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Stati Uniti, Cina, Russia, attori del confronto globale Analisi di Antonio Donno
Erroneamente si parla oggi, da parte di alcuni osservatori, di “nuova guerra fredda”. Non v’è nulla nel quadro internazionale che possa accostare la situazione attuale a quella che caratterizzò i decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale. Allora vennero a confronto due culture, due ideologie opposte – quella liberale e quella comunista –, oggi, al contrario, nulla di tutto ciò è presente sullo scenario internazionale. La Russia di Putin è in declino – e la guerra in Ucraina lo sta a dimostrare – mentre la Cina punta a rafforzare la propria economia, evitando di venire a conflitto, per ora, con gli Stati Uniti. Alcuni studiosi affermano persino che la guerra di Putin ha visto il ritorno di Washington a rappresentare l’Occidente nel confronto con il totalitarismo russo-cinese.
Questa affermazione è molto parziale, perché gli Stati Uniti, a partire dalle presidenze di Obama, hanno perso molte posizioni che sarà difficile recuperare, a meno che l’Unione Europea non si decida di porsi come fattore politicamente indispensabile nel contesto politico globale, particolarmente nelle questioni dei paesi dell’Europa Orientale ex-comunisti e in quelle ancor più delicate dell’Indo-Pacifico. È questa, ad esempio, la posizione dell’ex-direttore di Chatham House, think tank presente nel Council of the Royal Institute of International Affairs di Londra, Robin Niblett.
Niblett, tuttavia, rappresenta quella parte del mondo politico europeo troppo incline a valutare positivamente il ruolo dell’Unione Europea in conseguenza della sua efficace presenza politica nella guerra in Ucraina e alla sua decisa opposizione ai piani di Putin. Del resto, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non favorisce il punto di vista di Niblett, espresso nel fascicolo di “Foreign Policy” di febbraio e riportato in buona parte nel “Foglio” di lunedì scorso. La questione dell’Ucraina e le problematiche dell’Indo-Pacifico sono due aspetti del quadro politico internazionale per molti versi non comparabili.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è un episodio tutto interno al quadro europeo. Non che non abbia risvolti internazionali, ma è storicamente evidente, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, che la carta politica mondiale è composta da vari scacchieri con problematiche e attori diversi, anche se non sfuggono a nessuno i possibili nessi politico-strategici. La Russia di Putin è bloccata ad occidente da un numero di Paesi che facevano parte dell’Impero sovietico durante gli anni della guerra fredda. Il loro sganciamento dall’ipoteca russa e il loro ingresso nella Nato ha isolato Mosca dal resto dell’Europa, sia sul piano terrestre che marittimo. Di conseguenza, la guerra d’Ucraina voluta da Putin non poteva che sconvolgere, eventualmente, il quadro politico della regione orientale dell’Europa, a differenza di quanto era avvenuto con le annessioni russe nella parte settentrionale del Caucaso rimaste sotto traccia nelle valutazioni generali. Di conseguenza, oggi il quadro della situazione europea vede la Russia in forte deficit politico rispetto al blocco euro-americano.
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