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La Repubblica Rassegna Stampa
31.08.2022 Terrore sul fronte di Kherson
Cronaca di Brunella Giovara

Testata: La Repubblica
Data: 31 agosto 2022
Pagina: 15
Autore: Brunella Giovara
Titolo: «'Mamma, qui è un inferno'. Nelle voci dei soldati russi il terrore sul fronte Sud»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 31/08/2022, a pag.15, con il titolo " 'Mamma, qui è un inferno'. Nelle voci dei soldati russi il terrore sul fronte Sud", l'analisi di Brunella Giovara.

US determines Russia committed war crimes in Ukraine: Blinken | Russia- Ukraine war News | Al Jazeera

Uno dice: «I comandanti non sono qui con noi». E dove sono, domanda l’amico. «A distanza di sicurezza», e ride, ma c’è poco da ridere sul fronte di Kherson, se le cose vanno davvero così. Ci sono alcune intercettazioni recenti, telefonate tra soldati russi, e tra soldati e la Russia, diffuse dal servizio segreto ucraino Sbu. Tipo: «Misha Tiplinski ci dà ordini assurdi, il comandante di prima era molto meglio. Per colpa sua gli ucraini ci hanno bastonato, e adesso abbiamo paura a uscire». E «tutti i miei compagni li hanno buttati lì come carne da macello, non li contiamo neanche più. Duecento, trecento… ». Sono racconti di scoramento, basso morale, solitudine. È possibile che siano stati scelti i peggiori, ma è vero che le truppe russe schierate a Sud aspettano la controffensiva ucraina da un mese, e adesso hanno paura di restare tagliati fuori, come forse sta succedendo. «Ma stiamo avanzando?», fa uno. L’altro risponde no, «questi ti lasciano passare e poi ti attaccano sui lati. Vieni a vedere, invece di startene sotto terra al riparo». Si chiama sindrome da accerchiamento. A colpi di Himars, gli ucraini hanno definitivamente interrotto il ponte Antonovsky, unico collegamento con l’altra sponda del Dniepr. Hanno fatto in tempo a scappare le famiglie degli ufficiali. I mariti hanno convinto le mogli ad abbandonare gli appartamenti requisiti, nei bei palazzi affacciati sul fiume. È successo anche a Mariupol e in Crimea: in primavera i trasferimenti, le zone occupate erano Russia, ormai. È durata un’estate, oggi Kherson è pericolosa, la riconquista ucraina sembra a un passo, e la carovana delle famiglie russe in fuga, un segnale. «Mamma, qui è un vero inferno, sto pensando a come venir via». E lei: «Usa la ricetta di tuo nonno “afghano” », intendendo il padre, già combattente in Afghanistan. «Vai dal medico, digli che hai sempre mal di testa, senti pressione sulle orecchie, senti le voci. Fai vedere che sei scemo…». Un altro: «Un mio compagno dice che bisogna buttarsi giù dal tank. “Fai come il luccionell’acqua, ma attento al collo... Ti romperai un braccio o una gamba, e non fa tanto male”». Ma poi, come attraversare il fiume? Gli ucraini hanno bombardato il pontone che i russi avevano agganciato ai piloni. Ogni giorno, nuovi colpi. Resta la chiatta, spinta avanti e indietro da due mezzi anfibi. Ci stanno sopra una decina di auto, o due camion militari carichi di armi, cibo, munizioni, gasolio. Né sono possibili rifornimenti dal cielo, come dice un soldato «alcuni piloti non vogliono più volare, sono stati abbattuti in troppi…». Dunque? A Kherson sono iniziati i saccheggi, facile pensare che sia anche per fame. A Bucha, per abitudine e per necessità i buriazi avevano mangiato i cani, i padroni avevano trovato i resti ancora infilzati sugli spiedi. Una settimana prima della ritirata russa, i soldati si erano accaniti sullescorte dei civili, e in caso di rifiuto avevano ucciso. Due casi di cui si hanno notizie nella regione di Kherson, adesso: Valentyn Pavlenk e la moglie Larisa, l’11 agosto. Serhiy Lanevich e la mogl ie Svitlana, a Vysokopil, il 23 agosto. Dal poco che si sa, non ci sono state le ruberie viste in passato intorno a Kiev, le spedizioni di vestiti, elettrodomestici, computer. Stavolta sarebbe difficile, e torniamo alle possibili via di fuga. A parte la chiatta, il Dnepr è attraversabile 50 chilometri a Nord, sulla diga della centrale idroelettrica di Nova Kakhovka. Anche questa colpita almeno in due occasioni, e in modo preciso, solo i danni necessari a impedire il passaggio dei mezzi. Così, circa 25mila soldati russi soffrono di inquietudine, pensando che su questo largo fiume il ponte successivo è addirittura a Zaporizhzhia. E gli ufficiali, non stanno meglio della truppa. Uno dice «sono andato in prima linea e mi è venuta la depressione. I nostri ragazzi sembrano tutti vecchi, dall’ultima volta che li ho visti. Stanno lì, senza lavarsi, con la barba lunga. Sono come i conigli nella tana, e non vogliono uscire. D’altra parte, li bombardano tutti i giorni. È una cosa tremenda, stare 24 ore al giorno sotto le bombe, e secondo me cominciano ad avere dei problemi psichici». Lui, se ne andrebbe subito. La gente è cattiva, «se una babuska ti regala un dolcetto, non devi fidarti». Poi ci sono le lapidi. Nei checkpoint, rivolte verso il nemico. Lapidi nere con la faccia di Putin, 1952-2022, più un “vaffa” inciso nel marmo, e “non dimentichiamo, non perdoniamo”. I russi non le hanno viste dal vero, ma le foto girano, girano.

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