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La sposa di carta
Nava Semel
Traduzione dall’ebraico di Alessandra ShomroniGallucci
euro 14,50
“Ci avevano insegnato che la Terra d’Israele era la nostra patria, il posto più importante e prezioso al mondo. Ma la cosa strana, e che rendeva tutto complicato, era che lo era anche per gli arabi. E sia per noi che per loro era come se fosse due posti diversi” Sono molti gli scrittori israeliani che hanno trovato nel nostro Paese una seconda patria dove i loro romanzi sono apprezzati e accolti con favore da pubblico e critica. Fra questi merita un posto privilegiato Nava Semel, scomparsa prematuramente, una delle voci più autorevoli della letteratura israeliana contemporanea. Nava amava molto l’Italia che la ricambiava accogliendola con entusiasmo quando arrivava per presentare un nuovo romanzo o tenere conferenze in occasione della Giornata della Memoria. I suoi libri più famosi, “Il cappello di vetro”, “Lezioni di volo”, “E il topo rise”, “Testastorta” (quest’ultimo ambientato in Italia a Borgo San Dalmazzo, negli anni della Seconda Guerra Mondiale) descrivono i sentimenti delle “seconde generazioni”, il dramma dei sopravvissuti e il coraggio dei Giusti che salvarono tanti ebrei dalle persecuzioni naziste.
Siamo nella Palestina degli anni Trenta, all’epoca del Mandato britannico con i fermenti che serpeggiano fra arabi ed ebrei e la difficile convivenza con gli inglesi che mette a dura prova la vita quotidiana costellata da sospetti e diffidenza reciproche. “Ci sono molti modi di raccontare questa storia e il mio non è necessariamente quello giusto. E’ solo un film. Un piccolo film che però è mio, anche se non solo mio”. Uzik la peste, voce narrante di questo folgorante romanzo di formazione, è un bambino di undici anni, orfano dei genitori, che vive con la zia materna e il fratello maggiore, Imri, al quale è stata affidata una missione clandestina: recarsi in Europa per sposare sulla carta quattro ragazze diverse con lo scopo di portare in Terra d’Israele più donne ebree di quanto consentano le autorità britanniche. Uzik è un sognatore che osserva con humour ciò che lo circonda “attraverso uno scudo trasparente, a mo’ di protezione” quasi a difendersi dagli epiteti, non sempre lusinghieri che gli riservano gli abitanti del villaggio.
A Uzik che fa disperare sia il maestro perché non riesce (o non vuole?) imparare a leggere e a scrivere, sia la zia Miriam cui è stato affidato dopo la morte dei genitori, piace fare scherzi soprattutto per divertirsi perché a differenza delle persone che lo circondano, troppo serie, lui “cerca di essere felice” e “…talvolta pensavo che soltanto grazie a uno scherzo potessi dimostrare a me stesso che esistevo”.
Al fianco di Uzik c’è Johnny Weissmuller, un cane cui ha dato il nome dell’attore che interpreta Tarzan, l’uomo scimmia, il film visto con il fratello Imri a Tel Aviv che lo ha talmente affascinato da rievocare ossessivamente ogni scena durante le sue elucubrazioni infantili, incapace di credere che tutto ciò che ha visto sia solo finzione. La piccola “peste” che tutti prendono in giro per i suoi fallimenti scolastici, può contare sull’affetto di Zionka, compagna di classe e amica del cuore che lo aiuta a ritrovare le lettere che “gli sfuggono dalla pagina” e sulla devozione dell’amico arabo Mohammed Daudi, esperto di api che ha insegnato a Uzik i segreti del mestiere. Per Uzik Mohammed è come un fratello e con lui condivide l’odio per gli inglesi e la speranza che “Inshallah, un giorno se ne andranno con la coda tra le gambe”. Un legame solido, fatto di rispetto e condivisione, che rifugge dalla violenza delle frange estremiste e continua a credere, a dispetto di tutto, nella bontà dell’essere umano.
Nelle ultime commoventi pagine ogni tassello della storia troverà la giusta collocazione e scopriremo che Uzik, ormai anziano, ha dedicato questo lungo, emozionante racconto, “il film della sua vita”, al nipote al quale ha trasmesso i valori dell’amicizia, della solidarietà e della pace.
Un altro pregio del libro è la capacità dell’autrice di dar voce ai bambini raccontando con profonda empatia il loro mondo interiore e quel vissuto dietro al quale a volte si celano traumi e ferite. Per questo “Uzik la peste” con la sua saggezza e intraprendenza, con la sua esuberante voglia di vivere si scava un posto nel cuore di ogni lettore per restarci a lungo. “La sposa di carta” è un romanzo esilarante, commovente ma privo di autocommiserazione: è la storia di ognuno di noi alla ricerca di un posto nel mondo. Giorgia Greco |
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