arabia Saudita e con altri Stati del Golfo Persico stanno a dimostrare che, più che modificare la struttura del sistema politico internazionale, Xi abbia l’interesse di sviluppare l’economia interna ed evitare la nascita di un malcontento popolare. Xi non vuole, a differenza di quanto sostiene Shuman, sviluppare un’intesa con Putin per ambizioni imperialistiche globali; al contrario, vede nella guerra di Ucraina voluta dal russo un ostacolo molto notevole alla pace generale, la sola che può garantire a Pechino di sviluppare in modo accorto e senza scossoni la propria politica commerciale a livello internazionale.
Prendiamo il caso del Medio Oriente. I contatti economici relativi al petrolio, che la Cina intende stabilire con i Paesi arabi della regione, riguardano in buona parte i Paesi che hanno firmato con Israele gli Accordi di Abramo. Nello stesso tempo, Pechino ha tutto l’interesse ad acquistare da Israele l’alta tecnologia che pone lo Stato ebraico all’avanguardia nel mondo. Proprio per questi motivi, Xi ha stabilito rapporti con l’Iran esclusivamente per ottenere il petrolio indispensabile per lo sviluppo dell’economia cinese. Nulla di più. Per quale ragione Pechino dovrebbe sostenere le mire egemoniche di Teheran nel Medio Oriente, indirizzate soprattutto a fare la guerra a Israele e ai Paesi arabi sunniti, se l’uno e gli altri svolgono una funzione economica importante per la Cina? Lo stesso discorso vale per gli Stati Uniti. Perché la Cina dovrebbe “respingere il potere americano”, come sostiene Shuman, se gli scambi commerciali e di altro tipo in corso con Washington potenziano la struttura economica cinese?
Per tutti questi motivi, la guerra di Putin in Ucraina rappresenta un problema per Pechino, anche se, per motivi politici generali, Xi non può chiudere con Putin. Una condanna esplicita cinese nei confronti di Mosca è inconcepibile, perché il duo russo-cinese rappresenta un blocco di potere che si oppone politicamente all’Occidente. In sostanza, la guerra d’Ucraina sta mettendo in crisi parte strategicamente fondamentale dell’Europa, con risvolti internazionali che oggi è impossibile prevedere, in particolare se Putin dovesse usare l’atomica contro l’Ucraina. In tal caso, la risposta americana sortirebbe una crisi mondiale di dimensioni colossali, che la Cina di Xi considera disastrosa per la propria economia. Per questo motivo, Pechino dovrebbe por fine alla propria cautela e suggerire a Putin una via d’uscita accettabile per il dittatore russo.
L’impresa di Putin in Ucraina è foriera di complicazioni interne alla struttura sociale russa. L’ordine putiniano di mobilitazione dei riservisti sta creando un movimento di resistenza e una fuga al di là dei confini russi che potrebbe accrescere la volontà del dittatore russo di chiudere la partita con l’uso dell’arma atomica. La crisi del regime moscovita è un pericolo anche per la Cina, che si troverebbe di fronte a una realtà ingestibile che potrebbe causare la rottura di un’alleanza che finora si è opposta efficacemente al blocco euro-americano. Fa bene Biden ad accentuare i toni contro Putin sul piano della risposta militare. Questa accentuazione è soprattutto un invito alla Cina di Xi di mettere mano a un dialogo con Putin al fine di porre rimedio a una situazione sempre più pericolosa per la pace mondiale.
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