Testata: Il Foglio Data: 08 settembre 2022 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Quanti bambini, Israele! Ne fa più dei vicini islamici e di tutti i paesi avanzati. Un modello felice, libero e ottimista»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 08/09/2022, a pag. 1, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'Quanti bambini, Israele! Ne fa più dei vicini islamici e di tutti i paesi avanzati. Un modello felice, libero e ottimista'.
Giulio Meotti
Roma. Il compianto presidente israeliano Shimon Peres aveva un sogno: fare di Israele “la Corea del sud del medio oriente”. Una tigre moderna, democratica, high tech, occidentalista. E moderna, democratica, high tech e occidentalista Israele lo è, ma su un aspetto i due paesi non potrebbero essere più diversi: i bambini. La Corea del sud ha appena raggiunto un record mondiale: ha il più basso tasso di natalità mai registrato (0,81). Lo stato ebraico, invece, ha il record di nascite fra i paesi dell’Ocse: 3,01. “Gli ebrei sono come tutti gli altri, solo che sono di più”, è un detto attribuito a Lionel Blue (o forse a Isaiah Berlin). Israele ha tutte le caratteristiche associate al bassissimo tasso di fertilità che si registra ovunque in occidente e che spingono Elon Musk a parlare come della “più grande minaccia alla civiltà”: alti livelli di istruzione tra le donne, alti livelli di urbanizzazione, alti livelli di reddito. Eppure, dagli anni 90 Israele ha iniziato una svolta unica. Il suo tasso di fertilità è iniziato ad aumentare.
Nessun altro paese dell’Ocse, nessun altro paese con un’economia completamente sviluppata, ha un tasso superiore a 2,0. All’inizio degli anni 80, anche la donna iraniana aveva più del doppio dei figli dell’israeliana media; oggi è il contrario. La demografia è destino per tutti, ma per gli ebrei ancora di più. “Il tasso di natalità degli arabi israeliani è diminuito mentre quello degli ebrei israeliani è aumentato”, racconta l’Economist. A livello globale i musulmani hanno il più alto tasso di fertilità di qualsiasi gruppo religioso, secondo il Pew Research Center. Eppure anche questo tasso è diminuito, da 4,3 nel 1995 a 2,9 nel 2015. Ciò rende ancora più sorprendente l’aumento del tasso di natalità degli israeliani. Gli ebrei ortodossi hanno un tasso di fertilità di 6,6. Ma la natalità israeliana è unica per un altro aspetto: i laici israeliani fanno più figli di qualunque altro laico in occidente. Il congedo per i genitori israeliani non è generoso. Né l’assistenza all’infanzia è più abbondante che in altri paesi occidentali. “Alcuni sostengono che gli ebrei israeliani facciano più bambini perché prevedono un futuro più roseo: Israele è tra i primi dieci paesi al mondo nella classifica dell’Onu dei paesi più felici”, scrive l’Economist. “Un altro motivo potrebbe essere che lo stato incoraggia la procreazione di bambini”. Ma c’è un altro aspetto ancora: “In Israele la struttura familiare tradizionale è ancora forte. In Francia e Gran Bretagna più della metà dei bambini nasce fuori dal matrimonio. In Israele il dato è sotto il dieci per cento”. A differenza di venti anni fa, quando gli ebrei laici nell’area di Tel Aviv potevano avere uno o al massimo due bambini, oggi il loro numero è tre o quattro. In una generazione, Israele sarà più popolato della Svezia o dell’Olanda e in grado di mettere in campo un esercito più grande della Bundeswehr tedesca.
Michel Houellebecq ha di recente pubblicato un articolo sulla demografia, in cui ha visto i sintomi della crisi. Ha parlato di un “suicidio della modernità”. Ma Israele sconfessa la prognosi di Houellebecq. Nel Medioevo, i re di Polonia incoraggiarono gli ebrei a stabilirsi sul loro territorio in modo da contribuire alla prosperità economica e alle entrate della corona. Si può sperare che la storia si ripeta in chiave demografica. All’occidente serve un po’ di spirito israeliano.
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