Gli errori di Putin e l’astuzia di Xi
Analisi di Antonio Donno
A destra: Xi Jinping
Su “La Lettura” di domenica scorsa è stata pubblicata un’intervista di Viviana Mazza al celebre storico inglese Paul Kennedy, autore di Ascesa e declino delle grandi potenze, libro che ha segnato un momento importante nella storiografia sulle relazioni internazionali. Nella prima parte dell’intervista Kennedy riferisce sui rapporti Cina-Russia, sostenendo che “le leadership di Pechino e Mosca non si piacciono”, ma collaborano. A questa affermazione di Kennedy, tuttavia, occorre aggiungere una motivazione storica che rende più evidente la distanza fra i due regimi totalitari. La Cina di Xi è nata da una rivoluzione recente, quella comunista di Mao Tse-Tung, che ha totalmente rinnegato il suo passato; la Russia di Putin, invece, non rinnega affatto il suo passato sovietico e, per di più, si richiama ambiziosamente al suo passato imperiale.
Questa differenza è sostanziale, anche se poggia le sue fondamenta su sistemi economici diversi, in crescita quello cinese (nonostante qualche importante scricchiolio in alcuni settori), stagnante o in declino quello russo-putiniano. E tuttavia, le ambizioni sono inversamente proporzionali, impellenti quelle di Putin, caute e attendiste quelle di Xi. Perché questa diversità? Kennedy non fa cenno a questo aspetto fondamentale della questione, che è centrale per giudicare errori e successi dei due regimi. L’invasione dell’Ucraina e le precedenti operazioni annessionistiche nel Caucaso da parte di Putin rispondono a due esigenze: in primo luogo, creare divisioni in seno all’Unione Europea a proposito degli Stati ex-comunisti dell’Europa Orientale che intendono sganciarsi dall’ipoteca russa e “occidentalizzarsi”, come nel caso dell’Ucraina; in secondo luogo, approfittare del declino degli Stati Uniti per porsi come potenza di riferimento per quegli Stati europei nei quali vanno emergendo forze politiche contrarie all’Unione Europea e alla “sudditanza” verso Washington, che si protrae dalla fine della seconda guerra mondiale. E tuttavia, la brutale e improvvisa invasione dell’Ucraina sta finendo per complicare i piani di Putin. Se le annessioni di parti del Caucaso non avevano creato, di fatto, alcuna complicazione a livello internazionale e l’Occidente non aveva battuto ciglio, la violenza dell’invasione di uno Stato grande e strategicamente importante come l’Ucraina ha prodotto una reazione dell’Occidente europeo e degli Stati Uniti veramente imponente, mettendo in grave crisi il progetto imperialistico di marca zarista di Putin. Putin voleva evitare che l’Ucraina entrasse nella Nato? L’invasione dell’Ucraina ha finito per essere controproducente rispetto a suoi piani.
Ben diversa è la conduzione dei progetti espansionistici della Cina di Xi. Essi si incentrano sul Pacifico, dove il progetto cinese punta ad annettere Taiwan. Kennedy afferma che “la maggior parte degli esperti in America e in Asia orientale crede che la Cina non abbia l’ambizione di diventare una superpotenza mondiale”. Può darsi, ma è oggi noto che Pechino ha messo in moto la sua diplomazia per mettersi in contatto con i numerosi Paesi insulari che occupano il Pacifico occidentale al fine di stabilire rapporti economici e politici in grado di allontanare la presenza americana da quella sterminata area nella quale Washington esercita la sua egemonia sin dalla fine della seconda guerra mondiale. Non si tratta, quindi, soltanto di Taiwan, ma di un progetto ben più vasto di sostituzione dell’egemonia americana nel Pacifico con la propria. I fatti futuri lo dimostreranno.
Tutto ciò deve avvenire gradualmente, secondo il progetto di Pechino, senza strappi, evitando di creare situazioni politiche di una tale gravità da coinvolgere l’intervento degli Stati Uniti e del resto dell’Occidente. Solo in questo modo le relazioni internazionali non subiranno scossoni, considerando che il tempo – secondo le previsioni e le speranze della Cina – potrebbe portare a un progressivo declino dell’influenza americana a livello globale. A differenza di quello che dicono gli esperti citati da Kennedy, la Cina è già una potenza mondiale e tenderà a sostituire la Russia come alternativa al potere declinante americano.