La rivolta in Iran nel nome di Mahsa Cronaca di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 22 settembre 2022 Pagina: 20 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «La rivolta in Iran nel nome di Mahsa. I giovani sfidano il regime: 'Più diritti'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/09/2022, a pag.20, con il titolo "La rivolta in Iran nel nome di Mahsa. I giovani sfidano il regime: 'Più diritti'", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Mahsa Amini
Prima Instagram, uno degli ultimi social non ancora bloccati, poi WhatsApp, la rete cellulare, l’intera connessione a internet: nel giro di poche ore, ieri pomeriggio, sull’Iran è calato il buio digitale, come confermano i dati di NetBlocks, mentre centinaia di persone continuavano a riversarsi per le strade gridando “libertà”, “morte al dittatore”. La rabbia per la morte di Mahsa Amini nelle mani della cosiddetta polizia morale è divampata in tutto il Paese, dal Nord al Sud all’Ovest, unendo i giovani delle province colpite dalla crisi economica e gli studenti universitari delle grandi città, le rivolte per il pane e le proteste per i diritti civili e le libertà politiche: le più liberali Teheran, Isfahan, Shiraz ribollono insieme alle città curde come Kermanshah o alle province azere come Urmia, nel Nord-Ovest. «Siate la nostre voce», scrive Mahshid, 21 anni, in una delle poche piattaforme non ancora censurate. Dal 2009, il governo ha costruito una rete Internet nazionale altamente sorvegliata che è sotto il suo controllo e può essere staccata, isolando l’Iran dal mondo digitale esterno. Le proteste sono spontanee, non ci sono leader. In piazza c’è una generazione che era ancora bambina quando nel 2009 due milioni di iraniani legati soprattutto al mondo riformista inondarono le strade di Teheran contro i brogli alle elezioni vinte da Ahmadinejad, l’ultimo grande movimento di opposizione di massa, l’onda verde. «La mia generazione è disillusa», ci racconta Najmeh, che ha 35 anni. «I ragazzi che stanno scendendo in strada in queste ore hanno 20 anni, nessuna aspettativa rispetto ai riformisti, hanno accesso alle informazioni e sanno cosa vogliono: la fine di questo sistema oppressivo». Le immagini di ragazzine senzavelo che sfidano a viso aperto i basij, sorta di corpo di sicurezza informale impiegato per sedare le proteste di strada, fanno il giro della rete insieme ai video delle donne che bruciano gli hijab o si tagliano i capelli in segno di solidarietà e protesta, come vuole la tradizione curda quando le donne sono in lutto. E Mahsa era curda. «Giurare sui capelli di tua madre quando stai dicendo la verità è d’uso in Iran», spiega Najmeh. Amini non era un’attivista politica, è cresciuta in una famiglia religiosa, avrebbe dovuto iniziare l’università questo mese. Dopo il funerale, la famiglia, che ha denunciato un pestaggio da parte della polizia, si è chiusa nel silenzio. «La sua morte ha fatto esplodere la rabbia perché la repressione sulle donne è cresciuta, molte sono state fermate dalla polizia morale, arrestate, aggredite. Le donne sono umiliate e infuriate». La repressione del governo non siè fatta attendere. Diversi testimoni, video e immagini verificate da giornalisti indipendenti, confermano che nelle città curde come Kermanshah la polizia ha sparato sui manifestanti con proiettili veri. Le vittime accertate finora sono 7 (fonte: Hengaw), tre morti sono stati confermati anche dalle autorità. Tra loro c’è un poliziotto. Gli arresti sono più di 400. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha promesso l’apertura di una indagine indipendente per «la tragica morte di Mahsa, che era come le nostre figlie», ha detto in una telefonata ai genitori. Ma sono in pochi ad aver fiducia. È proprio sotto il controllo del governo conservatore che la polizia morale, la Ershad, è tornata in forze nelle strade. Di recente il Ministero per la Promozione dellavirtù e la prevenzione del vizio ha pubblicato un documento di 119 pagine, Progetto hijab e castità , che prescrive nuove norme di controllo, tra cui l’uso di telecamere di sorveglianza per monitorare e multare le donne senza velo. «Siamo al fianco delle coraggiose donne iraniane», ha detto Joe Biden ieri all’Onu. Raisi aveva parlato poco prima, accusando l’Occidente di avere un «doppio standard sui diritti», e chiedendo giustizia per il generale Soleimani, ucciso dagli Usa nel 2020. «L’ex presidente Trump deve essere processato », ha detto mostrando la foto del generale, la stessa che alcuni manifestanti, nelle stesse ore, strappavano a Kerman, la provincia nataledi Soleimani.
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