In Russia chiedono le dimissioni di Putin Analisi di Micol Flammini
Testata: Il Foglio Data: 13 settembre 2022 Pagina: 1 Autore: Micol Flammini Titolo: «Infedeli alla linea»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/09/2022, a pag. 1, con il titolo "Infedeli alla linea", il commento di Micol Flammini.
Micol Flammini
Roma. I deputati di diciassette distretti di Mosca e San Pietroburgo hanno firmato una dichiarazione per chiedere le dimissioni di Vladimir Putin. La scorsa settimana erano arrivate altre due richieste simili, che accusavano il presidente russo di arrecare un grande danno alla sicurezza della nazione. Attorno al Cremlino, mentre gli ucraini avanzano verso il confine orientale liberando i territori occupati dall’esercito di Mosca, è venuta giù l’unità che aveva contribuito a rendere forte e martellante in Russia l’idea che l’“operazione speciale” contro l’Ucraina fosse un dovere, anche di facile realizzazione. L’avanzata ucraina ha lasciato la propaganda di Mosca senza una linea ben definita da seguire, non soltanto in politica sorgono le lamentele nei confronti degli errori commessi sul campo di battaglia, ma anche in televisione gli esperti sono divisi e le divisioni lasciano intravedere un paese che si trova davanti a un errore enorme e irrimediabile. Le immagini degli ucraini che entravano nelle città occupate a est, con i soldati di Kyiv che parlavano in ucraino ai cittadini liberati che rispondevano, ringraziando, in russo, hanno mostrato a Mosca quello che avrebbero voluto vedere il 24 febbraio.
La guerra è iniziata su una serie di considerazioni errate, calcoli fatti di fretta e con poca perizia. Una delle certezze di Mosca all’indomani dell’invasione era che proprio in quelle zone che oggi Kyiv sta liberando, i cittadini avrebbero accolto i russi a braccia aperte: quegli abbracci mai ricevuti, li vedono oggi dedicati invece ai soldati ucraini. In un programma televisivo russo chiamato Mesto vstrechi, Luogo d’incontro, il commentatore Alexei Timofeev ha fatto presente nella puntata di domenica che il 24 febbraio era stato detto che i cittadini di Odessa, tradizionalmente non ostili ai russi, avrebbero abbracciato le truppe di Mosca e ha ammesso che ormai è chiaro che a Odessa di abbracciare i russi non ne hanno intenzione. Timofeev ha denunciato il fatto che gli esperti che andavano in televisione a raccontare queste cose, continuano a essere invitati, nonostante gli errori tremendi commessi. Nello stesso programma, un altro politologo, Viktor Olevich, ha mostrato a tutti quello che sarebbe dovuto essere chiaro fin dall’inizio: che se si va dagli ucraini a dire che la loro lingua non esiste, che la loro cultura non ha diritti, negando la loro identità, non ci si può aspettare simpatia e accoglienza. “Dobbiamo andare da loro in modo pragmatico – prosegue Olevich – e spiegare come sarà il loro futuro con la Russia, chi saranno dentro alla Russia, come si sentiranno tra i russi. Se vai a dire a una persona che non esiste, che la sua identità non esiste, avrai come unica conseguenza il rigetto”. Nello stesso salotto televisivo, uomini con la Z appuntata sul bavero e deputati della Duma continuavano a dire che invece bisogna portare l’“operazione speciale” fino in fondo, costi quel che costi. Un dibattito così sfaccettato sui canali della televisione di stato non si era mai visto dall’inizio dell’invasione e anche i più fieri e convinti propagandisti in questi giorni hanno mostrato le loro crepe che derivano dal fatto che il Cremlino ha fatto fatica a diffondere una linea ufficiale. Domenica il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha parlato di negoziati di pace; lunedì, il Cremlino invece li ha esclusi e ha detto che “l’operazione militare speciale continua e continuerà fino al raggiungimento degli obiettivi originariamente prefissati”. Il presidente americano, Joe Biden, ha suggerito di mantenere la calma sulla controffensiva, Mosca sta già alzando i livelli di intensità dei bombardamenti, ha colpito anche una centrale termica nella zona di Kharkiv. Spera che queste difficoltà tolgano la forza agli ucraini, tolgano lo spirito della controffensiva di un esercito che sei mesi fa veniva definito di incapaci e oggi viene presentato dalla propaganda come forte e ben armato. In un aspetto la propaganda è rimasta unita, pur tra le prime crepe: nel definire gli ucraini “il nostro popolo”, un paese fratello, vicino, amico. E la Russia, in questo rapporto fraterno, viene presentata come il fratello tradito.
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