Il Corano al posto di Kant Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 06 settembre 2022 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «'Quando porto Kant in classe, i miei studenti tirano fuori il Corano'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/09/2022, a pag. 2, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'Quando porto Kant in classe, i miei studenti tirano fuori il Corano'.
Giulio Meotti
Roma. Una lite tra studenti sui dolcetti Haribo che contengono gelatina di maiale e che quindi sono “haram”, una ragazza che si rifiuta di togliersi i guanti durante una lezione di chimica, studenti che si presentano completamente velati durante le uscite scolastiche. Laurent Valogne, insegnante francese che scrive sotto pseudonimo “per non fare la fine di Samuel Paty”, racconta in un libro i guasti francesi. “Nelle mie prime classi, ad esempio, tutti gli studenti sono di origine immigrata”. Quelli più vulnerabili non esitano molto prima di convertirsi all’islam. “I Fratelli musulmani fanno proselitismo, alcuni comuni sono compiacenti”, scrive Valogne. Di conseguenza, “la conversione all’islam è facile, veloce”. Proliferano abiti che “non esistevano quindici anni fa”, come l’abaya. “Sempre più ragazze indossano i guanti, in stile saudita, quando lasciano l’istituto”, aggiunge il professore. Il suo libro si intitola “Ces petits renoncements qui tuent” ed esce questa settimana da Plon. “Sono piccoli segnali che, sommati tra loro, rivelano un clima preoccupante. Dopo aver letto un testo del pensatore Condorcet, dei ragazzi hanno detto: ‘L’educazione non è per le ragazze!’. E’ questa studentessa che, dopo aver visto un servizio sui matrimoni forzati in India, spiega che ‘le donne sono sulla Terra per obbedire agli uomini’, e la classe non sussulta”. “Non è andata così” è una frase che ricorre molto spesso nelle sue classi. “Qualche anno fa ho terminato una lezione sull’Illuminismo con un brano (il più semplice) di Immanuel Kant che dice che l’Illuminismo significa diventare un soggetto autonomo. Evoca la libertà dai pregiudizi, in particolare riferendosi all’idea che è la Terra a girare attorno al Sole, non viceversa. E’ il passaggio dal geocentrismo all’eliocentrismo nel Rinascimento, con Galileo e Copernico”. Uno studente lo interrompe: “Questo, signore, non è provato!”. “Sì, Kenza, è dimostrato, come se due più due fa quattro, non posso farci niente”. La settimana successiva torna con il Corano, in cui un passo – magnifico, tra l’altro – racconta che la Terra, che è al centro di tutto, è in competizione con il Sole. Il professore ha scritto il libro con la giornalista Carine Azzopardi, che al Bataclan ha perso il compagno. “Dopo aver partecipato in qualità di parte civile al processo degli attentati del 13 novembre, ho riflettuto molto”, racconta Azzopardi. Fadila Maaroufi, dell’Osservatorio di Bruxelles sui fondamentalismi, che ha svolto un’immersione di quattro anni nei Fratelli musulmani, l’ha convinta a fare qualcosa.
“Mi ha spiegato che Bruxelles è dieci anni avanti rispetto alla Francia e che potrebbe esserci ancora tempo per fare qualcosa qui. Così ho accettato e ho deciso di pubblicare con il mio vero nome”. Era già uscito “Comment on a laissé l’islamisme pénétrer l’école”, il libro di Jean-Pierre Obin sull’ascesa dell’islamismo nelle scuole francesi. Nel 2004, Obin, un ex ispettore generale dell’istruzione francese, è stato il coordinatore di un rapporto sulle manifestazioni di affiliazione religiosa nelle scuole. E quello non era il primo report di un esperto dell’istruzione francese. Bernard Ravet è stato per 15 anni preside di tre delle scuole più problematiche di Marsiglia. Nel suo libro, “Principal de collège ou imam de la République?”,Ravet scrive: “Da più di dieci anni il fanatismo bussa alla porta degli istituti (…) Ha cercato di invadere il territorio fisico della Repubblica, centimetro per centimetro, imponendone i segni e gli standard”. Il libro di Azzopardi colpisce su questo punto: “Mostra che questa ascesa dell’islamismo non è una realtà solo in quartieri molto difficili”. L’autocensura intanto regna. “Non appena si parla di ‘islamismo’, ci viene appiccicata un’etichetta sulla fronte: ‘razzista’, ‘fascista’”, scrive Azzopardi. Il libro di Jérôme Fourquet, “L’Archipel français”, descrive la Francia come un insieme di sette isole che non comunicano più. Laurent è in due bolle contemporaneamente ed è anche un vantaggio: è nella nostra bolla, quella dei giornalisti e delle città “bene”, ma è anche in questi quartieri situati oltre la tangenziale. Laurent dice che, dopo Samuel Paty, c’è stata una negazione del problema. “Se leggiamo la stragrande maggioranza dei comunicati stampa sindacali dopo questa tragedia, non possiamo che stupirci. Poche righe con un’osservazione rassicurante e molto generale sull’’intolleranza’ o sul ‘fanatismo’, poi la messa in guardia contro il razzismo e l’ascesa dell’estrema destra. Questa curiosa inversione della realtà è, a mio avviso, indicativa di un vero problema all’interno di una certa sinistra, riluttante a nominare ciò con cui ci troviamo di fronte, e per molteplici ragioni”. Metà degli insegnanti francesi intanto si autocensura. Come? “Passare velocemente su un punto del programma, aggirare certe domande, eludere”. La strategia del silenzio per “vivere insieme”.
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