In fila per l’addio a Gorbaciov: 'Lui sì che cambiò la nostra Storia' Cronaca di Rosalba Castelletti
Testata: La Repubblica Data: 04 settembre 2022 Pagina: 15 Autore: Rosalba Castelletti Titolo: «In fila per l’addio a Gorbaciov: 'Lui sì che cambiò la nostra Storia'»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 04/09/2022, a pag.15, la cronaca di Rosalba Castelletti dal titolo "In fila per l’addio a Gorbaciov: 'Lui sì che cambiò la nostra Storia' ".
Rosalba Castelletti
Mikhail Gorbaciov
Ci siamo messi in fila anche noi, con i familiari e gli amici, con la babushka col fazzoletto in testa e il ragazzino con un garofano rosso in mano, e abbiamo gettato anche noi la nostra manciata di terra umida sulla bara di legno chiaro inghiottita dall’oscurità della fossa scavata di fresco. Mikhail Gorbaciov non avrebbe voluto riposare in nessun altro posto che qui. Nel cimitero del monastero di Novodevichij, accanto alla moglie Rajssa, la «donna che amava più del potere» e che piangeva da 23 anni. Quando l’hanno calato nella nicchia sulle note della Ballata del soldatodi Vasilij Soloviov-Sedoj, il pomeriggio si è rannuvolato di colpo e per appena qualche minuto è scesa una pioggerellina sottile, come se neppure il cielo riuscisse a trattenere le lacrime. Quello di Gorbaciov non è stato soltanto il funerale di un uomo che voleva cambiare il suo Paese e ha finito col cambiare il mondo, che era a capo di un Impero e ci ha rinunciato. È stato il funerale di una Russia che già da troppo tempo si sente orfana della libertà e della speranza, ma che almeno per un giorno si è data appuntamento in silenzio. Per l’addio all’ultimo leader sovietico non ci sono stati onori di Stato, né lutto nazionale. E non ci sono state parole. Soltanto una processione di russi composti con i fiori in mano. Si sono messi in fila sin dal mattino al lato del teatro Bolshoj. Dapprima poche centinaia, poi qualche migliaio. Non una folla oceanica, ma una moltitudine che a Mosca non si vedeva da tempo. Evgenija Ganijeva, 40 anni, avrebbe voluto che ce ne fosse ancora di più. «Ma è confortante stare per un giorno in mezzo a brava gente senza rischiare il carcere». Elena Ponomariova, 54 anni, indossa i colori della bandiera ucraina gialloblu: «Viviamo in tempi nuvolosi, ma siamo qui per salutare il nostro sole politico del XX secolo». Sono quelli che Vladimir Putin chiama “traditori”. Per omaggiare il Nobel per la pace che scongiurò una guerra nucleare, sfilano sotto un telone che ricopre una facciata dov’è scritto a caratteri cubitali Zadachu Vypolnim ,“Completeremo la nostra missione”,con la Z e la V simbolo dell’offensiva in Ucraina. Superano le transenne e i metal detector che li separano dalle spoglie dell’uomo che in vita abbatté il muro di Berlino e la cortina di ferro, le barriere fisiche e virtuali. Tra gli stucchi verde pastello della Casa dei Sindacati, li accoglie un ritratto di Gorbaciov in piedi e sorridente, a ricordare l’allegro vigore che lo distinse da predecessori grigi e malati. Infine, salito lo scalone monumentale tra specchi coperti da un velo nero d’organza, entrano nella Sala delle Colonne rischiarata dal fioco bagliore di 54 lampadari dove giace l’ultimo gigante del XX secolo affiancato da una guardia d’onore. Un drapponero sul catafalco, rose rosse ai piedi della bara e un fiotto di luce bianca che fa di cera il volto largo e disteso. È l’unica cosa che sporga da un lenzuolo di raso bianco damascato. L’ultima immagine che resta dell’uomo che barattò la potenza con le libertà. Da un lato un ritratto e le onorificenze, dall’altro la figlia Irina e le nipoti sedute tra gli amici più cari. Come Muratov, il direttore di Novaja Gazeta . La gente depone fiori e si inchina in silenzio. In fila c’è anche Serghej Buntman, cofondatore diEco di Mosca , la “radio della perestrojka” costretta a interrompere le trasmissioni lo scorso marzo: «Gorbaciov hacambiato le nostre vite. Eravamo soffocati. Ci ha dato il respiro. Spero che quei tempi ritornino». E Jan Racinskij, capo dell’ong Memorial chiusa dopo trent’anni: «Tutto questo lo rattristava, ne sono sicuro. Ma la sua eredità è impossibile da cancellare». Andrej Zubov, copresidente del partito Parnas è contento di sfilare con giovani che negli Anni ’90 non erano nati, ma rammaricato perché «nel ’53 per un dittatore come Stalin c’erano milioni di persone, per l’uomo che ci diede la libertà ce ne sono migliaia ». Su una sedia a rotelle arriva anche Suzanne Massie, la storica Usa che preparò Ronald Reagan ai suoi incontri con Gorbaciov: «Ricordo ancora quella volta che Mikhail Sergeevic intonò alla Casa BiancaMezzanotte a Mosca ». La sala è la stessa che ospitò i balli della nobiltà sotto gli Zar e i Congressi del Partito sotto l’Urss. E dove giacquero tutti gli altri segretari generali dell’Unione Sovietica per le esequie solenni. Per tutti i suoi predecessori, tranne per il defenestrato Krusciov, ci furono funerali di Stato e lutto nazionale. Non per Gorbaciov. Putin ha voluto svilire così il leader che, cambiando l’Urss, ne accelerò la caduta e distanziarsi da quell’eredità: negando gli onori e la sua presenza. Trattenuto dai troppi “impegni”. Soltanto l’ex premier e presidente Dmitrij Medvedev porta i suoi omaggi. E di tutti i leader stranieri l’ungherese Viktor Orbán. Chiusa la camera ardente, salutata da applausi e qualche Spasibo , la bara viene caricata sul carro funebre. Ad attenderla tra i viali cosparsi di rami d’abete del cimitero di Novodevichij, c’è un’altra folla commossa. L’aria si riempie d’incenso e del tintinnio del turibolo mentre il sacerdote recita il servizio funebre sotto un tendone nero allestito, ultima nemesi, proprio davanti alla tomba di Eltsin, Poi la bara viene accompagnata da guardie a passo d’oca e calata nella fossa al suono dei tre spari di commiato e dell’inno russo. La gente si rimette in fila. Fa scivolare la terra nella buca. Il posto che Gorbaciov ha scelto per il riposo. E che dice tuttodi lui.
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