E’ una guerra che si può vincere Analisi di Cecilia Sala
Testata: Il Foglio Data: 13 settembre 2022 Pagina: 1 Autore: Cecilia Sala Titolo: «E’ una guerra che si può vincere»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/09/2022, a pag.1, con il titolo "E’ una guerra che si può vincere", l'analisi di Cecilia Sala.
Cecilia Sala
Volodymyr Zelensky
Balaklya, Kharkiv, dalla nostra inviata. “Sono due notti che non riesco a dormire perché è tornato il silenzio e non ci sono più abituata: è inquietante”. Oggi Balaklya è libera dal rumore delle bombe e Tatyana ha rivisto suo figlio per la prima volta in quasi sette mesi. Non lo aspettava: per il momento hanno accesso alla città solo i militari e i volontari delle organizzazioni umanitarie registrate. Ci sono ancora le mine dei russi piazzate tutto intorno. Il 10 settembre la bandiera ucraina è tornata a sventolare nella piazza centrale sul palazzo del comune, lo stesso giorno l’autorità collaborazionista dell’oblast di Kharkiv ha chiamato l’evacuazione generale e l’annuncio è stato ripreso dalla Tass, l’agenzia di stampa del Cremlino: da quel momento la disfatta russa è diventata impossibile da negare anche a Mosca. Balaklya è il punto debole nelle linee di difesa russe che il generale Oleksandr Syrsky ha scovato e poi utilizzato come varco per lo sfondamento ucraino degli ultimi giorni. Da questa piazza Syrsky (l’idea di questa controffensiva e dell’attacco a sorpresa a Balaklya è sua) ha detto: “Andiamo a liberare Izyum”. E’ arrivato lì due giorni dopo. Vladimir Putin, in cerca di vendetta, ha provato a lasciare l’Ucraina al buio e al freddo lanciando missili sulle infrastrutture elettriche e colpendo soprattutto quelle di Kharkiv. Zelensky gli ha risposto: “Senza gas o senza di voi? Senza di voi. Senza luce o senza di voi? Senza di voi”, e ha già ripristinato la corrente in città. Le associazioni di volontariato cercano di mandare per primi in un villaggio appena riconquistato i volontari che sono nati lì o hanno lì la famiglia. Stamattina Alex è andato in panetteria con una Toyota grigia con una grande bandiera ucraina incastrata nel finestrino e un furgone guidato da amici al seguito, hanno ritirato quasi mille baguette. Appena hanno aperto gli sportelli si è creata una grande fila sotto la pioggia. Finiti i pacchi da distribuire, ha fatto una sorpresa a sua madre ed è andato a bussare alla sua porta, lei lo ha tenuto tra le braccia due minuti e mezzo. Alex, prima che cominciasse la guerra, aveva in programma di sposarsi, lo ha fatto il 10 aprile avendo ormai rinunciato all’idea che i suoi genitori potessero partecipare: “Nessuno, proprio nessuno, si aspettava una controffensiva così”. In questi mesi comunicare con i genitori è stato quasi impossibile, il messaggio con scritto “mamma, mi sposo!” e una foto del bouquet è arrivato con otto giorni di ritardo. Per Tatyana, la madre, il 10 aprile è stato il giorno più spaventoso della guerra: hanno bombardato casa sua e lei, mentre scappava fuori, è inciampata nel corpo della sua vicina. Hanno ricostruito la casa come potevano durante l’ultima fase dell’occupazione, la montagna di macerie è ancora in mezzo alla strada e in giardino ci sono i proiettili d’artiglieria appoggiati in verticale alla gabbia del cane. Veronika è una mamma single, vive nel centro di Kharkiv ma, alla fine di febbraio, ha portato suo figlio di sei anni dalla nonna perché doveva andare in Ungheria per lavoro: lo ha rivisto oggi. Olha, 25 anni, è di Balaklya ma era riuscita a scappare in Polonia: il suo palazzo è intatto e il suo gatto è vivo, anche se affamato e ferito a un orecchio. Adesso anche il capo delle Forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, dice che i metri quadrati di territorio liberati sono più di tremila. Ma le autorità ucraine in questa fase sono molto prudenti e ci sono stime corredate da mappe secondo cui i chilometri quadrati ripresi dal primo settembre sarebbero novemila: la dimensione delle Marche. A Balaklya non c’è stato nessuno spargimento di sangue. Veronika racconta che i soldati ucraini sono arrivati ai confini della città la settimana scorsa, poi è bastato posizionarsi e sparare pochi colpi, uno con un lanciarazzi americano Himars che ha disintegrato la più importante base russa in città uccidendo cinquanta soldati: in quel momento i russi hanno capito che gli ucraini erano più di loro e avevano armi migliori, così è cominciata la fuga. “L’occupazione è durata sei mesi che a me sembrano vent’anni. La normalità è tornata in una notte e ha il suono dei russi che corrono”.
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